Di seguito la testimonianza di Mauro Borgioni rispetto al ruolo di Orfeo che ha recentemente affrontato in una nuova produzione al Teatro Regio di Torino.
Quando Monteverdi componeva L’Orfeo, all’inizio del Seicento, nasceva la modernità: ogni aspetto della cultura europea, dalle arti alle scienze, alla politica, era investito dal cambiamento. Le categorie classiche venivano messe in discussione per lasciare il posto alla dinamicità.
Monteverdi interpretava il cambiamento rivoluzionando lo stile compositivo sia della monodia che della polifonia.
Il primo aspetto è la centralità del testo: la musica viene costruita in funzione del testo, anche in opposizione alle regole più rigide del contrappunto. Il secondo elemento è il dialogo tra strumenti e voci: violini, tromboni, organi, cembali, tiorbe oltre ad accompagnare o raddoppiare la voce ora sono più vivi e hanno un’identità più definita, sono vox instrumentalis. Adottando questi principi si sviluppano nuovi linguaggi musicali che porteranno all’invenzione dell’opera moderna come la concepiamo oggi.
L’Orfeo è l’inizio di questa nuova era musicale e la sua modernità risiede soprattutto nel percorso introspettivo del protagonista oltre che nell’aspetto musicale: Orfeo appare come un personaggio dalle molteplici sfaccettature, un uomo che evolve dall’allegra spensieratezza alla maturità. Monteverdi interpreta la sua crescita con un “climax musicale” passando da semplici recitativi all’aria strofica fino alle note intense del Possente spirto. La discesa agli inferi corrisponde alla discesa di Orfeo dentro se stesso, alla scoperta delle sue fragilità e debolezze. Messo davanti al suo lato oscuro, il personaggio perde la sua baldanza e cede alla tentazione di voltarsi, perdendo per sempre il suo amore e scatenando in lui il rifiuto di tutto ciò che è stato.
La complessità del personaggio è direttamente proporzionale alla sua presenza in scena: il brano principale di ogni atto viene, infatti, assegnato a Orfeo e ogni volta sono utilizzati diversi modi musicali ed espressivi. Anche dal punto di vista dei testi, al protagonista sono affidati i momenti lirici che muovono l’azione. Questa ricchezza espressiva che Monteverdi propone mi ha richiesto un notevole impegno vocale, interpretativo ed emotivo.
Da sempre mi dedico al repertorio barocco in ogni sua espressione (dal madrigale alla cantata, dall’oratorio all’opera) dove il canto deve modularsi per rispondere alle diverse esigenze interpretative. Cantare la polifonia obbliga la voce ad accordarsi alle altre, favorendo la fusione; nel repertorio da camera (cantata) bisogna ricercare “il dettaglio”, far capire il testo ed emergere armonie particolari volute dal compositore, trasmettere i sentimenti; l’oratorio e l’opera, infine, con finalità diverse richiedono lo studio del personaggio, sia dal punto di vista della caratterizzazione che delle peculiarità musicali. Anni di lavoro su questi materiali e le precedenti messe in scena nei panni di Orfeo mi hanno permesso di affrontare il ruolo nella produzione torinese con la dovuta maturità e consapevolezza e penso sia stato utile arrivare all’interpretazione di Orfeo dopo aver affrontato la musica di Monteverdi in ogni suo aspetto.
Naturalmente per la buona riuscita di un’opera “polifonica” così imponente non può bastare il solo Orfeo: aver lavorato a fianco di colleghi straordinari e amici di lunga data mi ha dato molta serenità; l’orecchio attento e il cuore sensibile alle sfumature del canto di Toni Florio sono stati i miei guardiani. L’Orfeo è un’opera dinamica, attiva, una ruota che gira senza sosta e tutti coloro che sono coinvolti in questo universo non possono sfuggire alla sua orbita!
Un’ultima riflessione. Il 2017 è stato un anno fortunato per Monteverdi poiché ricorreva il 450° della sua nascita e la sua musica è stata protagonista di numerose stagioni concertistiche e teatrali (anch’io ho approfittato di questa ricorrenza). Avevo il timore che il pubblico fosse esausto o appagato e mettere in scena nuovamente L’Orfeo è già impresa ardua e delicata. E non poteva essere diversamente perché Monteverdi e L’Orfeo sono immortali, eterni e vanno diretti al cuore e alla mente dell’ascoltatore; la forza di questa musica è di andar avanti.
Mauro Borgioni