Con “Madama Butterfly”, andata in scena il 6 agosto 2017 nell’arena Sferisterio, l’Oriente celebrato dal Macerata Opera Festival si è tinto dei colori e delle atmosfere del Sol levante, che già all’inizio del Novecento avevano affascinato Giacomo Puccini tanto da spingerlo a documentarsi puntigliosamente, anche da un punto di vista musicale, per quella che fu, a suo dire, «l’opera più sentita e suggestiva» mai concepita.
Nell’iconograficamente accurato quanto storicamente paradossale allestimento concepito da Nicola Berloffa, la “tragedia giapponese” della giovanissima Cio-Cio-San, sposata e ripudiata dall’ufficiale F.B. Pinkerton, su libretto di Illica e Giacosa (dal dramma di David Belasco), trasportata dall’inizio del Novecento alla fine della Seconda Guerra mondiale, durante l’invasione statunitense che seguì la sanguinosa resa del Giappone di Hirohito. Seguendo l’ideale pucciniano di «naturalismo quasi disarmante», la dicotomia fra tradizione nipponica e “modernità” statunitense, evidenziata anche grazie ai bellissimi costumi di Valeria Donata Bettella, nonché l’attenta ricostruzione del teatro-cinema malfamato ideato da Fabio Cherstich (con le luci di Marco Giusti), adibito all’intrattenimento dei marinai americani e, soprattutto, alle proiezioni dei film di Bette Davis ed Esther Williams, quali chiavi di lettura di quell’Occidente vagheggiato dalla “prima” signora Pinkerton, sono apparsi in evidente contrasto con le atroci immagini di una Nagasaki rasa al suolo dal bombardamento atomico del 9 agosto di quello stesso 1945, citato dal regista.
Dal punto di vista musicale, il soprano Maria José Siri, che proprio in questo ruolo ha aperto la stagione scaligera 2016/2017, ha presentato la figura leggiadra della “bimba dagli occhi pieni di malia” con misura e grande forza drammatica, senza cedere al tradizionale sentimentalismo nei duetti amorosi con Pinkerton, interpretato dal bravo Antonello Palombi, nelle nostalgiche scene dell’atto II con la fedele e intensa Suzuki del mezzosoprano Manuela Custer, o nel drammatico confronto con Scharpless (il baritono Alberto Mastromarino).
A completare l’ottimo cast, si sono distinti anche Nicola Pamio nel ruolo di Goro, Andrea Porta in quello del Principe Yamadori e Cristian Saitta (lo zio bonzo), nonché Gianni Paci (Yakusidé), Giacomo Medici (commissario imperiale), Alessandro Pucci (ufficiale del registro), Mirela Cisman, Silvia Marcellini e Maria Elena Mariangeli (rispettivamente la madre, la zia e la cugina di Cio-Cio-San), Samantha Sapienza (Kate Pinkerton) e il piccolo Martino Compagnucci (Dolore).
Il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”, diretto da Carlo Morganti ha restituito con grande efficacia non solo il meraviglioso, “acquatico” coro a bocca chiusa alla fine dell’atto II, ma anche alla resa scenica dell’atto I.
Il diretto Massimo Zanetti, sul podio della Fondazione Orchestra Regionale delle Marche, in collaborazione con il complesso di palcoscenico Banda “Salvadei”, ha rigorosamente restituito la complessità dello straordinario tessuto sinfonico pucciniano, investivo da una rigogliosa inventiva melodica e dal riferimento all’immaginario musicale nipponico, in una visione del Giappone non come sfondo oleografico, ma come vero paesaggio dell’anima.
Foto di copertina: Maria José Siri