Ogni mese la redazione di Amadeus seleziona per i suoi lettori i dischi migliori. Tra i consigli di agosto 2018, un disco anche Bernstein e molto Bach
Ecco le recensioni a cura della nostra redazione. Per capire il nostro giudizio su ciascun disco, pubblichiamo la scala di valutazione.
La scala di valutazione di ogni disco
★ insufficiente
★★ sufficiente
★★★ discreto
★★★★ buono
★★★★★ ottimo
BACH
BACH
Harpsichord Concertos vol. 1
La Risonanza, Fabio Bonizzoni
Challenge 1 sacd (New Arts International) 2017
Challenge Classics ha pubblicato il primo volume dell’edizione completa dei Concerti per clavicembalo e orchestra di Johann Sebastian Bach realizzata dall’ensemble La Risonanza; solista e direttore Fabio Bonizzoni. In questo capitolo si ascoltano i Concerti Bwv 1052, Bwv 1053, Bwv 1055 e Bwv 1056. A partire dal 1729, al Café Zimmermann di Lipsia, ogni settimana Bach diresse il Collegium musicum in concerti di circa due ore. Per queste occasioni, il compositore pensò di approfondire la scrittura clavicembalo solista-orchestra che aveva già proposto nel Quinto Concerto brandeburghese.
La serie di capolavori che scaturì anche attraverso l’adattamento di altri Concerti destinati a differenti strumenti va intesa in un doppio senso: sia come un contributo all’ampliamento del repertorio del Collegium musicum; sia come un manifesto compositivo delle idee di Bach a proposito di un genere concertistico emergente. All’interno della serie, ogni Concerto assume un ruolo e un carattere ben definito.
Ad esempio quello in re minore – derivato da un Concerto per violino probabilmente concepito per un’esecuzione data dal violinista lipsiense Johann Gottfried Vogler alla corte di Cöthen nel dicembre 1718 – è il più lungo, il più virtuosistico e quello che maggiormente guarda allo stile italiano.
Bonizzoni ha voluto un’esecuzione a parti reali. Così accanto al suo clavicembalo troviamo i violini di Jorge Jimenez e Ulrike Slowik, la viola di Krishna Nagaraja, il violoncello di Caterina Dell’Agnello e il violone di Nicola Dal Maso. Soluzione che – merito anche di una ripresa del suono superba – non penalizza la presenza, la drammaticità (soprattutto nel BWV 1052), e la portata espressiva di queste composizioni; esaltandone, invece, i particolari, la retorica, i momenti magici: come nel secondo movimento del BWV 1056.
Massimo Rolando Zegna
AA.VV.
Chamber Music for flute and piano
Raffaele Trevisani, Paola Girardi
Da Vinci 1 disco (Egea) 2008
Artistico: ★★★★ Tecnico ★★★★
Il repertorio per flauto e pianoforte non è mai stato molto frequentato dai compositori. La maggiore fortuna la conobbe soprattutto nella seconda metà del secolo diciannovesimo. Merito del flautista Raffaele Trevisani e della pianista Paola Girardi di aver incorniciato in questa registrazione tre lavori di altrettanti autori della musica europea ottocentesca: Carl Reinecke, Robert Schumann, e Cèsar Franck.
Un itinerario cameristico per nulla scontato; non solo per la nobilissima qualità artistica di un terzetto di compositori davvero elevato;ma anche per la felice empatia fra i due strumenti protagonisti. La fusione reciproca pertanto restituisce le varie composizioni in tutta la loro bellezza romantica. E non manca di comunicare al musicofilo edonismo emotivo e uditivo.
Il tutto grazie alla bravura esecutiva e interpretativa del duo Trevisani-Girardi che rilegge con lungimiranza strumentale la graziosa Sonata Undine per flauto e pianoforte op. 167 di Reinecke, seguita dalle suadenti Tre Romanze per flauto e pianoforte op. 94 di Schumann e infine dalla spumeggiante Sonata in la maggiore per flauto e pianoforte di Franck, tutte scritte in un arco temporale di circa quarant’anni tra il 1849 e il 1890. In particolare Raffaele Trevisani conferma di essere un superbo e maturo solista in grado di dominare in ogni sezione l’estensione sonora del proprio strumento.
Antonio Brena
BERNSTEIN
Complete Works Leonard Bernstein, orchestre e interpreti vari
Dg 26 cd + 3 dvd (Universal) 1977-2018
In un concerto diretto da Leonard Bernstein spesso compariva sul programma di sala una sua composizione. Il fatto che spesso questa composizione riscuotesse forte successo di pubblico, non faceva che aumentare il numero delle fatwe lanciate contro l’estrema libertà con cui Bernstein si impossessava di forme e stili. Si condannava l’eclettismo come riprovevole visione estetica in confronto all’incorruttibile strutturalismo bouleziano, unica via possibile per la Nuova-musica.
Per alcuni spettatori anche ben disposti, sentire un pezzo di Bernstein era un inevitabile dazio da pagare; tanto allora il direttore, l’interprete era sentito superiore al compositore. Oggi, nel centenario della sua nascita, i rapporti si sono equilibrati, se non ribaltati. Lo dimostra il numero crescente delle esecuzioni e l’interesse riscosso nelle nuove generazioni di interpreti. E lo dimostra anche questo cofanetto che accoglie oltre alle famose incisioni della sua musica degli ultimi anni, anche tutta la musica eseguibile allo stato attuale.
Così possiamo ascoltare per comprendere quanto questo musicista abbia saputo coniugare discipline per altri non valicabili: direzione d’orchestra, pianoforte, composizione, insegnamento, divulgazione. Bernstein ha insegnato a più generazioni a guardare nell’oscuro futuro abbracciando tutto: Beethoven e Broadway, Mahler e l’opera, folclore e musica sofisticata, musica religiosa e jazz. Come abbia fatto a scrivere così tanto – oltre a dirigere, suonare, educare, difendere i diritti umani, crescere una famiglia – è un miracolo.
