#Conversations Renata Scotto & Rosa Feola: all’Opera Giocosa di Savona una Traviata per due (primedonne)

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Mettete insieme una icona della lirica del nostro tempo, il melodramma più famoso di Giuseppe Verdi, il miglior soprano italiano della jeune garde e un direttore d’orchestra dotato di eccezionale tenacia e coraggio. Adesso immaginate per un momento di essere a Savona. Qui, al Teatro Chiabrera, fervono proprio in queste ore gli ultimi preparativi per l’atteso nuovo allestimento in forma scenica de La traviata (16-18 ottobre), firmato per l’occasione dalla divina Renata Scotto, artista savonese idolatrata per le sue straordinarie performance e per aver esportato l’arte del canto in tutto il mondo, formando generazioni di interpreti. Si tratta di una co-produzione del Teatro dell’Opera Giocosa, il Reate Festival di Rieti e il Teatro Coccia di Novara, con la collaborazione e il sostegno della Fondazione Arena di Verona. Un piccolo grande miracolo, soprattutto di questi tempi. Motivo di particolare interesse, tanto per lo star system operistico quanto per l’universo parallelo dei melomani, è il debutto nel ruolo di Violetta della bella e formidabilmente brava Rosa Feola, prediletta da Riccardo Muti e di recente protagonista di numerosi “concerti della ripartenza”, che della Scotto è allieva ormai da molti anni. Si profila, dunque, un suggestivo ed emblematico passaggio-del-testimone, nella città che consacrò l’esordio sulle scene della Scotto. Nel cast di questa Traviata anche Leonardo Sanchez Rosales (Alfredo) e Sergio Vitale (Germont). Il direttore Giovanni Di Stefano, presidente dell’Opera Giocosa, guida l’Orchestra Sinfonica di Savona e il Coro dell’Opera Giocosa, preparato da Gianluca Ascheri.

Dunque, attraverso le voci dei 3 protagonisti, non ci rimane altro che conoscere più da vicino, e in anteprima, questa produzione – che si annuncia senza dubbio essere una delle operazioni culturali più lodevoli della west coast.

È stato detto che La traviata è «un’opera che forse più di qualsiasi altra è rimasta esposta, o affidata, all’alterno volgere delle ermeneutiche» (Marzio Pieri, 1978). Qual è la sua personale visione di questo capolavoro di Verdi?

Renata Scotto «Prima di tutto, mi è piaciuto spostare il periodo dell’ambientazione. Adoro l’atmosfera fin de siècle, con i suoi costumi molto eleganti. Quasi sempre, quando prendevo parte alle varie produzioni, indossavo abiti stile 1850, con tutte quelle crinoline ingombranti. Ho sempre pensato: “Quando farò una mia Traviata, voglio cambiare!”. E così è stato. Ecco che, per esempio, finalmente ho potuto vestire Violetta con il colore che io preferisco: il crema. Violetta è una figura splendida; è figura simbolica della purezza, della bellezza. Quindi ho voluto presentarla in scena sempre con lo stesso colore. Un altro aspetto importante nella mia regia è il minimalismo delle scene. Sì, scene pulite. Un po’ dipinte, ma poco. Michele Olcese ha decisamente colto in pieno la mia idea: avere un palcoscenico non piatto, con una pendenza di quasi un metro; una pedana che rende i personaggi più alti. Il minimo è bello, si dice… Insomma, nella mia Traviata non c’è nulla di tradizionale. Ma neppure è presente il contemporaneo che infastidisce. Speriamo che al pubblico piaccia. Certo, di questi tempi il pubblico è ridotto; e se uno spettacolo è minimalista negli spettatori è davvero “grave il sacrifizio”, come direbbe Germont».

Rosa Feola interpreta Violetta Valéry: l’orgoglio di veder brillare la propria allieva.

R.S. «Rosa è una artista straordinaria, e molto intelligente: ha amore per lo studio, per la preparazione. Quando l’ho conosciuta aveva 22 anni e una voce splendida. Il successo è arrivato presto: ha lavorato nei più grandi teatri – la Scala, il Met – e con i più grandi direttori. La amo molto. Ed è una Violetta perfetta. Perché, in fin dei conti, se una cantante non ha il tipo di voce giusto, se non ha una certa facilità, non è possibile che riesca ad affrontare un ruolo così difficile. Certo, abbiamo avuto tante belle Violette nella storia del teatro, ma non tutte perfette. Nella mia carriera, La Traviata non è un’opera che ho cantato tantissimo – ho cantato certamente più La Bohème Butterfly – e poi ho sempre preferito cantarla in quei teatri in cui sapevo che mi sarebbe stata offerta la possibilità di provare tanto: grazie a un direttore d’orchestra che era in grado di aiutare il cantante e accompagnarlo; valorizzata da una sceneggiatura dove mi piaceva esserci. Adesso Rosa debutta con il maestro Di Stefano, un grande direttore. È un amico con cui personalmente posso parlare di tanti aspetti della partitura e con cui c’è una bellissima intesa».

