#Jazz Da Monk a Charles Lloyd il trionfo dei concerti virtuali

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Ascoltare la musica dal vivo è sempre un’emozione speciale. Ma se c’è un genere che viene esaltato nella dimensione live è senza dubbio il jazz, basato sull’improvvisazione e sul dialogo in diretta tra gli artisti. Purtroppo l’estate che stiamo vivendo – funestata dal Coronavirus – non offre eventi e festival all’altezza degli anni passati, anche perché quasi tutti i tour dei big della scena internazionale sono stati bloccati e spostati alla prossima stagione. Consoliamoci allora con una serie di album dal vivo pubblicati negli ultimi tempi, un succedaneo niente male.

Non fosse che per motivi anagrafici cominciamo con 8: Kindred Spirits, Live From the Lobero di Charles Lloyd (Blue Note, distribuito dalla Universal). Il doppio cd fotografa la magistrale performance del sassofonista tenore – ma anche contraltista, flautista e specialista di altri strumenti ad ancia come il tarogato– in occasione del suo ottantesimo compleanno, il 15 marzo del 2018. Insieme a lui un gruppo di all stars, dove spiccano il chitarrista Julian Lage e il pianista Gerald Clayton. Più un ospite di lusso come Booker T. Jones, organista e mito della black music, autore tra l’altro del brano-tormentone Green Onions. Il jazzista del Tennessee è tra i pochi, veri maestri ancora in circolazione. Ed è anche il testimone di un’età dell’oro: la seconda metà degli anni Sessanta, un periodo in cui nel jazz – e non solo – accadeva di tutto e di più. All’epoca il quartetto di Lloyd, che comprendeva un imberbe ma già strepitoso Keith Jarrett, era popolarissimo soprattutto tra i giovani, fan del rock compresi. Ed era di casa nel leggendario Fillmore di San Francisco, locale-simbolo della scena psichedelica e della cultura Flower Power.
«In certe serate una benedizione cala su di me e gli dei mi fanno visita»,
ha commentato Lloyd a margine della esibizione che si ascolta in 8: Kindred Spirits, Live From the Lobero . Tutto vero: ascoltare per credere.

Stessa etichetta ma con un vistoso salto indietro nel tempo per Just Coolin’, registrazione inedita che immortala il concerto dell’8 marzo 1959 di Art Blakey e dei suoi Jazz Messengers in una delle front line più spumeggianti: Lee Morgan alla tromba, Hank Mobley al sax tenore, Bobby Timmons al pianoforte e Jymie Merritt al basso, oltre al leader e master drummer. Jazz ad altissima temperatura, hard bop per eccellenza.

Un’altra leggenda della musica improvvisata, che incrociò spesso l’amico Blakey, è Thelonious Monk. E dagli archivi Impulse – l’etichetta di John Coltrane – arriva Palo Alto, concerto datato 27 ottobre 1968 del più enigmatico pianista di tutti i tempi. Il “Monaco” è affiancato dai suoi adepti Charlie Rouse (sax tenore),  Larry Gales (contrabbasso) e Ben Riley (batteria). E il risultato sono quarantasette minuti di musica da manuale, un distillato di note blu capaci di sprigionare bellezza e magia. Di questi tempi ne abbiamo proprio bisogno

Chiudiamo la nostra carrellata nei concerti virtuali con un doppio disco dell’E.S.T., ossia l’Esbjörn Svensson Trio. Il pianista svedese fondò la sua prima band nel 1990 con l’amico d’infanzia, il batterista Magnus Öström, e a loro si unì il contrabbassista Dan Berglund. Purtroppo il destino ci ha portato via Svensson, scomparso a soli 44 anni nel 2008 per un incidente subacqueo. Ma l’eredità del terzetto è ancora viva e intensa, come dimostrano gli undici brani di questo doppio inedito dal titolo Live at Gotheburg (Act, distribuito da Egea), che risale al 2001. Era un jazz senza confini, quello del terzetto. Con digressioni ritmiche rock, gusto per le belle melodie ai confini con il pop e passaggi che evocano il Jarrett degli anni Settanta. Musica per spiriti liberi.

Ivo Franchi

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