Giovanni Gavazzeni
AA.VV.
Esa-Pekka Salonen. The Complete Sony Recordings
Orchestre e solisti vari, Esa-Pekka Salonen
Sony 61 cd (Sony) 1985-2012
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★
Esa-Pekka Salonen ha sessant’anni. Dopo aver messo radici profonde a Helsinki, Stoccolma, Los Angeles, dal 2008 è il quinto Direttore musicale della celebre Philharmonia Orchestra di Londra. Su quel podio podio ci saltò pensando di non avere nulla da perdere all’età di venticinque anni; voleva solo fare il compositore e studiava direzione d’orchestra nel caso nessuno lo eseguisse.
Gli chiesero seduta stante di sostituire Michael Tilson-Thomas a Londra e dirigere la Terza di Mahler: mai vista la partitura né sentita. Si gettò nel mare sinfonico e riemerse direttore d’orchestra. Salonen-direttore nell’ultimo ventennio è venuto a trovare il compositore, dopo aver scavato autori moderni con autorità pari alla qualità. Lo sentiamo nella raccolta che Sony ha approntato per l’anniversario.
Dalle aspre originalità di Carl Nielsen alle vette neoclassiche di Stravinskij, dalle umbratili magie foniche di Toru Takemitsu alla maestosa vastità sonora delle sinfonie di Witold Lutosławski, dall’apocalisse timbrica del Grand Macabre di György Ligeti alla cristallina dodecafonia di Luigi Dallapiccola, dagli infiniti mondi mistici di Messiaen a quelli altrettanto potenti del coetaneo finnico Magnus Lindberg.
La musica di Salonen, nutrita degli autori che ha eseguito e amato, riflette «l’attuale tendenza a un ampio ventaglio di stimoli, dove il compositore non è solamente inventore di nuove costellazioni uditive, ma anche osservatore culturale che canalizza forme trascendenti. Orchestre gigantesche piegate ad assorbire elementi di musica timbrica, costruttiva e neo-surrealista» (Susanna Vällmäki).
Giovanni Gavazzeni
AA.VV.
Mirages
Sabine Devieilhe, Alexandre Tharaud, Les Siècles, François-Xavier Roth
Erato 1 disco (Warner) 2017
Artistico: ★★★★ Tecnico ★★★★★
Prudentemente, intelligentemente Sabine Devieilhe, che si definisce soprano di coloratura, prende le distanze da parti tipiche come la Regina della Notte o Lucia di Lammermoor. Anzi, mentre si concentra sulla musica francese, dimostra netta predilezione per la camera rispetto alla scena. Certo canta l’aria mirabolante dell’Hamlet di Thomas, «A vos jeux, mes amis»; ma se deve scegliere dell’altro dal repertorio operistico opta per Melisende, l’eroina (o antieroina) di Debussy accessibile anche ai mezzosoprani, e per l’amatissima Lakmé di Delibes.
Su quindici, infatti, sono tre i brani del recital che spettano della deliziosa Lakmé. Gli altri, di carattere spesso esotico, sono di Messager, Delage, Stravinskij, Berlioz e Koechlin, la maggioranza nient’affatto popolare e quindi tale da proporre il disco non solo come presentazione dell’artista ma anche come antologia di rarità. Il fatto è che lo stile francese è purissimo, la tecnica forbitissima, l’esecuzione pulitissima; ma a ridosso di una voce però piccoletta, che sale molto sì ma come una punta che diventa sempre più una puntina quasi inafferrabile.
Ecco dunque perché l’accorta Sabine evita, almeno qui, Mozart, Bellini, Meyerbeer, Donizetti. Ed ecco perché sorte esiti davvero ragguardevoli nei Quatre poèmes hindous di Maurice Delage e nel Voyage di Charles Koechlin: del primo, vissuto fra il 1879 e il 1961, anche le encilopedie tacciono, mentre del secondo, vissuto fra il 1867 e il 1950, citano un mare di composizioni pressoché sconosciute e oggi benvenute pur in veste di effimero miraggio.
Piero Mioli
AA.VV.
Giulini in concerto
Orchestre e interpreti vari, Carlo Maria Giulini
Dg 11 cd (Universal) 1976-1989
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Undici dischi in un cofanetto: da avere per chi ama Giulini; da ascoltare per chi Giulini conosce ancora poco. Ma in entrambi i casi rimane centrale una considerazione: nel 2005 – con la scomparsa del direttore nato in Puglia da genitori con origini lombardo-venete – si è spento un modo unico di fare e pensare la musica, che forse non esiste più. Ovvero il principio di saper rifiutare, del non voler dirigere ciò che non si sente affine. Giulini seppe prendere queste scelte, che nello star system attuale – nell’epoca della sindrome da ipervisibilità – pochi si permetterebbero di emulare.
Altre epoche, e un itinerario preciso nella storia della musica: è quello che si percorre in questi 11 cd, con grandi orchestre e grandi solisti, in una rosa di autori e opere. I Requiem di Verdi e Fauré, tre Concerti per pianoforte di Beethoven (Primo, Terzo e Quinto, con Michelangeli e i Wiener), lo Stabat mater di Rossini, il Deutsche Requiem di Brahms e il Ravel di Pavane e Ma Mere l’Oye, e ancora Chopin, con i due concerti affidati a Zimerman.
Ma è solo parte di un materiale più vasto (le incisioni, alcune delle quali live, sono state realizzate tra la fine degli anni ‘70 e il decennio seguente), tanto nei contenuti che nell’interpretazione, affidato a uno dei direttori d’orchestra che più racchiusero in sé il senso dello spirituale nell’arte, unito a un profondo senso etico. Una ricerca di essenzialità, rigore, rispetto della partitura – Giulini arrivò al podio dopo una lunga carriera da strumentista in orchestra – che si ritrova nelle più diverse, e spesso magnifiche letture che lasciò dietro di sé.
