#Conversations Antonio Valentino e l’Unione Musicale: il ruolo dello streaming dall’emergenza al futuro

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Il pianista torinese Antonio Valentino, fondatore del Trio Debussy e protagonista della vita cameristica italiana da oltre trent’anni, è il nuovo direttore artistico dell’Unione Musicale di Torino. Un’istituzione cui è profondamente legato da ancor prima che il Trio Debussy diventasse ensemble in residence dell’Unione, dal ’94 al ’98, e le cui regolari collaborazioni lo hanno portato al recente progetto Short Track, format di conferenze-concerto che durante la pandemia si è spostato online con Piemonte dal Vivo.

L’Unione Musicale è molto impegnata sulle piattaforme online: è possibile che lo streaming entri a far parte stabilmente dell’offerta di un’istituzione musicale?

«Credo sarà inevitabile per i contenuti più adatti a funzionare molto bene online. L’esperimento di Short Track, ad esempio, sta dando dei risultati veramente apprezzabili e gli ascolti sono altissimi. C’è margine di sperimentazione ed è chiaro che anche dopo la pandemia non si tornerà come prima. Mai come ora dobbiamo porci il problema di cosa fare: usare le piattaforme online solo per riprodurre i concerti dal vivo a mio avviso dà una visione distorta dello spettacolo, che interagisce a fatica con le piattaforme (anche televisive). Al contrario, in questa fase mi concentrerei il più possibile su un prodotto artistico pienamente integrato con le dinamiche mediatiche. Esattamente come il CD, che è un artificio, le trasmissioni di riproduzione dei concerti devono andare a creare un’arte a parte, con un lavoro di regia e di montaggio non dissimile da quello fatto in studio. Altrimenti mi sembra una diminutio: suonare di fronte a una cinepresa non è come suonare di fronte ad un pubblico e la concentrazione domestica salva solo quei singoli eventi incredibili, con grandi nomi e grandi orchestre».

Che tipo di progetti vede bene sul web?

«Short Track secondo me è un esempio perfetto: abbiamo la fortuna di gestire un teatro (il Vittoria) e abbiamo chiamato un regista televisivo appositamente per confezionare il format su misura. In questo momento penso sia importante concentrarsi sulla formazione musicale e sull’attirare nuovo pubblico. Per questi scopi le piattaforme social si dimostrano strumenti molto validi. E anche per il pubblico più abituato ai concerti è possibile fornire contenuti di divulgazione ma con un maggiore approfondimento. L’Unione Musicale ha intrapreso da alcuni anni un vero e proprio percorso di formazione del pubblico, che parte dai progetti dedicati ai bambini e alle famiglie e prosegue con progetti divulgativi come Short Track e Camera delle meraviglie, alzando sempre più l’asticella. Questa è un’esigenza: il pubblico del domani lo vedo più consapevole e ne trovo conferma nella grande specificità dei contenuti su internet. Pensiamo ai diversi tipi di tutorial, comunissimi ma non per la musica classica. Perché, dunque, non rispondere a questa domanda?».

Possono nascere anche nuovi format, ritagliati sulle esigenze della piattaforma di riferimento?

«Certo! Non a caso, un altro esperimento che stiamo cercando di fare con l’Unione Musicale è sul dietro le quinte. Il pubblico spesso non conosce veramente il backstage. Penso che sia un aspetto da valorizzare maggiormente nella nostra comunicazione, affinché se ne apprezzi meglio l’altissimo valore artigianale».

Troppo spesso si fa il parallelismo “social = nuovo pubblico”.

«Infatti, bisognerebbe pensare il format fin dalle origini per il proprio target. Lo spirito di Short Track è quello di avvicinare chi è lontano dalla classica. Abbiamo cercato di portarlo nelle scuole, i cui insegnanti di musica possono ora beneficiare di ulteriori strumenti didattici. Questo è centrale. Anni fa partecipavo a un bellissimo progetto della Regione, Le Chiavi della Musica. Ero giovanissimo, mi portavo in giro io la tastiera. Tra i vari relatori c’era anche Baricco! Ecco, ricordo che questo progetto aveva dato una spinta pazzesca. Negli anni vedemmo oltre 4.000 studenti, di cui circa un 10% era venuto poi a sentire un concerto: meglio di nulla! E anche chi non è venuto a un concerto, ha “messo il naso” per la prima volta in mezzo alla musica. Mi riconosco molto in questi progetti: vengo da una famiglia semplice, senza nessun collegamento con la musica. La svolta per me fu andare ad ascoltare alle elementari il Bolero di Ravel in RAI. Un incontro che mi ha cambiato la vita, completamente. Per questo bisogna dare la possibilità, a chi è curioso, di entrare in contatto con la musica. Sappiamo che la scuola da sola non ce la fa, quindi anche le Società concertistiche devono prendersi in carico questo compito. È un’occasione preziosissima, anche per formare il proprio personale così da avere le competenze tecnologiche necessarie, investendo in strumentazione e colmando un gap che c’è sempre stato ma che non siamo mai stati obbligati ad affrontare fino a oggi. L’obiettivo non è tornare come prima, è tornare meglio di prima».

 

Alessandro Tommasi

 

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