Quali sono i principali motivi di fascinazione de La traviata per il pubblico di oggi?

R.S. «Vedere le opere di Verdi è importantissimo. Prima di tutto perché Verdi è il compositore più amato. Non è un caso se nel mondo, quasi sempre, le aperture dei grandi teatri avvengono con opere di Verdi. E ne La traviata lui entra a fondo nei personaggi. Come si fa poi a non amare i preludi de La traviata? Sì, senza dubbio è un’opera difficile, però ti colpisce immediatamente. Ha dei momenti di assoluta bellezza. Nel primo atto, il mondo della Parigi che folleggia; dopo, la grande scena di casa Flora; fino al terzo atto con il coro di maschere, esterno, che preme alle finestre di Violetta che sta per morire. È un contrasto quel «popoloso deserto che appellano Parigi»: si sente da lontano ma entra dentro. Io lo adoro. L’ho adorato in tutta la mia carriera».

Un debutto molto atteso. 

Rosa Feola «Devo fare una premessa. Sono ormai dieci anni che studio con Renata Scotto. All’inizio, come è naturale che accada quando si comincia, avevamo provato a sfogliare delle pagine de La traviata. E cominciammo a ragionare su questo ruolo così importante. Ecco, la difficoltà dell’affrontare il ruolo di Violetta non è solo vocale ma soprattutto interpretativa. È difficile interpretare i sentimenti senza lasciarsi trasportare. Ma per entrare a fondo nel personaggio di Violetta, inutile nascondercelo, bisogna possedere una certa consapevolezza della vita. E quando si è giovani non è facile comprendere cosa significhi davvero essere coscienti della propria condizione e scegliere di sacrificarsi perché ormai non c’è più nulla da fare. A una tale maturazione non ci sono arrivata da sola: è stata la signora Scotto ad avermi aiutato ad aprire le pagine di quest’opera meravigliosa».

«Di gioia in gioia», nel segno de La traviata. Dopo Savona, nuove tappe in agenda?  

R.F. «Sono molto contenta di debuttare qui a Savona questo ruolo, con la Scotto e Di Stefano. Il mese prossimo sarò invece al Gran Teatre del Liceu di Barcellona, per un revival della produzione firmata da McVicar, con recite per tutto il mese di dicembre. Nella prossima primavera alla Bayerische Staatsoper di Monaco, sotto la direzione di Andrea Battistoni. E successivamente mi aspettano anche alcuni teatri italiani».

Il rapporto del Teatro dell’Opera Giocosa con Renata Scotto e Rosa Feola: un sodalizio e una amicizia.

Giovanni Di Stefano «La mia amicizia con Renata si è consolidata negli ultimi anni. Quello che sta facendo per i giovani qui a Savona è qualcosa di splendido e per questo non finirò mai di ringraziarla. La sua presenza oggi nel nostro teatro segna un momento importante per la storia dell’Opera Giocosa. Qui Renata ha conosciuto il suo debutto, a 18 anni, e dal palcoscenico di Savona ha successivamente conquistato tutto il mondo. Con questa Traviata, poi, è come se un cerchio si chiudesse: con un passaggio del testimone maestro-allievo.  Lavorare in questo mese con due grandissime artiste come Renata e Rosa è un piacere così immenso che ripaga di tutte le difficoltà che stiamo quotidianamente affrontando. Sette anni fa Rosa era qui con me per un Rigoletto. In tutto questo tempo ci siamo sempre ripromessi di fare nuovamente musica insieme. Finalmente il desiderio si è avverato. È meraviglioso! Inoltre, da direttore, vedere tutta la compagnia di canto, i professori dell’orchestra e gli artisti del coro commuoversi nel fare le prove è senza dubbio il miglior antidoto a questo momento storico carico di incertezza. A causa della pandemia, il Chiabrera era rimasto chiuso dal mese di febbraio: l’Opera Giocosa ha il merito e l’onere di riaprire ora questo ottocentesco “monumento” e, cosa ancora più importante, di permettere che il teatro e la musica tornino a essere parte vitale della città».

Info: operagiocosa.it

 

Attilio Cantore

 

 

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