Edoardo Tomaselli
AA.VV.
Yo soy la locura
Aria di Follia
Continuo 1 disco (Milano Dischi) 2016-2017
Artistico: ★★★★ Tecnico ★★★★★
Aria di Follia è un ensemble costituito da quattro musicisti che hanno maturato esperienze multiformi: Theresia Bothe (voce); Simone Colavecchi (chitarra barocca, tiorba); Luigi Polsini (viole da gamba); Paolo Rossetti Murittu (tamburi a cornice, cembali, castagnette e foglie). In questo loro disco, sotto il titolo Yo soy la locura, mutuato da quello di un brano di Henri De Bailly, ascoltiamo pagine di altri undici autori (tra cui anche Monteverdi, Frescobaldi, Merula, Caccini, e Kapsberger), a cui se ne aggiungono due di anonimi sefarditi, tutte legate in varie maniere al tema della follia e alla forma della Ciaccona.
Composizioni che sono esempio e aderente testimonianza del repertorio del gruppo. Centrale è la ricerca dei rapporti che possono aver legato nel passato la musica d’arte del tardo rinascimento e del primo Barocco alla musica popolare coeva.
L’esecuzione si ispira e si allinea chiaramente a un fortunato filone discografico portato ai massimi livelli da un maestro assoluto qual è Jordi Savall (Yo soy la locura fu un cavallo di battaglia di Montserrat Figueras), e già da tanti altri percorso, in cui vige una commistione tra generi, sonorità, e aree d’interesse diverse che in effetti ha fatto un po’ il suo tempo tra le file del pubblico della classica.
Tra percussioni varie, ritmi fantasiosi, e virtuosismi spericolati, a tirare il gruppo è soprattutto la vivace e poliedrica personalità musicale di Theresia Bothe, che innegabilmente sa come “bucare lo schermo”. Saltando repentinamente e acrobaticamente dalla disperazione alla tenerezza, dal dotto al popolare. Ripresa del suono splendida.
Massimo Rolando Zegna
A.A.V.V.
Rafael Kubelík. Complete Recordings on Deutsche Grammophon
Rafael Kubelík, orchestre e interpreti vari
Dg 61 cd (Universal) 1963-1979
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★
Rafael Kubelík (1914-96), succhiò musica dal latte materno. Il celebre padre-violinista Jan, comprese subito il talento del figlio che a 12 anni: «suonava violino e pianoforte, divorava gli spartiti a prima vista e imparava a conoscere l’orchestra».
Dopo l’Occupazione nazista, non volle vivere sotto una nuova tirannide. Fuggì in Inghilterra, lottando a Chicago contro le ristrettezze culturali americane e a Londra con le pastoie della complessa guida del Covent Garden. Trovò la seconda patria musicale a Monaco di Baviera: il suo periodo stabile alla Radio Bavarese (1961-79) è ancora oggi considerato un’età d’oro.
Nella capitale della Baviera furono pienamente valorizzate la carismatica comunicatività, il temperamento leonino, la profonda umanità. E l’apertura del repertorio, che spaziava dagli oratori di Händel all’Edipo tiranno di Orff, passando per le Messe di Haydn, le Sinfonie Beethoven e Schumann, le Ouvertures di Weber, i Gurre-Lieder di Schönberg.
E non dimenticabili gli amati autori “di casa”: Dvořák, Janáček (Missa Glagolitica), l’integrale sinfonico del conterraneo (boemo di Kaliště) Gustav Mahler. Dalla Cecoslovacchia tentarono ogni mezzo per rimpatriarlo (minacce e blandizie). La pratica “dell’agente Mozart” (come la chiamavano i servizi cechi), fu archiviata per l’inscalfibile fermezza dell’interessato. Tornerà a Praga nel ’90, dirigendo una memorabile Mia Patria di Smetana al Rudolfinum e davanti al Municipio, dove 45 anni prima aveva festeggiato le prime libere elezioni.
Giovanni Gavazzeni
AA.VV.
Journey to Mozart
Daniel Hope, Zurich Chamber Orchestra
Dg 1 disco (Universal) 2018
Artistico: ★★★★ Tecnico ★★★★★
Daniel Hope festeggia il suo secondo anno come direttore musicale della Zurich Chamber Orchestra. E sigla questo anniversario con un nuovo disco pubblicato dalla Deutsche. Al centro del disco l’incisione del Concerto per violino e orchestra n. 3 K 216 di Mozart, attorno al quale si dipanano connessioni tra il compositore austriaco e alcuni dei suoi contemporanei.
Lo si potrebbe definire un sistema di influenze incrociate, che si muove su territori nordeuropei: Mozart (di cui si ascolta anche l’Adagio K 261), Haydn (Concerto per violino in sol maggiore); il tedesco Johann Peter Salomon (Romanza per violino e archi); Gluck (la Danza degli spiriti beati da Orfeo e Euridice); infine il cecoslovacco Josef Mysliveček, con il Larghetto dal Concerto per violino in re maggiore.
Un disco originale nella concezione, interessante nel risultato e valido nelle scelte musicali: Hope e la sua orchestra si appoggiano a letture interpretative che tengono conto della lezione filologica, puntando a un suono brillante che regala un eccellente Mozart e un assaggio della musica del suo tempo. E parole di merito sono anche per la lettura del Concerto per violino in sol maggiore di Haydn; si dice sia opera forse non originale. Ma la sua qualità è talmente alta, che il dubbio della paternità scompare davanti all’implicita bellezza della musica.
