#Conversations Micheli Frizza Montanari: Donizetti Opera al via da Bergamo al web

in News
  1. Home
  2. News
  3. #Conversations Micheli Frizza Montanari: Donizetti Opera al via da Bergamo al web

La sesta edizione del Donizetti Opera è pronta a brillare, vivace, e gli «piace scherzar». Glissando sulle asprezze del momento, con coraggio, passione e travolgente euforia il festival operistico bergamasco presenta tre nuove produzioni – Marin FalieroBelisario e Le nozze in villa – visibili in tutto il mondo attraverso la nuova web tv realizzata grazie al sostegno della Fondazione TIM. Gli allestimenti in cartellone vengono affiancati da una serie di innovativi e accattivanti format (Parla con Gaetano, Alle prove con Mattioli, Donizetti ON, Citofonare Gaetano), gustosissimi amuse-bouche che preparano e invitano gli affezionati amateurs, mélomanes e habitués alle meraviglie teatrali che si avvicenderanno, dal 20 novembre al 6 dicembre.

Ma la festa quest’anno si fa ancor più grande. Se il recente conferimento del Premio Abbiati 2020 per la acclamatissima produzione de L’ange de Nisida (2019) e la pubblicazione da parte della Fondazione Donizetti del volume Gaetano Donizetti. Carteggi e Documenti (1797-1830) curato da Paolo Fabbri sarebbero stati motivi bastanti per giubilare, ecco giungere la tanto attesa notizia che quel gioiello settecentesco che è il Teatro Donizetti farà finalmente mostra di sé in tutta la sua (restaurata) bellezza: un traguardo sorprendente e quasi “miracoloso” in un periodo di generale crisi del comparto dello spettacolo dal vivo.

Il coordinamento di tutte queste attività, si sa, è da attribuire primieramente al vulcanico direttore artistico Francesco Micheli, amazing figure of capable imagination, artista che da sempre conosce bene «la virtù magica» di affascinare il suo pubblico «a tempo e loco».

Ci siamo allora intrufolati, seppur virtualmente, nel retropalco del Teatro Donizetti di Bergamo per conoscere in anteprima qualche backstage news e intervistare tre protagonisti di questa splendida edizione, in vista dell’imminente inaugurazione.

Henri Michaux scrisse che «ogni arte ha la sua particolare tentazione e i suoi doni». Quali sono le tentazioni del Donizetti Opera; quali i suoi doni per l’edizione 2020, così extra-ordinaria in un periodo fuori dall’ordinario?

Francesco Micheli «La prima tentazione settimane fa era quella di mollare tutto. Detesto i facili piagnistei ma la situazione che stiamo vivendo è davvero preoccupante. Ad ogni modo, quando abbiamo visto che le possibilità di esistenza della nostra attività aumentavano man mano, abbiamo ritenuto giusto metterci in gioco. Il nostro lavoro rischiava di essere svalutato e misconosciuto. Ottenere un riconoscimento ci sembrava utopico. E invece…».

Vivere il teatro come una chance: è tempo di scegliere e di agire. Il Donizetti Opera diventa fucina di idee, laboratorio di bellezza, «ospedale dell’anima».

F.M. «Il primo lockdown mi colse nel pieno di tante attività. Mi ritrovai all’improvviso da solo a casa. Così decisi di inaugurare il format L’opera a casa Micheli, mosso da un’esigenza individuale. Tante persone mi scrissero dicendomi che ero per loro un balsamo per l’anima. Proprio in quel momento ho avuto la percezione scultorea di quanto l’arte faccia bene alle persone. Trovandomi a Bergamo, poi, il peso di quelle parole è una verità».

Nasce una nuova web tv, con una serie di preziosi contenuti.

F.M. «Una grande opportunità, soprattutto per un settore come il nostro che rimane solitamente sempre troppo lontano dal web. In questo periodo di preparativi, per esempio, ci siamo divertiti a creare, in vari modi, una sorta di “opera diffusa”, permettendo alle persone di vedere gli spazi rinnovati del teatro e al contempo vivere l’emozione di una produzione teatrale».

Come immagina il “suo” Gaetano Donizetti?

F.M. «Da subito, affrontando la gestione del patrimonio umano e artistico donizettiano, nel mio solito gioco pindarico di associazioni mi sono convinto del fatto che Donizetti sia in un certo senso un Pasolini dell’Ottocento, un “ragazzo di vita” nato in un quartiere povero e che si è avvicinato al teatro per raccontare le passioni e le storie delle persone. Ecco, ritengo sia importantissimo entrare nell’oggetto operistico per conoscere le persone in tutta la loro gamma di sentimenti. La missione di un festival come il nostro, soprattutto in questo periodo tormento dal Covid, è inevitabilmente quello di rivivere e far rivivere il senso profondo, sociale, culturale ed emotivo del melodramma ottocentesco: il suo spirito autentico!».

