Il prossimo 31 gennaio debutta al Teatro dell’Opera di Danzica, con la direzione di Massimiliano Caldi, Don Bucefalo geniale melodramma buffo di Antonio Cagnoni. Abbiamo incontrato il direttore per scoprire i segreti della nuova produzione.
Perché avete scelto di mettere in scena Don Bucefalo?
«Esattamente un anno fa ho incontrato a Danzica l’amico José Maria Florencio, brasiliano di Fortaleza, direttore artistico dell’Opera Baltica, che conosco da quasi 20 anni. Gli ho buttato lì, durante un pranzo informale, un paio di proposte che sono “sfumate” ma, vedendo il mio entusiasmo nel descrivergli la trama e la musica di “Don Bucefalo”, è bastata una manciata di minuti per sentirgli dire: “Questa la mettiamo in scena: hai la mia parola!”».
Qual è il messaggio dell’opera di Cagnoni secondo lei?
«Potremmo definirla un’opera di “denuncia sorridente”. Denuncia dei cattivi costumi a cui si arrivò a metà ‘800 nell’allestimento delle opere, in teatri dove contavano solo i capricci dei cantanti e i maneggi degli impresari ma dove la musica e, soprattutto, il libretto venivano messi in secondo piano, anzi, forse anche più in basso. Che poi fu la ragione per cui Rossini si allontanò dai teatri e si dedicò solo alla musica religiosa e per cui il grande Verdi operò la rivoluzione drammaturgica e musicale che conosciamo e per cui grandi personalità come Toscanini (molto più avanti) ristabilirono ordine tra i vari ruoli».
Quali sono le chiavi di lettura che avete scelto con il regista?
«Il regista ha scelto di ambientare l’opera in una sorta di clinica di lusso – SPA, in cui Don Bucefalo è ricoverato, in crisi esistenzial/creativa. Una sorta di Marcello Mastroianni, regista in cerca di sé stesso nel celebre 8 e 1/2 di Fellini.
La mia chiave di lettura è, come già feci 12 anni fa a Martina Franca, la assoluta fedeltà al testo musicale. La partitura è scritta benissimo, da un ragazzo di 19 anni e non si capisce come, morto Cagnoni a fine 800, sia potuta finire nel dimenticatoio. Fu grazie alla felice intuizione del compianto Sergio Segalini (allora direttore artistico del Festival della Valle d’Itria nel 2008, alla cui memoria dedicherò la prima del 31 gennaio) che la partitura venne fatta resuscitare dal regista Marco Gandini, da me, dal cast vocale, dell’orchestra Internazionale di Italia e dal coro di Bratislava».
Com’è la vita musicale a Danzica?
«La vita a Danzica è molto, molto viva. Ci sono una Filarmonica, un teatro d’opera (del tutto indipendenti), svariati festival autunnali (prendo regolarmente parte al “Classica Nova” di Gdynia), estivi (Il prossimo agosto parteciperò per l’ottava edizione consecutiva al Festival “Mozartiana” di Oliwa con “L’impresario” di Mozart) ed invernali. La vita culturale in generale è molto ricca. Direi, incredibilmente ricca!».
Prossimi suoi impegni?
«Le due cose più importanti che mi aspettano nell’immediato futuro sono il terzo ritorno sul podio della leggendaria Filarmonica di San Pietroburgo a marzo e il mio debutto alla Scala a maggio alla testa de I Virtuosi del Teatro alla Scala. Per un milanese doc come me, nato all’ombra della Madonnina, sarà un’emozione indescrivibile».