A chiusura del disco, un’eclettica trascrizione per violino, orchestra e percussioni del Rondò alla turca, suonato come lo si potrebbe aver ascoltato ai tempi di Mozart, passeggiando per le strade di Vienna e imbattendosi all’improvviso in un’orchestrina ambulante, avvolta di fascino ed esotismo.
Edoardo Tomaselli
BRAHMS
Cello Transcriptions
Francesco Dillon, Emanuele Torquati
Brilliant 1 disco (Ducale) 2017
Il fatto che Brahms abbia scritto per il violoncello due splendide Sonate con pianoforte non impedisce di estendere il repertorio ad altre composizioni, come fa qui Francesco Dillon insieme con Emanuele Torquati, approntando un programma molto interessante che, oltre a illuminare la nobile e diffusa prassi della trascrizione, getta luce sull’attività dei concertisti di violoncello nel secondo Ottocento.
Alla Sonata per violino op. 78 seguono una raccolta di Sei Lieder (tra i quali Wie Melodien zieht es mir e il celeberrimo Wiegenlied) e una selezione di nove Danze ungheresi: autori delle tre trascrizioni sono, rispettivamente, Paul Klengel, Norbert Salter e Alfredo Piatti.
Valorizzando con sapienza la voce straordinariamente duttile ed eloquente del violoncello, Francesco Dillon offre interpretazioni di intensa qualità lirica e cantabile, che si apprezzano nondimeno per una sensibilissima ricerca sul timbro e sulle più minute sfumature di dinamiche e articolazione, nel segno di un camerismo raffinato al quale Emanuele Torquati porta un apporto cospicuo e sostanziale per ciò che riguarda non soltanto il dialogo con il violoncello ma anche la resa specifica della parte pianistica.
Le musiche di Brahms sono suonate con una freschezza di approccio complessivo e di singole intenzioni che consente di scoprirne a ogni passaggio nuovi aspetti in un’esperienza d’ascolto emozionante per non dire memorabile, che non conosce pause o momenti di flessione pur attraverso attitudini e generi tra loro molto diversi.
Cesare Fertonani
AA.VV.
Venite amanti
Barbara Zanichelli, Luca Pianca
Stradivarius 1 disco (Milano Dischi) 2017
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Venite amanti è una raccolta di frottole e madrigali del Rinascimento italiano. Mutua il suo titolo da una pagina di Costanzo Festa che si ascolta nel corso di un gradevole programma che annovera anche lavori di Bartolomeo Tromboncino, Giovanni Piero Mantovano, Orlando di Lasso, Jacques Arcadelt, Giorgio Luppato, Marco Cara, Philippe Verdelot (nell’intavolatura di Adrian Willaert) e Francesco Varoter. A loro si aggiunge un brano anonimo.
Gl’interpreti Barbara Zanichelli (soprano) e Luca Pianca (liuto rinascimentale) ripercorrono un arco di tempo di un’ottantina d’anni. Tra i primi, cronologicamente parlando, va ricordato O triumphale diamante di Luppato. Pagina dedicata al duca Ercole I d’Este, ed eseguita nel 1502 in occasione delle nozze di suo figlio Alfonso I con Lucrezia Borgia.
Impossibile non pensare che in quello stesso anno, a Ferrara si stavano per chiudere i lavori del Palazzo dei Diamanti di Biagio Rossetti. Mentre l’ultimo è Allalà pia calìa, una delle moresche vocali (dei divertimenti sotto forma di dialogo ricco di non-sense) di Orlando di Lasso, pubblicate per la prima volta a Parigi, nel 1581. Due estremi che sono testimonianza non solo di generi molto differenti fra loro, ma anche dei notevoli mutamenti di gusto e pratica che visse in quelli anni il mondo musicale della penisola italiana.
Un mondo arricchito da tante espressioni differenti (si pensi all’intensità dell’anonima Lamentazione intitolata Se mai per maraveglia che intona versi di Jacopo Sannazzaro) che la coppia d’interpreti riconduce con gusto e mille sfumature a una dimensione di nobile essenzialità.
Massimo Rolando Zegna
AA.VV.
Alors, on danse?
Trio SR9
Naive 1 disco (Self-Tàlea) 2018
Artistico: ★★★★ Tecnico ★★★★
Quantomeno inusuale il repertorio per marimba, ma qui le marimbe sono ben tre, come i secoli di musiche che si ascoltano nel disco. Da Händel e Forqueray si arriva infatti a Satie e Falla passando per Bach, Scarlatti (Domenico), Rameau, Debussy e Borodin.
Loro – il Trio SR9 – sono tre giovani musicisti francesi, e per una formazione già di di per sé originale hanno cercato e trovato un filo conduttore, quello della danza. Scelgono di rifarsi idealmente ai versi che chiudono l’Elektra di Strauss («Taci e danza… Io il peso sostengo della gioia e per voi danzo. Chi come noi è felice, deve solo tacere e danzare!») dove la danza è intesa nel suo significato di «forza vitale, mistica e simbolica».
Ambienti sonori ed espressivi nello spirito di epoche diverse, con il singolare impasto timbrico offerto dalla combinazione di tre marimbe: con esiti artistici particolarmente azzeccati nelle scelte del repertorio barocco. Il Bach della Giga dalla Suite Francese BWV 816, come l’Allemande dalla Suite per tre viole di Forqueray che apre il disco: un esemplare contrappunto di ritmica e legno che diviene suono.
Le linee pulite del ‘700 si amalgamano nella mescola della marimbe, che nelle trascrizioni otto-novecentesche affrontano invece cammini più arditi e inediti nel risultato: la Tarantelle Styrienne di Debussy è una delle più interessanti riletture, mentre espressamente dedicato al trio è Narnchygaäer del compositore François Tashdjian (1974), in cui un diavolo a tre teste porta le sue vittime a danzare fino allo sfinimento.
