Esa-Pekka Salonen e la Philharmonia Orchestra al Filarmonico di Verona

in News
  1. Home
  2. News
  3. Esa-Pekka Salonen e la Philharmonia Orchestra al Filarmonico di Verona

Come si scrive di un concerto, quando questo supera ogni aspettativa per mostrarsi mozzafiato? Di fronte a questa domanda si viene posti, quando ci si trova a scrivere del concerto di mercoledì 20 settembre, in cui Esa-Pekka Salonen sul podio della Philharmonia Orchestra si è esibito per il Settembre dell’Accademia Filarmonica di Verona.

Il programma, modificato fino all’ultimo, si è infine strutturato in due parti: la prima dedicata a Jean Sibelius (tra l’altro nel giorno preciso del sessantesimo anniversario della morte, avvenuta il 20 settembre del 1957) con La mort de Mélisande da Pelléas et Mélisande op. 46 e la Sinfonia n. 6 in re minore op. 104; la seconda all’imponente Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica” di Ludwig van Beethoven.

Fin dalle prime note de La mort de Mélisande, un coraggioso inizio, Salonen e la Philharmonia sono stati capaci di creare l’atmosfera giusta per il raccoglimento intenso di questa meravigliosa pagina orchestrale. Notevole anche la loro capacità di totale concentrazione, ignara dei molteplici rumori di telefonino provenienti dal pubblico. Ben presto, tuttavia, l’intero Teatro Filarmonico si è trovato completamente immerso nei densi colori del brano, che al suo termine ha strappato numerosi e meritati “Bravo”. Proseguendo in metafora pittorica, se La mort de Mèlisande era dipinto con profonde pennellate ad olio, la Sinfonia n. 6 era dettata dalla freschezza dell’acquerello, capace di donare ariosità anche ai corpi più massicci. Tale era anche il gesto di Salonen, molto simmetrico nelle due mani, dotato di un’eleganza ed una morbidezza unite ad a quella grazia un po’ selvatica che si associa facilmente alle creature boschive. La Philharmonia Orchestra seguiva alla perfezione il direttore, riuscendo a compiere prodigi timbrici e dinamici che esaltavano l’irreale ambientazione paesaggistica della Sinfonia di Sibelius, un’ambientazione che, come da affermazione dello stesso Salonen, si fa metafora di un contenuto nascosto e diventa elemento determinante per le asimmetriche strutture della sua musica.

 

 

Questa grande capacità timbrico-dinamica unita alla non superficiale vivacità è stata l’anima dell’Eroica beethoveniana. Molti i pregi della lunga Sinfonia, a cominciare proprio dall’abilità del direttore nel guidare la propria orchestra in grandi crescendo e diminuendo che non rischiavano mai di sfociare nel troppo. L’annosa questione “Beethoven classico o Beethoven romantico” è stata risolta da Salonen con semplicità: ignorarla. La forza e la vitalità sono diventate gli elementi fondanti di questa Terza, che si manteneva costantemente equilibrata grazie ad un’intrinseca leggerezza così naturale per l’orchestra ed il suo direttore.

Non sono mancati certamente i momenti di maggiore tensione, la monumentale Marcia funebre ne è stata un grande esempio, ma essi sembravano scaturire naturalmente dalla partitura, senza necessità di sovrapposizione né di una categoria storica o estetica, né della personalità del direttore, che appariva tanto più nitida, quanto più Salonen si metteva da parte. La spontaneità del testo è stata resa magnificamente anche dalla Philharmonia Orchestra, tecnicamente quasi impeccabile eccetto quale trascurabile sporcizia di corni e oboe, che si perdeva facilmente nel costante e naturale fluire di questo concerto. Il pubblico, completamente incantato durante la Sinfonia beethoveniana, ha con forza reclamato il consueto bis: la meravigliosa Valse triste di Sibelius, ulteriore occasione di venire rapiti dai virtuosismi dinamici della Philharmonia e dalla capacità di Salonen di giocare con maestria su equilibri che non hanno mai l’aspetto di compromessi, ma di nuovi sentieri espressivi.

Immagine di copertina: Esa-Pekka Salonen

Vocazioni: a Firenze il nuovo progetto di Saverio Lanza
Dal 26 settembre al via il Concorso Pianistico Ettore Pozzoli

Potrebbe interessarti anche

Menu