L’ultima opera di Adriano Guarnieri s’intitola Infinita tenebra di luce. Commissionata dal Maggio Musicale Fiorentino, è stata rappresentata al Teatro Goldoni. L’ispirazione? Una poesia di Rilke

A Firenze l’intensità del lirismo di Infinita tenebra di luce di Adriano Guarnieri ha conquistato il pubblico del Teatro Goldoni. Questo lavoro, commissionato dal Maggio Musicale Fiorentino (che torna alle sue migliori tradizioni di apertura alle novità), si può idealmente collegare a Fammi udire la tua voce, ammirato nel settembre scorso allo Sperimentale di Spoleto.
Entrambe sono opere da camera, con quattro voci e un piccolo gruppo strumentale; “azioni liriche” basate su testi poetici e legate a una dimensione di teatro immaginario, onirico, «tutto di situazioni interiori» (Guarnieri). Una scrittura che, senza perdere l’originalità del rapporto con la materia sonora che appartiene alla poetica del compositore, muove alla ricerca di una maggiore trasparenza, a Firenze ancora più evidente che a Spoleto.
L’ispirazione: una poesia di Rilke
L’ossimoro “infinita tenebra di luce” è di Rilke (unendliches Dunkel aus Licht); viene da una delle Poesie alla notte che, scritte nel 1913-14, si intrecciano con le prime Elegie duinesi. Rilke le raccolse in un quaderno del 1916 per l’amico scrittore Rudolf Kassner e le pubblicò poi isolate.
Nella pubblicazione italiana di questa raccolta, a cura di Mario Specchio, il compositore ha trovato un Rilke che nessuno aveva mai messo in musica. Ne ha scelto brevi frammenti seguendo l’intrecciarsi dei temi poetici dell’amata, della notte (momento privilegiato per aprire spazi indicibili di conoscenza e di luce nell’oscurità) e dell’angelo (presente nelle Elegie duinesi).
Da un ossimoro, un teatro dell’immaginario
Per definire l’ampio respiro lirico di questo Guarnieri si può parlare di «tormentata oscillazione tra pulsione erotica e sublimazione cosmica»; proprio come aveva fatto Mario Specchio a proposito di Rilke. Diciotto sezioni come un flusso continuo alternano gli interventi dei solisti e del gruppo strumentale, i momenti di addensamento e rarefazione, le accensioni incandescenti e le sospese contemplazioni.
Regia e interpreti
I soprani Livia Rado e Clara Polito, il tenore Gregory Bonfatti, il baritono Salvatore Grigoli la voce recitante Fulvio Cauteruccio e i musicisti del ContempoArtEnsemble (cui si è aggiunto verso la fine il bravissimo Fabbriciani all’ottavino) hanno tutti offerto una bella prova; li ha guidati con la consueta sicura sensibilità Pietro Borgonovo.
La concezione di regia, scene e luci era di Giancarlo Cauteruccio. Ha consentito ai cantanti di sedere leggendo la musica; ha lavorato essenzialmente su proiezioni di poetica suggestione, prevalentemente astratta come era auspicabile.
Paolo Petazzi