Il direttore musicale Riccardo Frizza sarà sul podio dell’Orchestra Donizetti Opera per il Marin Faliero (20, 28 novembre e 6 dicembre) e Belisario (21 e 26 novembre). Il Marin Faliero (edizione critica di Maria Chiara Bertieri) è firmato dalla coppia di registi Ricci/Forte e vanta un cast capitanato dal basso Michele Pertusi, il tenore Michele Angelini (che sostituisce Javier Camarena), il soprano Francesca Dotto e il baritono Bogdan Baciu. Belisario (edizione critica di Ottavio Sbragia) verrà presentato in forma di concerto, con Roberto Frontali (che sostituisce Plácido Domingo), Simon Lim, Carmela Remigio (che sostituisce Davinia Rodrguez), Annalisa Stroppa e Celso Albelo.

Dinamiche familiari e politiche riunite insieme in due opere ingiustamente assenti dai palcoscenici: Marin Faliero (Parigi, 1835) e Belisario (Venezia, 1836).

Riccardo Frizza «Sorprende notare come, molti anni prima della cosiddetta “trilogia popolare” di Verdi, già Donizetti aveva posto l’accento sulle complesse vicissitudini familiari di determinati personaggi, calati in un preciso contesto storico. In questo caso, basti pensare al rapporto tra Belisario e Irene (padre-figlia) e a quello fra Marin ed Elena (marito e moglie). Marin Faliero e Belisario sono due opere straordinarie, in cui Donizetti dimostra sempre di essere un fuoriclasse. Sfortunatamente però non sono in repertorio. Soprattutto per Belisario questa cosa francamente mi sorprende, essendo vocalmente piuttosto accessibile. Lo stesso, però, non si può dire per il Marin Faliero: un’opera a dir poco estrema, che spinge molto le vocalità e che quindi impone la presenza di un cast composto interamente da grandi interpreti».

Particolarmente impervia la parte tenorile di Fernando.

R.F. «L’edizione che noi seguiamo per questa produzione è quella che si rifà al manoscritto di Parigi, cioè quello della prima versione del Marin Faliero, che vide insieme sul palcoscenico Lablache, Tamburini, la Grisi e Rubini. Come si sa, Rubini era un tenore eccezionale e la parte che Donizetti compone su misura per lui è estremamente complessa, arrivando fino al si naturaleacuto senza passaggi, richiedendo l’impiego di un falsettone rinforzato. Tutto ciò è molto difficile da riproporre secondo l’odierna tecnica vocale e soprattutto secondo il gusto del pubblico di oggi. Richiede da parte dell’interprete davvero sforzi sovrumani».

Chiude la programmazione il titolo scelto per il ciclo #donizetti200. Quest’anno a compiere 200 anni è il dramma buffo Le nozze in villa (edizione critica a cura di Edoardo Cavalli e Maria Chiara Bertieri), la terza prova teatrale del compositore bergamasco e il suo primo fiasco. Un’opera di cui esiste un’unica partitura superstite, non autografa e incompleta; nessun libretto stampato in occasione del suo debutto (Mantova, carnevale 1819). Conobbe successivamente una ripresa a Treviso (primavera 1820). Per questa prima esecuzione in tempi moderni (22, 27 novembre e 5 dicembre), sul podio dell’Orchestra Gli Originali un portentoso Stefano Montanari, violinista barocco e direttore fra i più apprezzati nel panorama internazionale. La regia è firmata da Davide Marranchelli. I vari Rollenklischees della vicenda sono ricoperti da Fabio Capitanucci, Omar Montanari, Gaia Petrone, Giorgio Misseri, Manuela Custer, Claudia Urru e Daniele Lettieri.

Il disvelamento di un patrimonio musicale misconosciuto necessita sempre di una sua diffusione. Quali sorprese riserva la partitura de Le nozze in villa?

Stefano Montanari «La trama de Le nozze in villa è la solita trama fatta di stratagemmi e di equivoci; con la solita vecchiarda (la madre di Petronio, che però ne sa una più del diavolo!); la ragazza che ha paura di rimanere zitella; il buffo maestro che in realtà è un gran burino. Insomma, il librettista Bartolomeo Merelli e Donizetti non si sono fatti mancare nulla. Noi ci siamo divertiti a scoprirla, pagina dopo pagina. E per una volta non ho dovuto far finta di non conoscere un’opera per poter offrire qualcosa di nuovo al pubblico. Insieme a Gli Originali, ho concordato volta per volta tempi, dinamiche, inflessioni. È un po’ come se Donizetti ci avesse consegnato l’altro giorno la partitura. Peraltro, la storia di questa partitura è quella di una riscoperta dopo un fiasco terribile. Perché sia stato un fiasco io comunque ancora non l’ho capito! A una prima lettura, potrebbe essere stata scritta tranquillamente da Rossini, come d’altronde il gusto dell’epoca richiedeva. Penso però che, in fondo, Donizetti detestasse quello stile, ma per un buon 80 % il materiale musicale è decisamente di matrice rossiniana».

