Musica e arti figurative, pur condividendo comuni radici estetiche (nel senso etimologico del termine di “apprensione sensoriale del mondo”), la tendenza all’elaborazione fantastica e alla libera espressione, fanno da sempre uso di differenti grammatiche e cifre stilistiche. Tuttavia, tra l’uno e l’altro codice espressivo – siano essi orientati alla mimesi, alla narrazione o all’astrazione – risulta spesso stimolante rintracciare corrispondenze, influssi e suggestioni: fils rouges immaginifici, tutt’altro che rari, che intersecano la storia dell’arte e quella della musica, collegando ad esempio Liszt a Raffaello e Michelangelo, Debussy a Whistler, Turner e Monet, Schoenberg a Kandinskij, Rachmaninov a Böcklin… e si potrebbe continuare. Lungo uno dei possibili percorsi incrociati e “fantastici”, ci conduce una delle più raffinate interpreti del panorama pianistico contemporaneo, vincitrice di innumerevoli concorsi internazionali (tra gli altri, semifinalista allo Chopin di Varsavia del 2010 e finalista all’Itnernational German Piano Award del 2015), all’attivo concerti in quattro continenti e, a dispetto della sua giovane età, una brillante carriera nella didattica pianistica: l’artista con cui conversiamo è Irene Veneziano (qui nella foto di Gaetano M. Roberto, durante un concerto presso la Maison Claude Debussy a Parigi), il disco Pictures at an Exhibition and Other Pictorial Works (2019).
Perché un cd che affronta musica e pittura? Qual è il tuo rapporto con le arti visive e c’è un pittore che ami particolarmente?
«L’idea nasce dalla mia passione per la pittura e per il disegno in generale. Fin da bambina ho sempre disegnato moltissimo, al punto che ero indecisa se frequentare il liceo artistico… ho scelto lo scientifico, ma ho sempre continuato a colorare, anche quando “non era strettamente necessario”. Non a caso, Monet e gli impressionisti, che di luce e colore fanno un uso particolarissimo, sono sicuramente tra i miei artisti preferiti nell’ ambito delle altri visive.
C’è poi da aggiungere che i Quadri di un’esposizione di Musorgskij sono stati a lungo un sogno nel cassetto: mi hanno sempre affascinato, ma non avevo ancora avuto l’occasione propizia per affrontarli. Questo ha stimolato poi la ricerca di altre opere ispirate alla pittura».
Da qualche tempo siamo felicemente tornati a frequentare musei e pinacoteche. Qual è il fil rouge che guida la passeggiata musicale dell’ascoltatore nella tua “prima personale”?
«In generale, amo dare un filo conduttore che leghi i brani dei miei programmi, ma all’interno di questo ricercare la massima varietà, in modo che il percorso risulti sempre interessante e piacevole. Questo è stato il criterio-guida anche nei miei precedenti lavori discografici. In quest’ultima incisione, in particolare, i brani sono diversissimi: ai Quadri, infatti, sicuramente la silloge più famosa, si accompagnano il Preludio op. 32 n.10 di Rachmaninov, oscuro e tragico, che contrasta con i pezzi di Dvořák (una selezione dai Quadri poetici), dalla scrittura limpida e vivace. E poi la passione dirompente e la modernità armonica di Granados, l’atmosfera romantica ed eterea di Liszt, i ritmi sincopati e le sonorità orientaleggianti di Roberto Piana…».
Una “vita a colori” dunque… ma dai forti contrasti cromatici (nella gallery in calce all’intervista, molti dei dipinti cui i brani pianistici sono ispirati). E a proposito di Roberto Piana, l’unico compositore italiano contemporaneo incluso nella tua selezione, come si lega al percorso che hai voluto tracciare?
«È stata una coincidenza. Lo conoscevo soprattutto come pianista, anche se ora sta facendo molta strada come compositore. Sono stata invitata a suonare a Sassari nella sua stagione: in quell’occasione mi ha regalato un libro di sue composizioni, tra cui figuravano i Preludi pittorici. Mi sono tornati alla mente qualche tempo più tardi, proprio in fase di selezione dei brani per il cd: davvero azzeccati, perché ogni brano si ispira a un dipinto diverso. E poi sono felice di poter interpretare repertorio contemporaneo che rispetta i miei gusti di scrittura e dare in questo modo visibilità ad autori del nostro tempo».
Ci sono brani nel cd a cui sei particolarmente legata?
«Quejas, ó la maja y el ruiseñor di Granados. Ho suonato molte volte El Amor y la muerte, che fa parte della medesima Suite per pianoforte ispirata ai dipinti di Francisco Goya e da tempo desideravo aggiungere quest’altro capolavoro, dalla scrittura estremamente ricca e complessa, che adoro».
