Filippo Arlia è un direttore under 30 di travolgente entusiasmo ed energia, fondatore della Filarmonica della Calabria, un’orchestra “mediterranea” che guarda al futuro. In questa intervista presenta “il suo” Stabat Mater
Filippo Arlia ha 29 anni, un entusiasmo e una baldanza davvero incontenibili; da sempre. A 5 anni ha iniziato a suonare il pianoforte e a 17 si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio “F. Torrefranca” di Vibo Valentia (con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore); a 22 ha deciso di dedicarsi anche alla direzione e ha fondato l’Orchestra Filarmonica della Calabria, di cui è tuttora Direttore Principale.
Ha tenuto più di 400 concerti come solista e direttore, esibendosi su ribalte prestigiose come la Cairo Opera House e l’Auditorio Nacional de Música di Madrid; dal 2014 è Direttore dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “P.I. Tchaikovsky” di Nocera Terinese. In quest’anno rossiniano per eccellenza, ha portato la musica del compositore pesarese alla Carnegie Hall di New York e per Amadeus ha registrato in esclusiva il capolavoro sacro per eccellenza, lo Stabat Mater.
Si sente più pianista o direttore d’orchestra?
«Il pianoforte è senza dubbio il mio primo amore: i Direttori di Conservatorio sono esonerati dalla didattica, ma io ho voluto continuare a insegnare pianoforte perché amo questo strumento e ritengo sia il più completo. La mia carriera recita però un copione molto chiaro: sono più direttore d’orchestra, ma credo che da quando ho cominciato a salire sul podio, riesco a capire meglio il repertorio pianistico e anche a spiegarlo in modo più chiaro ai miei studenti».
Quali esperienze ritiene fondamentali per la sua carriera?
«La prima volta che sono salito sul podio della Carnegie Hall, due anni fa, forse è stato il momento più emozionante della mia carriera. A dire il vero, ho sperato tutto il tempo che la Sinfonia “Incompiuta” di Schubert… non finisse mai, perché su quel palco succede sempre qualcosa di magico. È come trovarsi al centro del mondo e all’improvviso riuscire a riportare alla luce il cuore pulsante del compositore. Insomma, per una notte ci si sente un eroe».
C’è stato qualche incontro che l’ha particolarmente segnata come uomo e come artista?
«Sicuramente quello con Michel Camilo. Ho lavorato con lui nel 2015 per un concerto interamente dedicato a George Gershwin, e da quel momento è cambiato il mio modo di vivere il palcoscenico. Camilo ha un carisma straordinario, un’energia senza pari; se si lavora con lui si finisce per venire travolti dalla sua visione musicale».

Un’energia che lei sta ora portando alla “sua” Orchestra Filarmonica della Calabria; quando è nata e da chi è formata?
«La Filarmonica è nata nel 2011 come orchestra residente nel Festival del Mediterraneo. Credo che oggi rappresenti una bellissima realtà del nostro Paese e il suo futuro è tutto da scrivere. È formata da giovanissimi talenti neodiplomati e da professori che invece vengono da orchestre tra le più prestigiose d’ Italia: Sinfonica Nazionale della Rai, Opera di Roma, laVerdi, Maggio Musicale Fiorentino e così via. Alla fine, questo connubio si sta rivelando particolarmente vincente».
Quali traguardi avete già raggiunto insieme e quali sono i vostri programmi per il futuro?
Abbiamo partecipato a due stagioni prestigiosissime al Teatro Antico di Taormina con le rappresentazioni di Aida, Cavalleria rusticana, La traviata. Abbiamo anche inciso i Quadri di un’esposizione di Musorgskij, pubblicati prima come album in download proprio da Amadeus e poi da Warner Music Italy; quest’anno abbiamo riportato l’opera lirica alla XVIII Edizione del Festival “Leoncavallo” di Montalto Uffugo dopo ben undici anni di assenza.