 Un Donizetti à la manière de Rossini per necessità, quindi. Ma dove risiede il “vero” Donizetti?

S.M. «Sicuramente Donizetti esce in certi momenti. Un aspetto interessante è sicuramente quello che riguarda la strumentazione. È come se il giovane Donizetti ricercasse incessantemente momenti concertanti con l’orchestra: in più momenti, a singoli strumenti – soprattutto a fiato – vengono infatti affidati momenti solistici di grande suggestione: è il caso dell’aria di Claudio con il clarinetto concertante oppure quella di Sabina con corno inglese. In quest’ultima, peraltro, c’è una nota grave che con i corni inglesi non è possibile ottenere – dopo alcune ricerche abbiamo ipotizzato che l’oboista dell’epoca, che veniva da Napoli, utilizzasse uno strumento adattato, con un foro in più o con una chiave in più. E ancora… in questa partitura da qualche parte aleggia già la musica di Elisir. Il personaggio di Don Petronio mi fa pensare molto a quello di Don Pasquale. Certo, gli standard rossiniani ci sono tutti – i vari crescendo, oppure l’aria di Anastasia che è debitrice de Il vecchiotto cerca moglie cantato da Berta ne Il Barbiere di Siviglia – ma mancano reminiscenze mozartiane: ogni volta che suoniamo il finale, io ci vedo tanto de Le nozze di Figaro».

Sul palcoscenico un cast affiatatissimo, con cui lei ha già lavorato in passato.

S.M. «Del cast conoscevo già tutti. E posso dire che tutti hanno una personalità molto spiccata: è sorprendete come ognuno di loro si abbini meravigliosamente al personaggio corrispondente, volente o nolente.  Giorgio Misseri, che interpreta Claudio, potrebbe dare l’impressione di essere un tenore languido e dimesso, invece ha una carica comica inimmaginabile – come un Buster Keaton che sembra triste ma fa ridere. Fabio Capitanucci, splendido gigantaccio. Omar Montanari calza a pennello nel ruolo del burbero che perde sempre, che faccia Don Magnifico, Don Bartolo o, come in questo caso, Don Petronio. Gaia Petrone è perfetta come Sabina, la ragazzina di turno ma neppure così troppo svampita come si crederebbe. Manuela Custer, infine, ci sta alla grande nei panni della mamma Anastasia».

L’accesso alla Donizetti web TV è gratuito e dà la possibilità di visionare vari contenuti e proposte d’archivio, mentre tutti i nuovi programmi dedicati al Festival 2020, incluso lo streaming delle opere, sono accessibili a chi si abbona all’offerta web. L’abbonamento alla “Donizetti web tv” (che comprende la visione delle opere 2020 e i contenuti originali) ha un costo di 59 euro; l’accesso a ogni singola opera ha invece un costo di 30 euro. Il pagamento può avvenire direttamente online tramite carta di credito o PayPal. Considerata la chiusura al pubblico della biglietteria, il festival è comunque impegnato a fornire telefonicamente supporto per i non nativi digitali, sia per l’attivazione dell’abbonamento che per il pagamento (T. 035 4160601/602/603).

Oggi pomeriggio, 19 novembre, alle ore 17 incontro con il pubblico e la stampa, sulla web TV e sulla pagina Facebook del Donizetti Opera. A ventiquattr’ore dal debutto, Francesco Micheli e Riccardo Frizza raccontano l’esperienza della produzione teatrale in zona rossa ai tempi del Covid.

Info: donizetti.org/it/

 

Attilio Cantore

 

foto: in copertina il Teatro Donizetti di Bergamo di recente restaurato (© Gianfranco Rota); nel corpo del testo il direttore artistico Francesco Micheli (© Gianfranco Rota), i direttori Riccardo Frizza (© Joan Tomás / Fidelio Artist) e Stefano Montanari; Gaetano Donizetti in una litografia di Auber (particolare) apparsa nel Panthéon Charivarique de «Le Charivari» (Parigi), Bibliothèque Nationale de France – Département Musique EST MACNUTT 065

 

 

Opera di Roma: una settimana di Teatro Digitale nel segno di Carmen
Virtuosi e “virtuali”: da Ravenna due concerti in streaming con Muti e l’Orchestra Cherubini

Potrebbe interessarti anche

Menu