Vi è un luogo, in un paese storico alle pendici dell’Etna, nel quale anche quest’anno – il sedicesimo dalla fondazione – si è riproposta una stagione concertistica di altissimo profilo, che nel corso del tempo ha acquistato un ruolo di prestigio nel panorama musicale catanese: il “Trecastagni International Music Festival”, dedicato principalmente alla musica strumentale da camera ma con escursioni nella liederistica, nella tradizione lirica, in taluni peculiari filoni nazionali. La scelta del direttore artistico Carmelo Pappalardo di puntare a un repertorio più ricercato è stata una scommessa vincente: accanto ai destinatari consueti sono stati attirati nuovi settori di pubblico, anche giovanile, a conferma che la qualità delle esecuzioni è condizione essenziale per il godimento – e la comprensione – di brani complessi, sempre meno proposti dalle direzioni artistiche delle istituzioni di tradizione.
La stagione ha dedicato ben due serate al Quartet Berlin-Tokyo, un quartetto d’archi composto da giovani musicisti europei e giapponesi, che – dopo la comune formazione a Berlino – si sono imposti nel giro di pochi anni nei più importanti premi internazionali di musica da camera e che hanno proposto brani fondamentali del repertorio quartettistico: dai Quartetti op. 33 e 76 di Haydn ai Quartetti op. 58 “Rasumovsky” di Beethoven, allo splendido Quartetto op. 117 n. 9 di Shostakovich.
Tutt’altra atmosfera sonora è stata evocata nella serata dedicata al “fado”, il prodotto più genuino del canto popolare portoghese, affidato alla voce e alla guitarra portuguesa di Mario Pacheco, alla viola di Carlos Leitão e al basso di Carlos Menezes; e nel concerto tenuto dal musicista argentino Marcelo Nisinman, compositore ed esecutore di bandoneón, strumento tipico della tradizione musicale sudamericana, con Alberto Mesirca alla chitarra.
Daniel Rowland, presenza storica del Festival sin dalle prime edizioni, insieme ad Alissa Firsova al pianoforte ed Evelien Prakke al violoncello ha spaziato da Bach ad Avo Pärt ma ha dato spazio anche ad alcune delle più celebri colonne sonore del cinema – come quella del Violon rouge del regista François Girard e le musiche di John Corigliano – che fanno ormai parte del patrimonio musicale collettivo.
Accanto alla serata dedicata alla lirica, tenuta dal soprano Manuela Cucuccio e dal baritono Francesco Verna, accompagnati al pianoforte da Ivan Manzella, tre concerti sono stati dedicati al pianoforte e hanno offerto la possibilità di mettere a confronto interpretazioni profondamente diverse: il pianista russo Vitaly Pisarenko ha dato un saggio del suo straordinario virtuosismo, mentre l’artista ucraino Denis Zhdanov ha proposto una esegesi raffinatissima degli Improvvisi op. 90 di Schubert e delle Études-Tableaux op. 39 di Rachmaninov.
Interessante e avvincente è stata la lettura lisztiana del pianista cinese Haiou Zhang, che dopo gli studi al Conservatorio di Musica di Pechino, si è diplomato presso la Hochschule für Music di Hannover sotto la guida di Bernd Goetzke, a sua volta allievo di Arturo Benedetti Michelangeli. In una serata interamente dedicata al musicista ungherese, Zhang – che si è esibito anche in duo con il talentuoso violinista tedesco Christoph Seybold, in possesso di un prezioso strumento del 1753, prodotto dal liutaio Nicolò Gagliano – ha reso manifesta la propria concezione interpretativa nell’esecuzione della Sonata in Si minore. Il suo approccio rigorosamente analitico, memore della lezione dello strutturalismo, ha restituito in tutta la sua evidenza la fitta trama motivica del capolavoro di Liszt, resa ancor più trasparente da un uso estremamente parco del pedale. La Sonata è apparsa così in una luce nuova, distante dalle sonorità dense e raggrumate del pianoforte romantico eppure aperta a effetti di grande suggestione fonica, conseguite da Zhang prolungando la risonanza di particolari collegamenti accordali. Anche la polivalenza formale di questo brano così complesso, celata dagli eccessi sonori delle letture correnti, è venuta fuori con chiarezza; ed è emersa, potenziata dalla solidità e dallo spessore dell’esecuzione, tutta la carica drammatica della Sonata, che riflette la ricchezza delle sue implicazioni letterarie e filosofiche, condotte nel segno del Faust di Goethe.
In un’intervista concessa dopo il concerto, Zhang ha confermato di aver approfondito la centralità del mito faustiano nell’arte musicale di Liszt durante gli anni di studio ad Hannover; e soprattutto ha tenuto a evidenziare l’importanza – per la sua ricerca interpretativa – del magistero di Benedetti Michelangeli, trasmesso indirettamente dall’insegnamento di Bernd Goetzke ma appreso altresì direttamente dalla consultazione dei quaderni di appunti del grande pianista, relativi anche all’impiego del pedale.
Come e ancor più degli altri concerti del “Trecastagni International Music Festival”, l’esibizione del giovane artista cinese ha dato un senso all’esperienza di ascolto di un pubblico attento e variegato, configurandosi come un momento di condivisione estetica e intellettuale di alcuni tra gli esiti più alti della musica d’arte europea.
Foto di copertina: Daniel Rowland
Nel video uno stralcio del concerto del pianista Haiou Zhang