Edoardo Tomaselli
BEETHOVEN
Symphony 8 & Concerto for piano after the Violin Concert
Gottlieb Wallisch, Orchester Wiener Akademie, Martin Haselböck
Alpha 1 disco (Self-Tàlea) 2017
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Resound Beethoven prevede la registrazione – con strumenti d’epoca – delle nove Sinfonie del compositore tedesco nei teatri e nelle sale in cui furono presentate per la prima volta (quattro su sei esistono ancora), o, quando ciò non possibile, in altri spazi dove furono interpretate vivente l’autore.
Con il suo procedere, il progetto discografico è venuto ad accogliere anche altre composizioni beethoveniane che esulano dal ciclo sinfonico, per poter proporre, in alcuni casi, l’intero programma musicale del concerto che vide nascere il capolavoro di turno, o comunque partiture del tedesco poco conosciute e incise.
Adesso giunge la Sinfonia n. 8 affiancata dall’arrangiamento per pianoforte e orchestra (op. 61a) del Concerto per violino e orchestra op. 61, realizzato dallo stesso Beethoven su invito di Muzio Clementi nel 1807. Il luogo in cui è avvenuta la registrazione è quello che accolse la seconda esecuzione della Sinfonia n. 8: la Sala delle cerimonie dell’Accademia Austriaca delle Scienze di Vienna, ovvero la vecchia Università.
Il luogo sembra quasi indirizzare Haselböck verso delle esecuzioni di taglio aulico, interessante se attivato sulla n. 8, forse più usuale nel caso del Concerto (oltre 21 minuti il solo primo movimento, e qualcosa vorrà pur dire), in cui spicca una lunga cadenza (nuova rispetto alla versione per violino) in cui il fortepiano di Gottlieb Wallisch (un esemplare originale viennese del 1825 circa, di Franz Bayer) intraprende un bizzarro – e geniale – dialogo con il timpano.
Massimo Rolando Zegna
BERNSTEIN
Leonard Bernstein e interpreti vari
Dg 1 disco (Universal) 1984-1992
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Nel quadro del centenario della nascita, le iniziative discografiche per celebrare Leonard Bernstein nel 2018 si susseguono. E a ragione, perché Bernstein è stato un gigante della musica del secondo Novecento; e certo non soltanto come straordinario direttore d’orchestra, organizzatore e divulgatore (a tale proposito basterebbe citare il catalogo di incisioni realizzato con la New York Philharmonic per Cbs o le sue trasmissioni televisive).
Vero è però che la sua reale importanza come compositore è stata a lungo dibattuta. Anzi, è tuttora controversa, a eccezione del musical dove Bernstein ha lasciato un segno indiscutibile. Qui si ascoltano alcuni dei brani più giustamente celebri di tre capolavori per Broadway come West Side Story, On the Town e Candide, che rammentano, tra l’altro, le qualità di Bernstein quale autore di melodie memorabili e di situazioni assolutamente iconiche dal punto di vista teatrale.
Le antologie da West Side Story e Candide sono dirette dallo stesso Bernstein, quella di On the Town dall’amico Michael Tilson Thomas e sono dunque tratte da registrazioni di riferimento. Impressionante è la sfilata di star vocali, da Marilyn Horne, Kiri Te Kanawa, Thomas Hampson e José Carreras a Frederica von Stade, June Anderson, Christa Ludwig, Nicolai Gedda. E semplicemente formidabili sono l’energia drammaturgica e lo slancio musicale che si respirano in ogni momento da questi estratti che appartengono di diritto alla storia del teatro musicale del secolo scorso.
Cesare Fertonani
BERNSTEIN
Mass
The Philadelphia Orchestra, Yannick Nézet-Séguin
Dg 2 cd (Universal) 2018
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Non ci si lasci ingannare dall’evocazione, Mass più che un’opera sacra costituisce a tutti gli effetti una pièce teatrale per cantanti, musicisti e ballerini. Eseguita per la prima volta nel 1971 in occasione dell’inaugurazione del John F. Kennedy Center for Performing Arts di Washington e composta da Leonard Bernstein su commissione di Jaqueline Kennedy Onassis, rappresenta la rivisitazione spettacolarizzata della Santa Messa, una sorta di musical in lingua inglese e latina.
A proporre queste complesse ed esuberanti pagine, per l’etichetta Deutsche Grammophon, la Philadelphia Orchestra guidata dal direttore di origine canadese Nézet- Séguin. Alla sequenza liturgica del rito di matrice cattolico romana (Kyrie, Credo, Sanctus/Benedictus e Agnus Dei) si uniscono atmosfere e ritmi rubati a generi come rock, gospel, jazz e pop. Infatti, in termini di contaminazioni così si pronunciò a riguardo il New York Times: «Bernstein non lasciò nulla di se stesso fuori da “Mass”».
Si tratta della più eclettica e controversa partitura di Bernstein che in questa nuova esecuzione, registrata nel 2015 al Kimmel Center for Performing Arts, Verizon Hall di Philadelphia, è perfettamente resa con attenzione ai dettagli e fedeltà alla scrittura e ai desiderata dell’autore. Le voci si muovono con estrema duttilità tra i caratteri sapientemente combinati in questa creazione di grande inventiva, così come degni di nota appaiono gli equilibri sonori nell’esecuzione della compagine orchestrale statunitense.
Luisa Sclocchis
GIULIANI
Opere solistiche per voce e chitarra
Rossana Bertini, Davide Ficco
Tactus 1 disco (Egea) 2018
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Ci è voluto circa un secolo e mezzo perché la grandezza di Mauro Giuliani (1781–1829) venisse finalmente riconosciuta. Oggi la sua musica è suonata dappertutto e i cd a lui dedicati sono ormai innumerevoli. Ma questo disco si distingue dagli altri per alcune coraggiose scelte interpretative nelle opere solistiche eseguite dal chitarrista Davide Ficco.