Ora, finalmente, dopo anni di duro lavoro, ci apprestiamo a scrivere una pagina importantissima per la storia della musica calabrese. A breve annunceremo la prima Stagione Sinfonica del Teatro Politeama di Catanzaro, che non aveva mai avuto un cartellone interamente dedicato alla classica. E questo per noi è motivo di grande orgoglio».
Il presente è rappresentato dalla registrazione di questo Stabat Mater. Quali legami ha col mondo operistico di Rossini e quali sono invece le peculiarità del repertorio sacro?
«Proprio nel 2018 sono stato scelto per dirigere l’“Omaggio a Rossini” alla Carnegie Hall; è stato l’unico concerto interamente riservato al compositore pesarese nella città di New York; lo Stabat Mater è quindi il secondo progetto che dedico alle celebrazioni per il 150° anniversario di Rossini.
Senza dubbio è un lavoro che presenta caratteri piuttosto diversi rispetto al repertorio operistico. Lo testimoniano l’utilizzo frequente della fuga, ad esempio, ma anche la notevole drammaticità di alcuni suoi passaggi cruciali. È un lavoro che presenta una scrittura molto concentrata, dalla prima all’ultima battuta, ma anche una straordinaria pienezza espressiva. In questa prospettiva nella nostra registrazione abbiamo registrato il Quartetto “Quando corpus morietur’ così come lo aveva voluto Rossini, eseguito dai solisti e non dal Coro, come invece si fa di solito».
Come è nata la collaborazione con il Coro Lirico Siciliano?
«In un modo molto originale, durante una tournée in Cina. La Calabria e la Sicilia sono “vicine di casa”, eppure noi ci siamo conosciuti in Estremo Oriente!».
Ci parli dei cantanti solisti e delle loro caratteristiche tecniche e musicali. Partiamo dal soprano Maria Pia Piscitelli…
«Direi che l’aspetto che mi ha colpito di più è la sua tecnica, veramente infallibile e sempre al servizio della musica. È stato davvero un piacere averla tra il cast dei solisti e spero che presto lavoreremo di nuovo insieme».
Il mezzosoprano è invece Sonia Ganassi.
«Semplicemente straordinaria! Nello Stabat Mater il mezzosoprano ha un ruolo delicato e spesso rischia di non diventare… né carne, né pesce. Sonia, invece, è un mezzosoprano con un “sapore” molto forte e deciso».
La scelta del tenore è ricaduta su Oreste Cosimo…
«Secondo me, uno dei migliori giovani presenti sulla ribalta dei tenori lirici in questo momento. Già vincitore del concorso “Voci Verdiane” di Busseto, non a caso prima di incidere con noi nel solo 2017 ha partecipato alla messinscena di tre opere al Teatro alla Scala di Milano (Nabucco, Hänsel und Gretel e La traviata).

E infine il basso, Carlo Colombara.
«Grande personalità, splendida carriera e magnifico timbro; l’ideale per uno Stabat. E poi una grande esperienza che lo ha portato a esibirsi nei più importanti palcoscenici del mondo – dalla Staatsoper di Vienna al Metropolitan di New York, dal Bol’šoj di Mosca alla Scala di Milano – sotto la direzione di maestri del calibro di Riccardo Chailly, Zubin Mehta, Riccardo Muti e Antonio Pappano».
Di che cosa si occupa Filippo Arlia quando non si dedica alla musica?
«Sono un grande appassionato di fumetti, in particolare di tutti quelli targati Sergio Bonelli Editore. Sono ineguagliabili e hanno fatto la storia del fumetto italiano. E poi sono un amante del sigaro; ne ho una ricchissima collezione e me li concedo nei momenti di maggiore relax. Alla fine della nostra registrazione ho festeggiato con un Millennium. È uno dei Toscani più esclusivi, fatto a mano, da fumare rigorosamente alla maremmana, vale a dire senza tagli, e da gustare molto lentamente, boccata dopo boccata; direi almeno per l’intera durata del nostro Stabat Mater…».
di Andrea Milanesi