Alla Biennale di Venezia è tempo di avvicendamenti. A fine ottobre il CdA presieduto da Roberto Cicutto ha nominato i direttori artistici dei settori Musica, Danza, Teatro e Cinema per il quadriennio 2021-2024. Il settore Musica sarà diretto da Lucia Ronchetti, prima donna a ricoprire questo incarico. Per l’occasione, con la compositrice abbiamo avuto una gradevole conversazione sui progetti che intende realizzare nel suo mandato.
Come ha accolto la notizia e quali sono state le sue prime riflessioni?
«L’ho accolta con estrema felicità e soddisfazione, perché mi sento onorata di essere chiamata a questo incarico che prima di me hanno ricoperto compositori che stimo: Luca Francesconi, Giorgio Battistelli e Ivan Fedele. Penso che sia importante che ci sia uno spazio organizzativo e ideativo in Italia affidato a dei compositori e, naturalmente, per un periodo breve. Penso che in quattro anni un compositore possa esprimere le proprie idee, le proprie visioni e lasciare il ruolo al suo successore. In questo modo si crea un dialogo virtuale negli anni a mio avviso molto importante per il pubblico. Io sono attiva da tanti anni, faccio progetti impegnativi, normalmente opere, per cui ho una visione molto diversa da altri compositori. Mi ero preparata a questa eventualità perché già da qualche anno pensavo che fosse interessante per la mia esperienza ricoprire questo incarico».
Che cosa rappresenta la Biennale Musica di Venezia nel panorama internazionale della musica contemporanea?
«La Biennale Musica ha avuto alterne vicende tuttavia la possibilità di programmare un festival in un contesto di respiro internazionale e di avere una sezione Musica che interagisce con le sezioni Arte, Architettura, Teatro, Danza e Cinema, rende il festival eccezionale e unico nel mondo. Nessun compositore ha altrove la possibilità di essere direttore artistico di un festival nel quale può relazionarsi con altre entità e altri direttori artistici. Penso che questa sia una situazione unica, come unica è la storia della cultura musicale della città di Venezia. Pertanto, non è possibile paragonare questa realtà al resto del mondo. Chiunque diventa direttore artistico di una delle sezioni del festival non può che continuare ad imparare, a scoprire altre metodologie, altre sinergie e per un compositore tutto questo è straordinario poiché normalmente lavora nella sua casa, a porte chiuse, nel silenzio totale. Anch’io normalmente trascorro tante ore della giornata così, ma adesso posso aprire la finestra su questa realtà artistica internazionale».
Considerato il suo interesse anche per la drammaturgia, questa realtà le è molto congeniale.
«Per me sarà un’opportunità straordinaria. In questi quattro anni non farò eseguire le mie musiche dagli artisti invitati, pertanto considero il mio lavoro artistico-compositivo pensare il festival attraverso altri compositori e la loro interazione con altri artisti ed esecutori. Metterò in secondo piano il mio lavoro di compositore attivo e in primo piano, creativamente, la direzione artistica del festival. Naturalmente, ho in programma opere che però non riguardano questo ruolo: sono progetti importanti per grandi teatri svizzeri e tedeschi. Penso di raccogliere una immensa mole di conoscenza dai diversi settori della Biennale e al termine del mandato avrò anche progetti che riguardano il mio passaggio a Venezia in un modo diverso dal consueto. Sicuramente nei ritagli di tempo lavorerò alla Biblioteca Marciana sui manoscritti dell’opera barocca, avrò la possibilità di ricollegarmi alla storia musicale veneziana del passato, che è stata straordinaria; al contempo potrò conoscere l’Archivio della Biennale che è fonte di dialogo con gli artisti del passato recente ed è una testimonianza fondamentale di tutto quel che è avvenuto nella storia del festival nei vari settori. Anche in questo caso lavorerò come ricercatore per un progetto che mi piacerebbe realizzare in futuro, un lavoro con frammenti di realtà storica uniti a una nuova struttura compositiva. Non farò eseguire mie composizioni, ma stando a Venezia e interagendo con i compositori che inviterò, con i direttori artistici degli altri settori, con la conservazione della realtà musicale veneziana, da compositore costruirò qualcosa che sarà molto importante per me e che vedrà la luce in seguito».
Ci sarà continuità con la direzione artistica di Ivan Fedele, che l’ha preceduta in questo incarico, o la sua direzione darà una svolta radicale al festival?
«Penso che ci sarà una svolta totale, non nei confronti del lavoro fatto da Ivan Fedele, ma nei confronti di tutti i festival di musica contemporanea, anche molto conosciuti e che continuano a brillare con successo, come il festival di Strasburgo. Immedesimandomi nel pubblico, io non voglio andare a un concerto e ascoltare tanti piccoli pezzi di compositori diversi. Penso che sia arrivato il momento di presentare solo pezzi che durano un’intera serata. La Biennale Musica sarà un festival tematico, diverso nella sua struttura; un festival dove ascoltare un nuovo lavoro e non una miscellanea che non dà una giusta visione della musica contemporanea. Tutto ciò che si farà nel festival avrà uno spazio ben definito. Nell’ultimo festival, che vorrei dedicare alla musica assoluta, vorrei dare ad ogni compositore uno spazio di ascolto speciale che creasse anche nel pubblico una camera di ascolto dedicata, cosa che non si può realizzare se si viene condizionati da tanti stili diversi, di breve durata. In questo senso, il festival sarà molto diverso dalle Biennali precedenti».
Lei è la prima donna a essere nominata direttore della Biennale Musica.
«Sì, ma spero non l’ultima, naturalmente. Spero di lavorare così bene che diventi normale pensare che il prossimo sarà una compositrice o un compositore in sinergia con il lavoro che avrò fatto».
Gabriella Fumarola