Il pianoforte è il loro… forte! Stiamo parlando di Yaron Herman (nella foto) e Bill Laurance, virtuosi emergenti della tastiera acustica. L’occasione è la sia pur cauta riapertura delle sale da concerto e dei festival,ora condizionata anche dagli orari del “coprifuoco” milanese. Una buona occasione per ascoltare i due. Il primo – uno stile in equilibrio tra quello di uno strumentista accademico, di un giovane che adora Keith Jarrett e di un discepolo 2.0 di Lennie Tristano – approda alla Triennale di Milano il 1° novembre nell’ambito di JazzMi, per poi fare rotta verso la Francia (a Limoges il 27 novembre). Originario di Tel Aviv, una carriera da nazionale di basket spezzata da un infortunio, oggi è considerato un personaggio chiave della nouvelle vague jazzistica israeliana, anche se oramai vive a Parigi. Per avere un’idea del suo talento procuratevi Songs Of The Degrees (Blue Note), eccellente disco in trio con il bassista Sam Minaie e il batterista – e suo complice storico – Ziv Ravitz. Invece il collega britannico Bill Laurance sarà sempre a JazzMi il 27 ottobre e quindi a Pisa il 31 in coppia con l’amico americano Michael League. Dopo la collaborazione di lungo corso nel gruppo Snarky Puppy, stanno sperimentato la loro musica come duo. E, quando sono sul palcoscenico, la sensazione è che a suonare sia un ensemble ben più numeroso. Live At The Philharmonie Cologne (Jazzline, distribuzione Ird) è il disco più recente del musicista inglese, coadiuvato dalla teutonica Wdr, eclettica big band che per l’occasione è diretta da Bob Mintzer.
Restiamo in tema. Molti altri – e altrettanto notevoli – sono gli album di pianoforte improvvisato pubblicati in questi giorni. Primo tra tutti l’intenso Suite: April 2020 (Nonesuch, distribuito da Warner) di Brad Mehldau. È un disco, quello del musicista statunitense, molto attuale perché legato alla pandemia di coronavirus. Non a caso, i ricavi dalla vendita delle mille copie numerate e autografate dall’artista della versione Deluxe lp saranno devoluti alla Jazz Foundation of America’s Covid-19 Musicians’ Emergency Fund. Durante il confinamento, passato insieme alla sua famiglia in Olanda, Mehldau ha scritto una dozzina di nuovi brani riflettendo sull’esperienza che stava vivendo e li ha poi registrati in uno studio di Amsterdam. Il risultato è davvero toccante. Alla suite originaria sono stati aggiunti tre pezzi, tra cui due cover rock: New York State of Mind, hit di Billy Joel, e Don’t Let It Bring You Down, capolavoro di Neil Young, dal titolo quanto mai significativo soprattutto oggi.
Brad è anche nel cast di I Still Play, un cd che raccoglie undici nuove composizioni per piano solo scritte da artisti che collaborano con Nonesuch Records, da Philip Glass a Pat Metheny, da Randy Newman a Steve Reich. Temi tutti dedicati a Bob Hurwitz, storico presidente dell’etichetta Usa, in occasione della nomina a presidente emerito nel 2017 dopo esserne stato la guida operativa per trentadue anni.
Chiudiamo il nostro excursus con un artista di casa nostra, Dino Rubino. In Time of Silence (Tŭk Music, distribuito dalla Ducale) il pianista siciliano – ma anche specialista di tromba e di flicorno, oltre che collaboratore e amico di Paolo Fresu – firma il settimo progetto a proprio nome, questa volta alla testa di un quartetto dove spicca il sax tenore di Emanuele Cisi. Un album dall’ispirazione melodica davvero felice, un concentrato di ballad dolcissime e valzer lenti, tra echi di bossa nova e passaggi meditativi di lieve malinconia. Senza alcun dubbio uno dei dischi italiani più riusciti dell’anno.
Ivo Franchi