#Jazz Juliette Gréco e altre storie d’amore in musica a Parigi

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La cerimonia degli addii, per usare le parole di Simone de Beauvoir… A 93 anni Juliette Gréco (7 febbraio 1927 – 23 settembre 2020), icona del mondo di ieri così vicino e così lontano, qualche settimana fa ha lasciato questa terra. E con lei se ne è andato anche l’ultimo frammento del Novecento, il “secolo breve” come lo aveva battezzato lo storico Eric Hobsbawm. Più che una cantante – e che cantante! – era la musa della Parigi che amiamo. Creatura libera ed enigmatica, lunghi capelli scuri e sguardo di fuoco, movenze da incantatrice e voce profonda: questa era madame Gréco. Regina di caves, caffè e bistrot sparsi tra Saint-Germain-des-Prés e Montparnasse (più che semplici luoghi di ritrovo una sorta di università della vita), quella signora in nero era la sacerdotessa di un culto esoterico, quello dell’esistenzialismo. Intorno a lei giravano filosofi e poeti: Camus e Sartre, Merleau-Ponty, Prévert e Vian. E non a caso grandi chansonnier quali Brassens e Brel, Gainsbourg e Ferré, Trenet e Aznavour le hanno regalato i loro testi. Ripercorrere la carriera della Gréco – dal brano-manifesto Je suis comme je suis fino ai pezzi che, in tempi recenti, hanno scritto per lei cantautori di nuova generazione, tra cui Miossec e Benjamin Biolay – è un esercizio di equilibrio tra bellezza, nostalgia e culto della memoria.

Ma se oggi la diva che ha reso immortale un brano come Les feuilles mortes riposa nel cimitero di Montparnasse accanto al suo ultimo marito, il pianista Gérard Jouannest, la sua eredità non è affatto morta. Anche nel mondo del jazz. Oltre all’attore Michel Piccoli (cui fu unita in matrimonio tra il 1966 e il 1977), la Gréco amò giovanissima un altrettanto giovanissimo Miles Davis, quando il trombettista passò da Parigi nel 1949 per esibirsi al cabaret Le Bœuf sur le toit.

E in proposito, a cavallo tra chanson e musica improvvisata, è un piccolo grande disco firmato dalla vocalist Laurianne Langevin e dal pianista Cyrille Doublet. Paris-Piaf  (non ha distribuzione, per ordinarlo paris-piaf.com) è un gioiello per sensibilità, misura e delicatezza. Come ha scritto Paolo Fresu, è un lavoro «intimo e delicato, musicale e intenso come la vita della chanteuse francese, il delicato tocco di Cyrille Doublet e l’emozionante voce di Laurianne Langevin». I due artisti transalpini, che vivono in Italia, hanno spiegato: «Édith Piaf è così importante nel paesaggio sonoro parigino da diventare all’atto pratico invisibile; è quindi la distanza che ci separa da Parigi ad averci paradossalmente dato l’opportunità di incontrarla davvero». E così tanti capolavori, da Milord a La bicyclette, rivivono nel loro cd.

Anche l’etichetta Ecm dedica meritoriamente due album alla scena francese. In Looking at Sounds(distribuzione Ducale) il contrabbassista franco-algerino Michel Benita, big del jazz made in Paris, allinea un quartetto con il connazionale Philippe Garcia alla batteria, lo svizzero Matthieu Michel al flicorno (magnifico suono, stile Kenny Wheeler) e il belga Jozef Dumoulin, specialista del piano elettrico. Un progetto di rarefatta suggestione, dove i timbri e il gusto per la melodia sono gli ingredienti-chiave, mentre il dialogo tra i vari “attori” conta più degli assoli. In repertorio anche la magica ripresa di Inútil Paisagem di Jobim.

All’insegna di uno stiloso camerismo è La traversée, primo progetto da leader per Ecm del sassofonista di origine occitana Matthieu Bordenave. Insieme al bassista elvetico Patrice Moret e al pianista tedesco Florian Weber, il disco si muove tra estetica contemporanea e jazz. Con il pensiero agli esperimenti innovati del trio Jimmy Giuffre, Paul Bley e Steve Swallow. Musica da meditazione, di alta qualità.

 

Ivo Franchi 

 

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