Donizetti Opera 2018: ripartire dai giovani

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Vitalità creativa unita alla sapienza musicologica. E poi spazio ai giovani. Così il festival Donizetti Opera 2018 trova nuova linfa senza perdere autorevolezza; ce lo raccontano in anteprima Francesco Micheli e Riccardo Frizza

donizetti opera 2018

Largo ai giovani e spazio alle donne. Potrebbe essere il motto nell’aria di una città solitamente restia al chiasso, alle sfrenatezze e all’irriverenza: la laboriosa Bergamo. Di fatto i destini del “Donizetti Opera 2018” (colloquialmente chiamato “Do”, che impera nella città lombarda dal 20 novembre al 2 dicembre) riflettono la doppia anima che sta emergendo. Capace di amalgamare la freschezza e la vitalità all’ancoraggio sicuro della sapienza musicologica.

E ci voleva certo l’irruenza, l’iconoclastia del regista (guarda caso pure bergamasco) Francesco Micheli, al suo terzo anno in vetta come direttore artistico per dare ancor più energia e forza a un progetto che non rinuncia alla missione di far conoscere ancor di più questo operista italiano, erroneamente considerato a lungo epigono di Rossini e anticipatore di Verdi.

Da quest’anno poi il “Do” si avvale di Riccardo Frizza come direttore musicale e mantiene intatto lo strategico ruolo filologico di un importante studioso come Paolo Fabbri, coinvolto in prima linea nella sezione scientifica della Fondazione che dirige con l’ammirevole sforzo di mettere a fuoco la sua importante identità musicale.

Le novità

donizetti opera 2018L’intento comune pertanto si riflette in un circuito di date che ruotano intorno al fatidico dies natalis del compositore (29 novembre 1797) fra il Teatro Sociale e altri luoghi simbolici della città, da cui svettano due nuovi allestimenti operistici. Il primo è Enrico di Borgogna, legato al progetto #donizetti200 (in coproduzione con il Teatro La Fenice); riprende quello che fu l’ingresso in società per l’allora giovane compositore, in vista dell’inaugurazione a Venezia nel 1818 del nobileTeatro Vendramin San Luca, oggi Goldoni.

L’altro è Il castello di Kenilworth, in una nuova revisione curata da Giovanni Schiavotti. È l’opera d’avvio della trilogia che il compositore dedica a Elisabetta I d’Inghilterra; oltre a portare per la prima volta sul podio bergamasco Riccardo Frizza, ha il pregio di farci riscoprire con maggior correttezza storica questo lavoro battezzato al san Carlo di Napoli nel 1829: di forti tratti anticipatori del passaggio dal dramma classicista all’emisfero romantico e non poche elementi nuovi per l’epoca, con tanto di lieto fine.

Produzioni dunque che meritano il plauso e richiamano nomi significativi. Per l’«Enrico», il direttore esperto di prassi esecutiva Alessandro De Marchi con la sua Academia Montis Regalis (oltre alla debuttante regista Silvia Paoli e alle due primedonne che si contendono la scena, Anna Bonitatibus e Sonia Ganassi); per Kenilworth il debutto al festival della Maria Pilar Pérez Aspa.

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Il programma di Donizetti Opera 2018

Attorno alle due opere registrate da Dynamic si cuce il resto della locandina. Si comincia con una serata di gala (solisti, oltre alla Pratt, il mezzosoprano Daniela Barcellona) che affianca Donizetti a Rossini; attesissimi il ritorno del soprano-belcantista Mariella Devia (sul podio il suo partner storico Giuseppe Sabbatini) e il “compleanno” donizettiano del 29 novembre.

Qui Corrado Rovaris proporrà il capolavoro oratoriale della Creazione di Haydn; è la musica che il giovane Donizetti cantò da ragazzo in Santa Maria Maggiore a Bergamo con la direzione del suo maestro Simone Mayr, edizione in italiano tradotta dal Carpani e autorizzata dallo stesso Haydn.

Ma non è tutto. Oltre al singolare pastiche diabolico Inferno in salotto, narrazione con musica che fonde parole/musiche di Donizetti, Gaggi, Balducci e Rossini su ispirazione di Dante (regia di Maurizio Donadoni, Paolo Fabbri in veste di storyteller) sono previste proposte per bambini, prove aperte agli Under30, sessioni da camera nella casa natale del compositore e modalità per fruire questo genio nazionale in una veste più ironica: ben rappresentata (dopo la Donizetti Night di giugno) dalla T-shirt colorata con il profilo bifronte di Donizetti che guarda all’indietro e al futuro.

donizetti opera 2018

Il commento del direttore Micheli

«Da ragazzo, pur vivendo a Bergamo nessuno mi aveva sensibilizzato sulla grandezza di Donizetti; sono quasi dovuto venire alla Scala di Milano per scoprirlo», dice oggi Francesco Micheli. Classe 1972, ha alle spalle numerosi impegni internazionali come le due recenti Lucia di Lammermoor tra la Fenice nel 2017 e l’Opéra National di Bordeaux in aprile.