Nel disco però vi sono anche delle bellissime pagine che Giuliani dedicò alla vocalità. Ecco così la Romance op. 27, le Variazioni op. 29 su «Di tanti palpiti» dal Tancredi rossiniano, le Sei Cavatine op. 39 e le Sei Ariette op. 95. Bravissima la cantante Rossana Bertini – una vera specialista della musica antica – che con profonda sensibilità e grande proprietà stilistica riesce a rendere le più diverse screziature affettive di questi brani, unitamente a una tecnica, un’intonazione e una raffinatezza di eccellenza assolute.
Davide Ficco si cimenta invece con tre capolavori per chitarra sola: la Grande Ouverture op. 61, le Variations sur un Theme de G. F. Handel op. 107 e la Gran Sonata Eroica op. 150. Veramente spettacolare è il virtuosismo che il chitarrista torinese sfoggia in queste composizioni, celeberrime nel mondo della chitarra.
La vera novità consiste nelle non poche varianti introdotte sul testo nelle ripetizioni di variazioni e ritornelli. Forse i filologi e i puristi non saranno molto d’accordo su questo (non senza valide ragioni), ma il risultato è oltremodo interessante e permette a Ficco di dimostrare tue le sue notevoli capacità istrioniche, la tecnica brillantissima e le grandi qualità artistico-musicali. Da non perdere.
Marco Riboni
TAKEMITSU
Complete Music for Solo Guitar
Andrea Dieci
Brilliant 1 disco (Ducale) 2018
Toru Takemitsu (1930-1996) è stato il più famoso compositore giapponese. Musicista dotato e versatile, ha lasciato una produzione vasta e comprendente quasi tutti i generi della musica colta. Una volta identificata in Takemitsu la mirabile fusione fra cultura tradizionale giapponese e modernità del linguaggio occidentale, è pressoché impossibile sintetizzare in poche righe la ricchezza di inventiva, stili e linguaggi impiegati.
Per chitarra, che amava particolarmente, ha lasciato un catalogo significativo, con molti contributi al repertorio solistico. Ecco così Folios (1974, con raffinate citazione bachiane), 12 Songs e The Last Waltz (1977 e 1983, arrangiamenti di brani preesistenti), All in Twilight (1987, ispirato al dipinto di Paul Klee), A Piece for Guitar (1991, un omaggio al compleanno di Bussotti), Equinox (1993, da un quadro di Juan Miró) e In the Woods (1995, che Takemitsu non fece in tempo ad ascoltare).
Andrea Dieci aveva già inciso l’integrale di Takemitsu diversi anni fa (2004); ma evidentemente la sua spiccata sensibilità nonché l’esperienza accumulata nelle numerose esecuzioni pubbliche di queste opere lo ha portato a rivedere le sue scelte interpretative, rifacendo tutto ex novo. Operazione quanto mai ammirevole vista l’impervia difficoltà di questo repertorio, accessibile solo a pochi interpreti.
La splendida presa di suono, la meravigliosa chitarra Hermann Hauser del 1939 (che fu di Segovia), la profonda e impressionante lettura di Dieci: tutto contribuisce alla eccellenza di questa registrazione, destinata a diventare un punto di riferimento ineludibile.
Marco Riboni
KAPUSTIN
Complete music for cello and piano
Duo Perfetto
Brilliant 1 disco (Ducale) 2017
Artistico: ★★★★ Tecnico ★★★★
Primo premio del Tim, Torneo Internazionale di Musica, nel 2016, il Duo Perfetto è composto dalla pianista di origine napoletana Clorinda Perfetto e dal violoncellista tedesco Robert Witt. Il loro repertorio spazia tra generi muovendo da pagine squisitamente classiche a brani più innovativi e di chiara influenza jazz. Questo disco, edito dall’etichetta Brilliant, è dedicato alla musica per violoncello e pianoforte composta dal pianista e compositore di origine ucraina Nicolai Kapustin. Pagine brillanti e talvolta funamboliche che evidenziano la duttilità dei due esecutori, il loro comune sentire e la loro intesa; a tutti gli effetti “due corpi e un’anima”.
La musica di Kapustin, meno conosciuta in Italia e negli altri paesi europei, etichettata come crossover, unisce la struttura formale classica alle influenze rubate al linguaggio jazzistico: «dello stile jazz amo il colore ma non le forme, per questo adotto quelle di tradizione classica», l’autore affermava.
«Io non sono mai stato un musicista jazz. Non ho mai cercato di essere un vero pianista jazz, ma lo sono diventato grazie alle mie composizioni. Non sono interessato all’improvvisazione e, cos’è la musica jazz senza improvvisazione? Tutte le mie improvvisazioni sono scritte normalmente e sono scritte elaborandole al meglio», così si pronunciava riguardo alle proprie scelte compositive. L’esecuzione del Duo Perfetto valorizza con grande efficacia la spontaneità e il carattere di un musicista classico che suona secondo canoni di melodia e armonia jazzistica.
Luisa Sclocchis
MOZART
Mozart Arias
Regula Mühlemann, Kammerorchester Basel, Umberto Benedetti Michelangeli
Sony 1 disco (Sony) 2016
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Stando a questo recital e ben conoscendo i capricci del futuro, Regula Mühlemann è la perfetta erede di Edita Gruberova. Ed è giovane certamente se a Salisburgo ha esordito nel 2012 (l’anno di nascita tace nelle note di copertina). Della grande belcantista slovacca la signorina svizzera ha l’estensione, la musicalità, la disciplina formidabile. Risaltano egregiamente in un programma mozartiano assai più da concerto che da scena, camera o chiesa. Vi brilla un’aria classica come «Vorrei spiegarvi, oh Dio», contornata da «Schon lacht der holde Frühling», «Voi avete un cor fedele», «Exultate, jubilate» e via dicendo.
