Il lavoro di ricerca di Silvia Colasanti dedicato alla mitologia classica prosegue con esiti interessanti. Dopo aver raccontato in musica Minotauro e Proserpine, la compositrice completa la trilogia con Arianna, Fedra, Didone, il nuovo lavoro commissionato e prodotto dal 63mo Spoleto Festival dei 2Mondi diretto da Giorgio Ferrara che andrà in scena in prima assoluta il 22 agosto 2020. Interpreti Isabella Ferrari, che darà voce alle tre protagoniste e l’Orchestra Giovanile Italiana diretta da Roberto Abbado con l’International Opera Choir diretto da Gea Garatti.
Per conoscere più in dettaglio l’opera, prima della sua presentazione al pubblico, abbiamo avuto una conversazione con l’autrice che ci ha raccontato genesi e caratteristiche musicali della sua nuova composizione.
«I primi due lavori di questa trilogia legata al Mito classico», racconta Silvia Colasanti, «sono opere liriche in senso stretto. Quest’anno il desiderio mio e anche di Giorgio Ferrara era quello di utilizzare una forma diversa di teatro musicale, motivo per cui la scelta è caduta sulla forma del monodramma. Io sono un’appassionata di letteratura e di mitologia. Le Eroidi di Ovidio hanno sempre destato in me molta curiosità e già da tempo pensavo di attingervi idee per un lavoro di teatro musicale. In occasione di questa commissione mi sono tornate in mente le lettere immaginarie di Ovidio legate dalla tematica dell’amore; lettere scritte da donne all’uomo che le ha abbandonate o che desiderano sedurre».
Le figure mitologiche tratte dalle Epistulae Heroidum e scelte dalla compositrice sono tre donne unite da un destino di coraggio e di solitudine, raccontate in tre monodrammi per attrice, coro femminile e orchestra.
In Arianna e Didone – spiega la compositrice – abbiamo la presenza sia dell’attrice che del coro di donne, mentre in Fedra c’è solo l’attrice con l’orchestra. Pur essendo tre donne diverse, ciascuna col suo carattere, con la sua storia, le protagoniste disegnano un affresco del mondo femminile nel quale si riconosce un forte tratto di passionalità, di tenacia nel desiderio di vivere con intensità e al contempo di fragilità. Da questo affresco emerge l’universalità del Mito nel quale ci riconosciamo con immediatezza in quanto questi sono testi che ci parlano ancora».
Storie senza tempo, dunque, e in quanto tali, speculari all’universo femminile contemporaneo. «Un aspetto molto bello di questo testo è la scelta innovativa del poeta latino sia nell’uso della forma epistolare sia nel dare voce alle donne attraverso il mito e nel quadro tutto al femminile delineato dal testo, l’eroe maschile, così come ce l’ha tramandato il mito fino a Ovidio, non ne esce molto bene», prosegue Silvia Colasanti – poiché da un lato le lettere mettono in luce la forza delle donne e dall’altro la fragilità di questi eroi che spesso risiede nel mancato esercizio della libertà, in quanto sono schiavi del fato. Oltre alla forza, in queste lettere emerge il coraggio delle donne di saper dichiarare il proprio amore, di vivere appieno l’aspetto emozionale e sentimentale dell’animo femminile rispetto al pensiero degli eroi maschili, più proteso a inseguire la gloria».
Entrando più nel dettaglio dell’architettura formale della nuova composizione, ci descrive alcune peculiarità musicali che la caratterizzano, soffermandosi in particolar modo sulla relazione tra suono e parola nel quale il coro assume un ruolo fondamentale e fortemente evocativo. «Nel caso di Arianna e Didone ho suddiviso il testo ovidiano tra voce recitante e un coro di donne che rappresentano le diverse anime e ombre dell’una o dell’altra protagonista. Quando la voce si fa canto svela i momenti emozionalmente più forti».
Dopo i mesi di silenzio, di dolore e di preoccupazione, pian piano la musica sta tornando a risuonare nei teatri e negli spazi deputati alla sua fruizione. Arianna, Fedra e Didone sarà eseguita in Piazza Duomo a Spoleto «un luogo che ha una magia straordinaria. Mi piace l’idea che la musica scritta oggi torni a parlare alla piazza, simbolo di un pubblico eterogeneo, dove tutti possano partecipare a questo rito collettivo che è il concerto. La musica scritta oggi deve impegnarsi a dialogare con tutti, pur rimanendo complessa. Il linguaggio musicale di oggi è ricco di un patrimonio artistico che ci è stato tramandato e su queste basi importanti dobbiamo costruire qualcosa che sia capace ancora di parlare».
Per un compositore che sa guardarsi intorno, leggere la realtà che lo circonda, questo è un dovere imprescindibile, oggi in particolare. «Se parliamo di oggi inteso come epoca, ribadisco spesso che noi poggiamo i nostri piedi su un passato ricco e siamo tenuti a conoscerlo, a rispettarlo, a confrontarci continuamente con esso. Tuttavia, dobbiamo riuscire a comunicare con grande forza e intensità emotiva anche il nostro pensiero che pure è molto articolato e complesso. Se invece guardiamo a oggi come era post Covid, speriamo, sono felicissima di vedere lo spettacolo dal vivo ripartire pur con molte restrizioni. Mi ha fatto anche particolarmente piacere che Giorgio Ferrara abbia voluto dare spazio a un’opera contemporanea. In questo periodo in cui, per fortuna, non siamo vittime dei numeri, forse le direzioni artistiche potrebbero osare di più sul repertorio contemporaneo, su nuove commissioni poiché non c’è il timore che un titolo non porti tanto pubblico e proprio per questa ragione si potrebbe sfruttare questo momento per lavorare sul presente, senza paura».
In coda alla conversazione abbiamo chiesto a Silvia Colasanti quali riscontri emotivi abbia avuto in lei il lockdown e se sia stata un’occasione particolare per meditare e guardarsi dentro.
«Paradossalmente durante il lockdown mi è capitato di scrivere queste tre lettere di lontananza. Guardarsi dentro, è una costante nella mia vita poiché scrivere musica vuol dire scrivere il proprio volto, la propria identità e questo rapporto profondo con se stessi per me sta alla base della scrittura. Io non amo lo streaming e non ne ho fatto uso neanche durante il lockdown perché non credo che la ritualità di condividere insieme un’emozione nel clima di una piazza possa passare attraverso uno schermo stando ognuno a casa sua. Penso che questo periodo ci abbia fatto molto riflettere sull’importanza del contatto che a volte diamo per scontata e su quanto l’empatia di vivere insieme certe emozioni non sia riproducibile virtualmente. Senza la relazione umana l’arte non esiste».
Info: silviacolasanti.com; festivaldispoleto.com
Gabriella Fumarola
photo credit: Max Pucciariello