«Ora con questo Festival l’idea è di riscoprire molte cose donizettiane con lo scatto d’orgoglio e l’energia di tanti concittadini. Di lui mi piace la sua purezza intellettuale, l’aver appoggiato personaggi e situazioni senza fare dei compromessi; ha una drammaturgia che ai nostri occhi appare a dir poco sconvolgente».

#donizetti200, tra passato e futuro

E uno dei progetti più fortemente voluti è proprio #donizetti200. Per lui «dà la possibilità di far dialogare epoche diverse attraverso l’avvicendamento dei secoli. Donizetti vede la crisi dei valori della rivoluzione francese, il dissolvimento dell’età napoleonica, l’avvento della restaurazione e ne resta travolto; un po’ come i giovani di oggi, nati nel culto utopistico della caduta del Muro, devono fare i conti con una realtà diversa».

Dunque un calendario che mescola attualità e rigore.
«Pur se nel 2018 si è giustamente parlato molto di Rossini, anche il “gufo di Bergamo”, come lui amava definirsi con ironia, deve avere la sua giusta collocazione» racconta. «In lui ci sono personaggi significativi che adottano in continuità la stessa impostazione rossiniana della temperie protoromantica, con un ardente vocalità di personaggi travestiti nei panni maschili.

Dal teatro al belcanto

L’anno scorso ci siamo cimentati nel Pigmalione; con questo saggio giovanile che mostrava un’originalità sorprendente è stato quasi un anno zero. Adesso partiamo con Enrico di Borgogna, vero lavoro teatrale in scena con la complicità del suo amato maestro Simone Mayr, per di più con un formidabile libretto di Bartolomeo Merelli che diverrà un celebre impresario teatrale su una vicenda che ci parla di questo giovane signore borgognone (Enrico, usurpato dal proprio trono) che lotta per riconquistarlo contro il perfido Guido».

donizetti opera 2018E il successivo Castello di Kenilworth? «Quello rimette in gioco due dive del belcanto: Carmela Remigio, Amelia, e Jessica Pratt, Elisabetta. La prima è stata già reclutata in passato su Maria Stuarda e Anna Bolena, l’altra è ambasciatrice ufficiale del festival. Incarnano sentimenti opposti, estremi, anche se alla fine si mettono d’accordo.

La scelta finale della regina di cedere l’amato conte di Leicester alla legittima sposa», prosegue Micheli, «è un segno rivoluzionario; una scelta che medita su un mondo di persone destinate a parlarsi e a capirsi. Capaci di mantenere l’equilibrio e la pace a dispetto di tutto».

Riccardo Frizza: la grande opera per tutti

Un contributo atteso arriverà anche dal direttore musicale Riccardo Frizza, affiancato per la parte musicologica da Paolo Fabbri. Frizza è nato nella vicina Brescia, dunque scherzosamente “rivale” del bergamasco Micheli.

«In realtà non esiste una divisione fra obiettivi pop e scientifici. Non ci sono perché sono scelte ampiamente condivise» racconta Fabbri, di cui è appena uscito per UTET Grandi Opere il volume Rossini, L’artista, l’uomo, il mito. «E anche se Micheli ha una formazione diversa con una sensibilità più pop, io stesso credo fortemente nella necessità che l’opera debba conquistare nuovo pubblico pur mantenendo un prodotto di livello alto, che garantisca i crismi della correttezza storica».

Dunque tante iniziative continueranno come quelle del filone #donizetti200? «Certo; si dovrà risolvere il problema dello stand-by creatosi nel ‘20/’21, quando la carriera di Donizetti subì un arresto», dice Fabbri.
«Magari inventandosi qualcosa di collaterale, come questo concerto dantesco che prende in esame la produzione da salotto; è un modo per drammatizzare certe scelte in ambito teatrale, evitando le solite, magari brillanti conferenze musicologiche».

L’attività della Fondazione entrerà nel vivo del festival anche nei prossimi anni.
«Abbiamo molte carte da giocare per il futuro», conclude il musicologo.
«Anche perché, senza nulla togliere ad altri festival importanti come Parma (dove Verdi non ci è neppure nato) e Pesaro (dove Rossini ci vive solo da bambino) a Bergamo la presenza di Donizetti è ben radicata e il contesto generale può rispondere egregiamente alla logica di un cartellone».

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 Luigi di Fronzo

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