Rispettivamente Direttore Musicale e Primo Violoncello Solista dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la collaborazione tra Sir Antonio Pappano e Luigi Piovano non si ferma alle attività dell’Orchestra. Anzi, la loro collaborazione nasce proprio come cameristi e si è poi sviluppata negli anni fino a giungere in questo 2020 al lancio del loro primo disco insieme, con le due Sonate di Brahms e le Romanze di Martucci per l’etichetta Arcana. Abbiamo modo di incontrare Pappano e Piovano nel camerino dell’Auditorium Pollini di Padova, poco prima del loro concerto per la rassegna Musikè. Il pianoforte suonato da Pappano, che mai ha abbandonato il suo strumento d’elezione, era un grancoda Steinway & Sons donato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo alla città.
L’occasione di questa vostra piccola tournée segue il lancio del vostro primo disco insieme. Come nasce il progetto?
Luigi Piovano: «Il progetto delle due Sonate di Brahms parte da lontano: le abbiamo suonate moltissime volte, sia in Italia che all’estero. In concomitanza con l’uscita della nostra prima incisione abbiamo però deciso di non portare in concerto la semplice riproposizione del repertorio del disco, ma piuttosto di mettere in seconda parte un ipotetico prossimo progetto. Il Maestro Pappano mi aveva accennato alla Sonata di Rachmaninov, che per me è al debutto, e così abbiamo fatto. Un altro sogno realizzato con lui!».
La vostra collaborazione non si ferma al duo, essendo Direttore Musicale e Primo Violoncello a Santa Cecilia. In che modo questa attività cameristica influenza il vostro rapporto in orchestra?
Antonio Pappano: «Secondo me il nostro rapporto è ancora nel pieno sviluppo. Ad esempio, questa settimana Gigi sarà solista in un concerto sinfonico con l’Accademia, per la prima volta! In questi anni abbiamo potuto fare tantissima musica, in orchestra ma anche in formazione cameristica (anche se la mia agenda non mi permette di fare più di tre, quattro concerti al massimo). Ci siamo cimentati con le Sonate di Brahms, Beethoven, Debussy, Proko’iev, Ŝostakovič… A poco a poco il nostro repertorio insieme si sviluppa sempre più e noi diventiamo sempre più un duo. Quando mi siedo al pianoforte, infatti, io e Gigi siamo pari, non c’è il direttore e il professore d’orchestra: è uno scambio, un continuare a suonare e scoprire insieme. Per noi è stato molto affascinante uscire dall’ambiente austro-tedesco con la Sonata di Rachmaninov, perché ci permette più margine di flessibilità ritmica, di rubato, un approccio diverso alla musica e dunque è un’occasione importante per la nostra crescita.
LP: «La musica da camera sta proprio all’origine del nostro rapporto, essendoci conosciuti tanti anni fa suonando l’op. 8 di Brahms con Sitkovetsky. Poi arrivò a Santa Cecilia, ma il nostro rapporto per me fu sempre molto chiaro. A parte che per educazione e formazione so bene quale sia il mio ruolo in orchestra (ho iniziato a fare il primo violoncello a 13 anni!), anche quando facciamo musica da camera c’è da parte mia un enorme rispetto per un musicista come Antonio Pappano, per la sua conoscenza non solo del repertorio sinfonico, ma anche dell’opera, della musica da camera e di tutto ciò che vi sta intorno, la letteratura, le lingue. Per me è fondamentale, perché puoi avere una tua idea musicale, ma quando la condividi con un musicista così devi avere l’intelligenza e l’umiltà di starlo ad ascoltare. E questo ovviamente non solo nella musica da camera, ma anche nel Concerto di Saint-Saëns che faremo in Accademia. L’avrò suonato una cinquantina di volte quel Concerto, ma sarà comunque un rimettere tutto in discussione, anche grazie a ciò che abbiamo imparato facendo Rachmaninov insieme».
Un’altra caratteristica che vi accomuna è quella di avere entrambi esperienza sia come strumentisti che come direttori d’orchestra. Come si influenzano i due ambiti?
AP: «Non c’è niente da fare, io sono nato con il pianoforte: qui stanno le mie radici. Per me è l’unico modo di poter creare il suono io stesso e non dire agli altri come farlo. Qui non è solo l’orecchio, ma le mani, il cervello, tutto l’aspetto fisico diventano molto più diretti, più materiali. E questo mi fa molto, molto bene, anche come direttore. Poi, essendo abituato ad una tavolozza molto più vasta in orchestra, nel mio orecchio interiore vi è tutta una seria di suoni e colori che naturalmente cerco di avvicinare al pianoforte. Ma le due cose si rapportano a vicenda: quando mi siedo al pianoforte penso come un direttore e quando dirigo, per certi aspetti, penso come un pianista! Bisogna saper prendere da entrambi il positivo, perché alla fine io sono una persona sola, sono sempre io, che salga sul podio o che mi sieda al pianoforte sono sempre Antonio Pappano e uso tutte le armi a mia disposizione per far musica, a prescindere. Poi, chiaro, al pianoforte hai il contatto con lo strumento, però anche quando dirigi devi immaginare che l’aria che batti sia una cosa che tu stesso formi, che sia solida, malleabile».
LP: «È difficile parlare dopo questa risposta! Io sono strumentista da tanto tempo e non ho certo l’esperienza del Maestro Pappano come direttore, ma da subito ho avuto una forte connessione con la musica sinfonica e mi sono concentrato su quello. Chi mi ha aperto la testa, poi, è stata proprio l’Accademia. Pur avendo sempre analizzato quartetti d’archi (mio padre mi faceva analizzare Bartók e Šostakovič quando non avevo neanche 15 anni), alla fine la scintilla per la direzione è arrivata nel lavoro con Santa Cecilia. Sai, quando hai a che fare con musicisti come Chung, Sawallisch, Giulini, Gatti, Temirkanov, Bychkov, Prêtre e tanti altri, devi davvero essere sordo, cieco e muto per non essere rapito da queste personalità. È stato lavorando con loro che ho iniziato a studiarmi la partitura, ad essere più consapevole di ciò che mi circondava. Ovviamente poi la differenza sostanziale per me è che quando suono il mio strumento sono io padrone, mentre quando sei direttore no, devi interagire con musicalità anche diverse dalla tua, ma penso che le due esperienze traggano davvero linfa vitale l’una dall’altra».
Info: outhere-music.com/fr/albums/brahms
Alessandro Tommasi
photo © Musacchio Ianniello & Pasqualini