Mercoledì 12 e giovedì 13 dicembre la sala Thierry Salmon dell’Arena del Sole di Bologna ha ospitato un inedito dittico dedicato a Claude Debussy e Gérard Grisey. La manifestazione, nata dalla collaborazione tra l’ensemble Fontanamix, l’Università di Bologna, l’Université Paris Nanterre, la Fondazione Rocca dei Bentivoglio Valsamoggia, la Fondazione Giorgio Cocchi e l’ERT, ha proposto due concerti dedicati ai due compositori francesi ed una conferenza di Michel Imberty, che ne ha contestualizzato l’accostamento ed il comune substratum concettuale. Battezzato “Scritture del tempo”, il progetto ricalca il titolo di un noto e rivoluzionario testo di Michel Imberty, Les écritures du temps (edizione italiana: Le scritture del tempo, Ricordi 2003), al quale si ispira e di cui incarna lo spirito.
L’idea di accostare il grande spettralista a Debussy, nel centenario dalla morte, è infatti nata, come sostenuto da Francesco La Licata, direttore di Fontanamix, dal desiderio di rivelare l’impercettibile fil rouge che lega la poetica dei due compositori.
Questo nesso, di natura bergsonianamente temporale, è costituito dal carattere discontinuo o continuo, ma sempre direzionale, del “tempo musicale” dei due compositori, come con semplicità e lampante chiarezza ha spiegato il professor Imberty nella conferenza tenutasi nel pomeriggio del 13 dicembre. Punto di riferimento mondiale e grande studioso dei parametri temporali nei rapporti tra musica, percezione, psicologia e storiografia musicale, ed oggi professore emerito dell’Université Paris Nanterre, Imberty si è intrattenuto con i presenti in una piacevole conversazione. Essa, seppur caratterizzata da quella grande complessità degli argomenti trattati che, dall’analisi delle strutture temporali del tardo Ottocento e del primo Novecento, ha portato alle problematiche più vive del comporre oggi, non ha certo spaventato il folto pubblico particolarmente coinvolto, che ha apprezzato il carattere accattivante degli studi di Imberty ed ha trattenuto il professore con una lunga sfilza di domande.
L’Ensemble Fontanamix ha riconfermato il notevole interesse dei progetti proposti e l’eccellente qualità esecutiva. Il primo dei due concerti, tenutosi la sera del 12 dicembre, è stato integralmente dedicato a Grisey ed ha previsto l’esecuzione di Charme per clarinetto solo (1968) e l’esecuzione integrale di Vortex temporum (1994–1996), penultima composizione di Grisey e summa delle ricerche degli ultimi anni, prima della morte prematura ed inattesa avvenuta nel novembre 1998. Il concerto è stato arricchito dalla narrazione del compositore Atli Ingolfsson, allievo, collaboratore ed assistente di Grisey, che ha condiviso con il pubblico ricordi, aneddoti e frasi del grande maestro, frapponendo ad essa la spiegazione di alcuni parametri fondamentali della poetica griseyana e della sua scrittura spettralista.
Il concerto del 13 dicembre ha, invece, proposto una rilettura del primo libro di Préludes per pianoforte di Debussy, attraverso le originali trascrizioni per piccolo ensemble realizzate da Francesco La Licata, Paolo Aralla e Nicola Evangelisti. All’esecuzione dei pezzi hanno fatto da controcanto le letture di Luca Scarlini che, partendo dai titoli apposti ai Préludes pianistici, ha fornito una preziosa meditazione sulla rivoluzionaria concezione temporale di Debussy, maestro del tempo interrotto, sospeso o immobile.
Un clima di approfondimento ha pervaso l’intera iniziativa, il cui carattere gradevolmente divulgativo è stato particolarmente apprezzato anche dai non addetti ai lavori. Il folto pubblico è accorso non solo da Bologna, ma anche da altre città italiane.
Nonostante il non sempre riconfermato sostegno delle istituzioni cittadine all’ensemble, che a Bologna ha dedicato la parte maggiore della propria attività, Fontanamix si riconferma ancora una volta come uno dei più precisi, coinvolgenti e dinamici gruppi di musica contemporanea del panorama internazionale: l’impeccabilità degli attacchi, la raffinata ricerca sonora e la garbata e variegata scelta dei repertori trova pieno riscontro nell’intima unione d’intenti degli strumentisti, nel perfetto transfert tra il direttore e i componenti dell’ensemble, nella direzionalità sempre chiara e nell’interrelazione comunicativa che ne ha contraddistinto ciascuna esecuzione.