Nell’acuto e nel sovracuto la voce squilla sicura ma anche morbida, e negli altri registri non perde un grammo della sua dirittura e linearità: mai disagiata da cambi di registro, esemplare nel legato e nella coloratura, fresca e timbrata, è di calibro lirico-leggero ma giammai asprigna o anche solo pungente.
I pochi casi di recitativo sono meglio cantati che declamati e il pur bel colore non raggiunge il caleidoscopio armonico della Gruberova, ma non importa. Importa, piuttosto, che una figura vocale del genere possa attaccare Die Zauberflöte da due parti: come impavida Regina della Notte e come delicata Pamina; e anche che sia pronta per la Constanze della Entführung aus dem Serail o per la Adele della Fledermaus.
Piero Mioli
PÄRT
The Symphonies
Nfm Wrocław Philharmonic, Tõnu Kaljuste
Ecm 1 disco (Ducale) 2015-2016
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Dei compositori contemporanei Arvo Pärt è tra quelli che non hanno considerato la Sinfonia come un genere ormai irrimediabilmente superato perché legato a un modello di tradizione identificabile nel tracciato storico da Haydn a Mahler, con le appendici ed estensioni novecentesche di Prokof’ev, Stravinskij e, soprattutto, Šostakovič.
Del resto il tradizionalismo – inteso come possibilità di riconoscersi in un archetipo di coordinate linguistiche e formali solidamente storicizzate – è divenuto ben presto un segno distintivo della produzione di Pärt, che ha sin qui composto quattro sinfonie. La Prima (Polifonica) è del 1964, la Seconda del 1966, la Terza del 1971 e infine la Quarta “Los Angeles” risale al 2008.
Nei decenni cambiano, seppure soltanto nei dettagli, i presupposti stilistici della musica, non muta la predilezione di Pärt per una scansione in due o in tre movimenti e per l’intonazione spirituale e misticheggiante che certo caratterizza l’intera produzione del compositore ma che nella Quarta Sinfonia “Los Angeles”, dove il riferimento alla città degli angeli s’intreccia con un programma basato sulle preghiere all’angelo custode della chiesa ortodossa, trova un ideale compimento.
Esemplari le interpretazioni della Nfm Wrocław Philharmonic diretta da Tõnu Kaljuste, che mostra un’affinità profonda con la poetica e il mondo espressivo della musica del suo illustre compatriota estone per lavorarne le limpide trame sonore con l’accuratezza di attenzioni che si dedica ai grandi classici.
Cesare Fertonani
RACHMANINOV
L’opera integrale per pianoforte solo
Sergio Fiorentino
Amn 6 cd 1987
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★
Nella Napoli descritta da Curzio Malaparte nella Pelle, un ufficiale americano musicofilo portò al pianista Sergio Fiorentino i dischi che Sergej Rachmaninov aveva inciso in America. Il compositore russo, impressionò il giovane pianista napoletano: non era un epigono ma un «precursore. Senza sentimentalismi. Respirava in modo aristocratico, nobile. E sempre con un suono pieno, dove ogni nota aveva un senso e un obiettivo».
Quanto Fiorentino dice del compositore-pianista è la stessa sensazione che si ricava ascoltando la formidabile integrale pianistica di Rachmaninov realizzata per l’Accademia Musicale Napoletana in quattro serate (dal 11 al 29 settembre 1987). Gli interpreti come Fiorentino sanno trasformare pezzi che non stanno in piedi come se li sentissimo per la prima volta. Destinato a una carriera fra i massimi, Fiorentino preferì studiare i suoi autori nella quiete della casa al Vomero. Restituì agli allievi del Conservatorio di San Pietro a Majella quanto aveva appreso alla grande scuola pianistica napoletana che risaliva, attraverso il suo maestro Luigi Finizio, a leggendari docenti come Florestano Rossomandi e Beniamino Cesi.
«Senza obblighi di carriera e lontano dai clamori», ricorda Massimo Fargnoli, ideatore di quest’omaggio luminoso e dei concerti, Fiorentino «ha coltivato l’intima convinzione che un’eccelsa maestria forse si potesse preservare solo attraverso uno scavo profondo, restituendo senza infingimenti all’arte musicale la pienezza della sua necessità».
Giovanni Gavazzeni
SCHUBERT
Oktett
Isabelle Faust e altri interpreti
Harmonia Mundi 1 disco (Self-Tàlea) 2017
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
In una lettera del 1824 Schubert diceva di volersi spianare «la via verso la grande Sinfonia» grazie ad alcune composizioni cameristiche tra le quali i due Quartetti per archi D 804 e D 810 e l’Ottetto D 803. Quest’ultimo è molto particolare per l’organico e la proiezione paraorchestrale della scrittura cameristica che pure resta il modello di riferimento dell’invenzione e della stessa elaborazione musicale di Schubert.
L’ambizione nei confronti della grande forma è palese nell’ampio respiro, oltre che nell’articolazione interna, della partitura che conta ben sei movimenti e si estende per oltre un’ora di durata. Questa edizione con strumenti antichi vede protagonisti Isabelle Faust al I violino con Anne Katharina Schreiber al II violino, Danusha Waskiewicz alla viola, Kristin von der Gotz al violoncello, James Munro al contrabbasso, Lorenzo Coppola al clarinetto, Teunis van der Zwart al corno e Javier Zafra al fagotto.
Ed è un’edizione memorabile per la qualità della cifra interpretativa che si coglie in ogni aspetto della resa esecutiva. Dalla sensibilità, vivida e inquieta, per il suono, all’accuratezza della pronuncia, dell’articolazione e del fraseggio. Dalla persuasività nella trasparenza delle tessiture strumentali alla forte sottolineatura dell’essenza profondamente lirica e affettuosa della musica di Schubert che in breve appare qui restituita non soltanto nella sua ammaliante bellezza ma pure nella sua folgorante carica di originalità e innovazione propriamente romantica.