Tornando ai Quadri, volevo sottoporti una suggestione personale: ho la sensazione che diversi tableaux, oltre ad evocare “acusticamente” la scena che raffigurano (come Limoges. Le Marché o le dispute tra bambini nelle Tuileries), suggeriscano, nella scrittura, un gesto pianistico che quasi “raffigura” il soggetto. Penso alle rotazioni del polso richieste dalle acciaccature nel Ballet of the Unhatched Chicks (che imitano la semi-rotazione di un guscio d’uovo) o agli accordi in The Great Gate of Kiev: per saltare dal grave all’acuto il pianista “disegna” un arco trionfale…
«Assolutamente si! Questi pezzi rispecchiano il loro soggetto attraverso la ricerca di effetti onomatopeici, molto spesso servendosi di gesti pianistici che quasi “mimano” la scena. Oltre ai brani che hai già citato, mi viene in mente Samuel Goldenberg e Schmuyle, che richiama la cantillazione ebraica e d’altra parte la voce supplichevole di un mendicante. Ma anche i passi minacciosi di Gnomus, il gesto sforzato e aggressivo di Baba-Jaga (non a caso, secondo la fiaba russa, la nonna del diavolo!). E poi Catacombae, dove il tremolio delle fiammelle nei teschi dei morti è reso non a caso con un tremolo, e la pesantezza del carro di contadini polacchi trainato da buoi (Bydło) con i pesanti accordi della sinistra… Le onomatopee sono cosi evidenti che a volte si possono persino verbalizzare: se pensi alla cantilena dei bambini (canta una terza discendente) … be’, in italiano non è difficile associare una parola scurrile e canzonatoria tipicamente usata dai bambini! (ride)».
Oltre a essere una concertista affermata, sei anche una docente molto attiva. Una tua dote – per nulla scontata, neppure tra i grandi interpreti – è la capacità di comunicare in maniera efficace con i tuoi allievi e di trasmettere grandi complessità tecniche, servendoti oltre che di esempi pratici, di immagini semplici, immediatamente comprensibili anche ai più giovani. Come hai messo a punto questo metodo?
«È stato un meccanismo spontaneo, venuto dalla mia esperienza: trovandomi a spiegare questo o quel gesto pianistico, mi sono resa conto che, oltre all’esemplificazione pratica, il concetto rimane più impresso attraverso una metafora: ad esempio un animale … agli studenti non si può parlare in modo troppo cerebrale! E soprattutto così facendo la lezione diventa più divertente: questo è fondamentale per i bambini, ma apprezzatissimo anche dagli adulti. Grazie all’insegnamento ho razionalizzato tanti gesti che come interprete mi venivano spontanei, schematizzandoli in un repertorio di immagini… Anzi in un affollatissimo zoo!».
Finora ho deliberatamente trascurato di chiederti come l’emergenza Covid ha condizionato la tua vita e la tua carriera negli ultimi mesi. Quando potremo ascoltarti di nuovo dal vivo?
«L’emergenza ha imposto l’annullamento di molti concerti, altri sono ancora in sospeso … con gli organizzatori quasi non si parla per scaramanzia! Con ogni probabilità, uno dei primi appuntamenti sarà in autunno al Salone Estense di Varese per un concerto di beneficenza organizzato da Medici con l’Africa, a seguire Londra e poi in Polonia – dove già l’anno scorso ero stata invitata in giuria ad un Concorso e al concerto dei giurati e quest’anno dovremmo replicare».
A proposito di concorsi: quest’anno avevi profuso tantissime energie in qualità di direttore artistico per organizzare il Primo Concorso Internazionale “Città di Arona”. Cosa ne sarà?
«Inizialmente era stato rimandato di qualche mese, ma alla fine, con enorme rammarico, ho dovuto cancellarlo. Ricerca fondi, organizzazione, pubblicità, grafica… ogni aspetto, che ho sempre seguito personalmente, aveva richiesto settimane di assiduo lavoro. Ma alla fine le condizioni erano troppo incerte. Se ne riparlerà l’anno prossimo».
D’altronde dietro la costruzione di un grande successo, si cela quasi sempre un briciolo di “improvvisazione”. È così anche quando si incide un disco?
«In effetti lo è stato. Avevo scelto con cura sala di registrazione, pianoforte (Bösendorfer, n.d.r.), date per i take… e alla fine mi è toccato affrontare il tutto con una febbre altissima! Dopo due giorni di lavori forzati in studio, al terzo il mio corpo si è ribellato e mi ha imposto una pausa. Ma alla fine ho portato a termine l’obiettivo».
Per ascoltare il cd clicca qui.
Info: ireneveneziano.com
Silvia Del Zoppo