Quando, nel 1899, Jean Sibelius scrisse il suo poema sinfonico Finlandia lo fece con lo spirito nazionalista dell’epoca, nell’ottica di celebrare la propria terra e la sua lotta contro l’invasore russo.
Fa un po’ riflettere, allora, il confronto in questa terza serata milanese di Mito con uno dei compositori all’epoca (ma anche tutt’ora) più apprezzati della Russia zarista: quel Čajkovskij che dalle sue sfortunate vicende personali ha saputo trarre una musica tanto drammatica quanto memorabile. Oggi che possiamo godere di entrambi senza necessità di contestualizzazione storica rimane l’aspetto meramente speculativo dell’accostamento: chissà se agli inizi del secolo scorso un simile programma sarebbe stato inteso come uno scontro in musica tra oppressi e oppressori.
A fare da spartiacque – metaforico, ma soprattutto musicale – una delle ultime composizioni di Einojuhani Rautavaara, il concerto per violoncello e orchestra significativamente intitolato Beyond the Horizon (2008-09); significativamente perché, a voler proseguire il gioco della lettura storica, oltre l’orizzonte richiamerebbe proprio il tema della frontiera.
In realtà il programma è dedicato al Nord, in omaggio alla geografia piuttosto che alla storia: Sibelius, Rautavaara e Čajkovskij sono i tre grandi nomi prescelti dall’Orchestra di Santa Cecilia sotto la conduzione di Mikko Franck per la loro doppia tappa nelle due maggiori metropoli dell’Italia settentrionale.
Nonostante le immagini da gelide lande che vengono suscitate, il programma è molto caldo e appassionato, affondando le sue radici nel tardo romanticismo di fine Ottocento. Il M° Franck dirige l’orchestra di cui è direttore ospite principale (carica creata ad hoc per lui) con un piglio sicuro, preciso e veemente. La scelta si direbbe quella di prediligere in tutte e tre le partiture le parti più tempestose, le grosse cavalcate epiche di archi e ottoni, rispetto ai momenti più quieti, invero effettivamente più radi.
In questo modo nella Finlandia op. 26 di Sibelius che apre il concerto, dopo l’iniziale condotta regale dell’introduzione, si entra subito nel vivo di quella che sarà un po’ la costante della serata: saranno infatti i potenti squilli degli ottoni (caratteristici tanto del Finlandia quanto della Sinfonia n. 5 di Čajkovskij) a guidare l’Allegro della sezione centrale. E tutta l’orchestra, sotto la bacchetta del finlandese si muove come un sol uomo, un’esecuzione magistrale che apre degnamente la serata e crea aspettative elevatissime per il suo prosieguo.
Segue il Concerto per violoncello e orchestra di Rautavaara: il solista è il norvegese Truls Mørk, dedicatario dell’opera. Si tratta di un concerto in un solo movimento tripartito dalla durata di circa venti minuti; la successione della musica – introduzione, tre variazioni, conclusione – è serratissima e lo stesso violoncello solista ha il compito di “nascondere” le cesure, tramite una esecuzione che scorre pressoché ininterrotta dall’inizio alla fine. Quest’opera è emblematica degli stilemi dell’ultimo periodo artistico del compositore finlandese, il cosiddetto neo-romantico: i temi sono sempre molto scorrevoli, mai spigolosi, ad alimentare una grande inventiva melodica, mentre le armonizzazioni e le coloriture sono orchestrate per esaltare la componente più eterea del suono, mantenendo un costante sottofondo di energia latente: nella battuta successiva potrebbe succedere qualcosa, come potrebbe non succedere niente.
La serata si conclude con la Sinfonia n. 5 in mi minore di Čajkovskij (1888); Franck predilige gli aspetti più travolgenti della partitura, consegnandoci una lettura vigorosa e al tempo stesso ricca di pathos: come nella Quarta Sinfonia, emerge inesorabile la tematica dell’uomo impegnato in una lotta impari con il destino, tema accompagnato sempre impeccabilmente da corni e trombe.
In questo concerto il Maestro finlandese ha confermato alcune certezze sulla sua reputazione e rilanciato le aspettative per il futuro: si è confermato uno dei direttori più interessanti della sua generazione e, ad oggi, uno dei migliori interpreti del repertorio romantico. Il suo incarico triennale con l’Orchestra di Santa Cecilia non poteva iniziare sotto auspici migliori. Ne sentiremo delle belle.