«Casalinga e violinista saltuaria». In questa umoristica e paradossale definizione che Elisa Pegreffi scrisse su un formulario negli Anni Sessanta sta, in fondo, il suo profondo senso della realtà, e dell’essere artista. Delle sue mirifiche virtù musicali tutti hanno detto, tutti sanno, e non voglio aggiungere niente. Io vorrei raccontare di lei, mia madre, e di come mi ha insegnato la musica e, con la musica, la vita.
Il desiderio di normalità
In realtà, la sua vita è stata segnata da un profondo desiderio di normalità. Ricordo sere in cui confessava candidamente che, al momento di uscire per andare a suonare, guardava le finestre illuminate di chi se ne stava in casa, e avrebbe voluto tornare indietro. In tournée, si trascinava dietro, lei, uno scricciolo, pentole pesantissime per cenare in camera col suo Paolo dopo il concerto. Per reinventarsi a Düsseldorf, a Stoccolma, a Los Angeles, un angolo di vita normale, un angolo di famiglia.
Forse è stata questa la profonda unicità di Elisa Pegreffi. Che un’artista di fama mondiale potesse poi essere una piccola signora che cercava al mercato le calze più economiche, che alla vigilia di Natale tirava la pasta a mano. La sua infanzia a Genova, misera e dolorosa, di cui narrava con lievità, fu segnata dalla cecità del padre, licenziato dall’orchestra dove suonava e costretto, per vivere, ad accompagnare al pianoforte i film muti.
Elisa Pegreffi bambina
Lei, bambina, raccontava sottovoce al papà quel che accadeva sullo schermo, perché lui potesse trovare il clima giusto per improvvisare. E poi vennero lo studio intenso, l’incontro decisivo coi suoi compagni, i trentacinque anni di concerti in cui ha tenuto alto il nome d’Italia nel mondo. Pur cosciente del proprio valore, soleva spesso dire: «Io, da sola, non sarei stata nulla. Se qualcosa sono stata, è perché ho lavorato con altri». Una dichiarazione dell’importanza dell’istinto gregario, un’affermazione di alto senso morale nell’arte e nella vita.
La sua arte è consegnata alla storia, ai dischi, addirittura agli spazi siderali. Ma essere riuscita a conciliare con un sorriso il palcoscenico con una vita ricca di affetti, questo, credo, è quel che la farà ricordare a molti come una piccola signora amica. Questo è, davvero, il suo capolavoro di artista.
Mario Borciani
Mario Borciani, pianista e compositore, figlio di Paolo Borciani e di Elisa Pegreffi, rispettivamente primo e secondo violino del celebre Quartetto Italiano, è insegnante di pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Ha studiato pianoforte con Bruno Canino, composizione con Franco Donatoni, Massimo Toffoletti e Bruno Bettinelli. All’attività di pianista affianca quella di compositore per il teatro. Ha collaborato con numerose istituzioni tra cui: Teatro Greco di Siracusa, Teatro Stabile di Genova, Venetoteatro, Orestiadi di Gibellina, Mittelfest di Cividale del Friuli e Festival di Martina Franca.