Cesare Fertonani
SKRJABIN
Symphony No. 2 Op. 29, Piano Concerto Op. 20
Kirill Gerstein, Oslo Philharmonic Orchestra, Vasily Petrenko
Lawo 1 disco (New Arts International) 2017
Artistico: ★★★★ Tecnico ★★★★
Skrjabin fu musicista singolare e geniale, con intuizioni spesso fuori dai canoni consueti, e talvolta persino contradditorie. Probabilmente, proprio in ragione di queste connotazioni, il compositore russo esercitò un’incisiva influenza sullo sviluppo della musica europea del primo Novecento.
A differenza di quasi tutti i suoi colleghi della scuola russa, Skrjabin si estraniò totalmente delle influenze della musica nazionale. Seguì la scia di Chopin e Liszt nel tentativo di evadere dal processo di decomposizione del romanticismo europeo, portandone alle estreme conseguenze le contrazioni armoniche e soprattutto i cromatismi timbrici. In questo fu molto vicino a un altro musicista a cavallo tra secolo diciottesimo e diciannovesimo come Debussy. Tutto ciò utilizzando soprattutto uno strumento poliedrico e completo come il pianoforte. Questo interessante disco ci propone un’emblematica esemplificazione di ciò: il Concerto per pianoforte op. 20, dove le evocazioni chopiniane convivono con certe tecniche anticipatorie della scuola seriale.
Prima di questa partitura, nel disco si ascolta la sontuosa Sinfonia n. 2 op. 29, in cinque movimenti (altro parametro che indica l’impegno creativo di evadere dalle impalcature classiche). Rivela un sinfonismo per certi versi innovativo. Il sempre più emergente direttore d’orchestra Vasily Petrenko è alla guida della Oslo Philarmonic Orchestra, che è garanzia di alta fedeltà esecutiva e interpretativa, unitamente al solido e convincente pianismo di Kirill Gerstein.
Antonio Brena
VIVALDI
Concerti per archi III e Concerti per viola d’amore
Alessandro Tampieri, Accademia Bizantina, Ottavio Dantone
Naïve 2 cd (Self-Tàlea) 2017
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Un colossale esercizio di stile»: così Ottavio Dantone definisce nella sua globalità l’impresa artistica di Antonio Vivaldi.
«Non sono tanto i tratti apparentemente ripetitivi che balzano all’occhio; bensì la facoltà di rendere la sua musica popolare e riconoscibile a tutti».
Un risultato importante, a cui senza dubbio alcuno contribuì la possibilità di poter agire presso l’Ospedale veneziano della Pietà. Nell’istituto di carità, veniva insegnata la musica ad altissimi livelli, praticando ogni tipo di strumento noto o inusuale. Ma anche grazie un abilissimo uso della comunicazione retorica «frutto di connessioni e attinenze con ritmi e stilemi popolari autoctoni, forestieri o anche esotici presenti in una città come Venezia, all’epoca autentico e conclamato crocevia culturale, commerciale e turistico».
Proprio quest’ultimo sembra essere il punto maggiormente caratterizzante di questa bella incisione vivaldiana – parte della Vivaldi Edition pubblicata da Naïve – che Dantone e l’Accademia Bizantina hanno dedicato ai Concerti per archi (vol. 3, ovvero RV 109, 117, 118, 126, 138, 142, 145, 152, 155, 161, 163, 165, 167) e ai Concerti per viola d’amore (RV 393-397, Alessandro Tampieri solista).
I secondi si presentano come un corpus anomalo in cui regnano la dolcezza e la suadenza, assieme a suggestioni orientaleggianti I primi, invece, sotto la bacchetta di Dantone si trasformano in brevi saporose narrazioni, in fulminanti miniature musicali, a volte portatrici di ritmi di danza o di echi di culture lontane (come nell’RV 163 “Conca”).
Massimo Rolando Zegna
AA.VV.
Pas de deux
McRae, Osipova, Nuñez, Bonelli, Royal Ballet, Orchestra of the Royal Opera House; Petipa, Ashton, MacMillan, Wheeldon; McGregor coreografie, registi vari
Opus Arte 1 dvd (Ducale) 2006-2015
Artistico: ★★★★★ Tecnico ★★★★★
Provocava fanatismi, suscitava divismi: il pas de deux era il momento più atteso dai ballettomani; il punto di forza della performance, quando Petipa componeva i suoi capolavori coreografici. E lo è ancora, con aspettative diversificate, per le platee di tutto il mondo. Tópos in danza dell’incontro dei due corpi, femminile e maschile, il pas de deux è capace oggi di rappresentare culture altre e veicolare significazioni nuove, accogliendo miti e simboli; espressione dell’eterno gioco d’amore e morte, della reiterata ricerca di un’unità tra opposti; poesia agita nella metaforicità della plastica in movimento, narrativa o astratta.
Il dvd prodotto dal Royal Ballet è dedicato alla tradizione ballettistica anglosassone e alle sue radici russe. Propone una rassegna di indimenticabili pas de deux tratti dal repertorio del prestigioso teatro londinese, e ne celebra le meritate fortune attraverso i suoi artisti del passato e del presente.
Doveroso quindi il tributo alle celebri opere di Petipa, e ad Ashton, fondatore della coreografia novecentesca inglese; ampio spazio è riservato alle tinte forti e moderne del neoclassicismo di MacMillan; mentre, appartenenti alla generazione successiva, Christopher Wheeldon e Wayne McGregor concludono cronologicamente il quadro. Intense le interpretazioni di Alina Cojocaru in Giselle, e di Marianela Nuñez in Odette e in Concerto.
Ida Zicari