Dal 20 al 27 marzo, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, va in scena La clemenza di Tito (allestimento dell’Opéra National de Paris), opera seria composta appositamente da Mozart per celebrare l’incoronazione di Leopoldo II d’Asburgo a re di Boemia avvenuta il 15 novembre 1790 a Presburgo. Maestro concertatore Federico Maria Sardelli, al tavolo di regia Willy Decker; nel ruolo di Tito Vespasiano Antonio Poli, tenore che sin dal suo primo debutto (Il Re pastore) ha un rapporto privilegiato col genio di Salisburgo. Gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di lui e dei suoi prossimi impegni…
Come è nata la passione per il canto?
«Mi fanno spesso questa domanda. Beh, credo che il canto sia stato sempre lì, dentro di me. I miei nonni amavano la musica. In particolare mio nonno materno, che non ho mai conosciuto, adorava la lirica e sognava che mia madre diventasse un soprano. A lei non piaceva l’opera e quindi finì lì. Mia nonna materna cantava sempre, ogni volta che la andavo a trovare cantavamo insieme. Insomma è qualcosa che ho nel sangue e che mi è stato trasmesso dalla mia famiglia, e quindi appena ho avuto l’occasione di avvicinarmi a questa arte, la scintilla è scoccata fin da subito. Avevo 9 anni».
Cosa ricorda del suo debutto? Dove si trovava? Quale ruolo?
«Il mio primissimo debutto è stato con Il Re pastore di Mozart, con l’Opera Studio dell’Accademia di Santa Cecilia. Il debutto importante è stato con il Don Giovanni di Mozart all’Opera di Graz, nel 2010, e l’anno successivo in Italia alla Fenice di Venezia, sempre nel ruolo di Don Ottavio».
Ha lavorato con grandi direttori e registi: un aneddoto che ricorda con gioia e affetto?
«Ho lavorato molto con il Maestro Muti dal quale ho imparato tanto e al quale devo molto. Ricordo che in una recita de I due Figaro di Mercadante, dove interpretavo il ruolo del conte, una sera, senza avvertire il Maestro, eseguii una variazione sul si bemolle. Lui rimase sorpreso e guardò subito la sua assistente. Pensai: “oddio cosa ho fatto? la mia carriera è finita”. Mi fece chiamare, fece uscire tutti, e austero mi fece sedere in silenzio, e dal nulla cominciò, sorridente, a raccontarmi una barzelletta. Penso possiate immaginare cosa provai gli istanti prima di capire che il Maestro mi aveva fatto uno scherzo. Mi auguro tanto di rivederlo presto».
A quale ruolo è più legato?
«Sicuramente Alfredo ne La traviata, il ruolo che ho cantato di più e nel quale mi sento più a mio agio».
Quale ruolo che non ha ancora interpretato sogna di debuttare?
«Direi Rodolfo di Bohème e Riccardo di Un ballo in maschera.
Un direttore o un regista con cui non ha ancora lavorato e che vorrebbe incontrare in una prossima produzione?
«Ho lavorato con tanti famosi direttori e registi e di questo sono felice e molto orgoglioso. Qui a Firenze, con La Clemenza di Tito con la quale debutto il ruolo del titolo, sto coronando il mio sogno di lavorare con Willy Decker, del quale apprezzai tantissimo la produzione di Traviata. Oggi mi piacerebbe molto lavorare con i direttori Daniele Gatti, Riccardo Chailly, Daniel Barenboim e Michael Petrenko. Tra i registi, Davide Livermore e Daniel Mc Vicar. E i giovani talentuosi italiani, ma anche tornare a lavorare con Damiano Michieletto e Robert Carsen sarebbe fantastico».
Prossimi impegni?
«Dopo il debutto come Tito al Maggio Musicale Fiorentino, canterò nel Requiem di Verdi al Duomo di Orvieto e al Teatro Verdi di Salerno con l’Orchestra e il Coro del Teatro San Carlo diretti da Juraj Valčuha, che andrà in onda su Rai 1 il 19 Aprile, Edgardo nella Lucia di Lammermoor all’Opera di Graz (felice di ritornarci dopo il mio lontano debutto), nuovamente il Requiem di Verdi alla Concert Hall di Dublino diretto da Michele Mariotti e poi finalmente tornerò a cantare il mio amato Alfredo al Festival di Brema in una Traviata in forma di concerto che verrà registrata e incisa da Sony. E a fine anno, sarò Alfredo anche al San Carlo di Napoli».
Cosa fa nel tempo libero? Quali sono le passioni oltre la musica?
«Amo molto leggere, meditare, visitare i luoghi magici delle città in cui mi trovo, ma soprattutto amo tornare a casa mia, in collina a Viterbo e godermi i miei affetti. Tornare “a casa”, godersi le persone che abbiamo scelto di avere accanto e con cui condividere la nostra quotidianità, credo sia una delle cose più importanti per noi che giriamo il mondo vivendo soprattutto nei teatri d’opera».