Il timbro squillante della tromba si ammorbidisce e diventa caldo come la sua voce, mentre le serrate linee melodiche sono levigate fino a divenire avvolgenti e delicate. Questi i tratti caratteristici di Chet Baker, trombettista e cantante americano, tra i principali esponenti di quel genere noto come cool jazz. A trent’anni dalla scomparsa del musicista statunitense si costituisce il quartetto formato da Mario Mariotti (tromba), Gabriele Orsi (chitarra), Achille Giglio (contrabbasso) e Francesco Di Lenge (batteria) per rivisitare alcuni tra i brani più rappresentativi della sua carriera. A night for Chet Baker, questo il titolo del tributo già eseguito in altre occasioni nel corso di quest’anno, giunge il 19 agosto a Milano nel Cortile delle Armi del Castello nell’ambito della rassegna Estate Sforzesca.
Night Bird è il brano che apre il concerto, un coinvolgente blues firmato dal pianista Enrico Pieranunzi, inciso dallo stesso proprio insieme a Baker alla fine degli anni Settanta. Segue la versione strumentale della celebre Estate di Bruno Martino, ispirata all’interpretazione del cantante e chitarrista brasiliano João Gilberto e modellata sulla ritmica della bossa nova. Nel pezzo si mettono in luce Mariotti con un’esecuzione sentita e morbida e Orsi con un assolo di chitarra che ben si contestualizza nella composizione, intervenendo in maniera incisiva ma mai invadente.
Visa, scritta dal sassofonista Charlie Parker e in origine eseguita insieme al trombettista Dizzy Gillespie, dà la possibilità a tutto l’organico del quartetto di evidenziare le proprie qualità tecniche. I quattro strumentisti trovano spazio in assoli da cui emergono anche il contrabbasso di Giglio e la batteria di Di Lenge, risultando in ogni caso sempre contenuti e funzionali allo sviluppo del brano. Bark for Barksdale di Gerry Mulligan pone ancora in rilievo l’ottimo affiatamento del gruppo, così come Why shouldn’t you cry, una composizione di Wolfgang Lackerschmid, raffinata ballad in origine concepita per vibrafono e tromba. La base ritmica del contrabbasso e della batteria e l’intervento discreto della chitarra cercano di ricreare quell’atmosfera ovattata da cui far emergere il calore della melodia accarezzata dalla tromba.
Il sound coinvolgente e gli eleganti virtuosismi tipici del cool jazz ritornano nella brillantezza di Tidal Breeze, composizione del pianista americano Harold Danko. È la volta poi di My funny Valentine, il titolo che viene probabilmente legato a Chet Baker più di ogni altro, in particolare per la sua struggente interpretazione vocale, carica di lirismo e di malinconia. Nella versione rivisitata dal quartetto, con un’introduzione chitarristica e uno sviluppo sostenuto delicatamente da contrabbasso e batteria, si concede ancora un meritato spazio alla tromba di Mariotti, sensibile ed espressivo anche in questo grande standard jazz. Beatrice di Sam Rivers e quindi E.S.P. di Wayne Shorter, composizione scritta per Miles Davis, concludono brillantemente la serata in un crescendo di intensità.
Sono sicuramente apprezzabili i puntuali interventi di Mario Mariotti per presentare, con poche ma essenziali parole, ogni pezzo eseguito e per contestualizzarlo nella vita artistica di Baker a beneficio di tutti gli spettatori, anche di quelli meno esperti del genere. Il programma è risultato particolarmente interessante e la serie di rivisitazioni dei brani ha valorizzato i singoli componenti del quartetto, proponendo spunti ricchi di originalità, senza allontanarsi però dallo spirito e dallo stile esecutivo del grande jazzista celebrato.
Foto di copertina: Chet Baker