#Conversations L’energia “solare” di Mattia Olivieri: sono un istrione e un vagabondo

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Entusiasta, energico, vulcanico. Mattia Olivieri, baritono di origine emiliana, 36 anni, frequente ospite della programmazione del Teatro alla Scala di Milano così come dei templi internazionali dell’opera, si prepara ad interpretare, dal 28 marzo all’11 aprile, il ruolo di Guglielmo sotto la bacchetta di Zubin Mehta nel Così fan tutte firmato Maggio Musicale Fiorentino. Studi al Conservatorio di Bologna dove si diploma, per poi perfezionarsi con il baritono Maurizio Leoni e frequentare la Scuola dell’Opera italiana del Teatro Comunale di Bologna, l’Accademia Rossiniana del ROF e il Centre de Perfeccionament Plácido Domingo del Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia. Tante le prestigiose scene già calcate e le bacchette da cui è stato diretto, tra cui Chailly, Dudamel, Järvi, Dantone, Fasolis, Luisi, Viotti.

L’incontro con il canto?

«Canto fin da quando ero bambino. L’amore per la musica è nato grazie ai miei genitori che incoraggiarono il mio studio di vari strumenti (pianoforte, flauto traverso e chitarra) ma la mia scelta fu il canto. Dapprima mi dedicai al pop poi, grazie alla mia insegnante, a 18 anni decisi di iscrivermi in Conservatorio e dedicarmi al repertorio lirico».

Sarà Guglielmo nel Così fan tutte diretto da Mehta per il Maggio Musicale Fiorentino. Il suo rapporto con questo personaggio e con quest’opera mozartiana?

«Devo ammettere di essere davvero impaziente all’idea di lavorare con Mehta, lo adoro. E sono particolarmente affezionato a questo ruolo, l’ultimo che ho interpretato a Valencia come allievo del Centro di Perfezionamento di Plácido Domingo. Amo Mozart e l’alchimia che si crea tra i protagonisti di quest’opera: così sono nate per me grandi amicizie».

Ruoli che sente quasi “cuciti addosso”?

«Sono diversi i ruoli che sento piuttosto “comodi” ma tra tutti sono particolarmente legato a quello di Marcello, per l’atmosfera vivace che si crea con i colleghi e immancabilmente si trasmette al pubblico. Poi direi Alfonso ne La favorita. Mentre ultimamente ho studiato nuovi ruoli e attendo con impazienza di poter cantare in futuro opere come Ernani e Don Carlo».

Riferimenti tra i grandi baritoni del passato?

«Sono un fan di Cappuccilli, adoro la sua voce, la tecnica e lo stile impeccabili. In lui non riconosco davvero mai nulla di eccessivo. Poi basta sentirlo ne Il Trovatore, decisamente impegnativo per il baritono: non lascia mai trasparire segno di sforzo alcuno».

Talvolta le esigenze di regia si rivelano poco compatibili con quelle del canto: qualche esperienza a riguardo?

«Si, può capitare che al principio si manifesti qualche difficoltà ma non demordo mai! Ricordo quanto mi sono divertito a volteggiare nei panni di Ping nella Turandot della Bayerische Staatsoper, produzione Carlus Padrissa – La Fura dels Baus: ho letteralmente cantato mentre volavo. Per me volere è potere, se voglio riesco a raggiungere senz’altro l’obiettivo. E, finché ho la giovinezza dalla mia, preferisco essere istrionico e cercare di accontentare le esigenze di regia, seppur impegnative. Anche a costo di sacrificare un poco la resa del canto. D’altronde, verranno anche i tempi in cui dovrò stare fermo…».

Ormai coinvolto nelle programmazioni dei templi della lirica a livello internazionale: come vive una vita con la valigia?

«Mi ritengo molto fortunato, sono nato vagabondo (sorride). Provo grande gioia nel viaggiare continuamente e conoscere posti nuovi. Ho addirittura accettato di eseguire 16 arie contemporanee piuttosto complesse in India per un compenso davvero modesto pur di aver l’occasione di visitare un luogo affascinante che non conoscevo. L’unico problema della valigia? Non sapere spesso cosa portare».

Piuttosto “attivo” sui social media: un modo per avvicinare?

«Credo proprio di sì. Oggi i social hanno un grande seguito e, se utilizzati con moderazione, sono un’ottima maniera per ottenere visibilità, una sorta di vetrina. Oltre che, nel mio caso, un sistema leggero e libero per regalare un sorriso, strappare una risata e allietare le giornate dei follower».

Se dovesse descrivere in poche parole Mattia Olivieri, baritono?

«Penso che una parola che mi descrive in maniera efficace sia solare. Mi hanno detto che fin da bambino avevo sempre il sorriso sulle labbra, quasi come fosse un passe-partout…che mi faceva perdonare ogni marachella. Direi che la felicità interiore e la positività sono doni che mi hanno sempre aiutato tanto. Ecco, il sorriso è il mio Leitmotiv».

Sogni e speranze per il futuro?

«Sogno di tornare alla vita come era prima del Covid. Sogno i traguardi dei prossimi anni, i molti impegni all’estero in templi della musica tra cui il Covent Garden. E aspetto con impazienza che si possa tornare a fare musica “live”, con il pubblico che respira e immancabilmente tossisce durante la cadenza (sorride). Seriamente, sogno che si possa tornare presto allo scambio reciproco di energia proprio del teatro dal vivo».

 

Luisa Sclocchis

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