In un clima tutt’altro che tranquillo per il settore dello spettacolo dal vivo ripartono le attività artistiche. Fra restrizioni e incertezze dovute alla situazione pandemica in corso, le istituzioni musicali affrontano questo momento con coraggio e ottimismo, ma soprattutto con la consapevolezza che il pubblico attende desideroso di partecipare e condividere quelle emozioni uniche e irripetibili che solo un’esperienza di ascolto live sa dare. Nel panorama delle istituzioni pronte a dare inizio alla stagione concertistica 2020/2021 vi è l’Accademia di Musica di Pinerolo che propone Overture e Movimenti, una doppia serie di appuntamenti. Ouverture riunisce sei concerti, in programma fra ottobre e dicembre 2020; Movimenti nove concerti, da gennaio a maggio 2021. Entrambe le serie ospiteranno artisti importanti del panorama internazionale, organici e repertori fra loro distanti ma tutti di notevole interesse. Ouverture inaugura il 13 ottobre con Alexander Lonquich. Il celebre pianista, interprete fra i più autorevoli del “classicismo viennese”, nel doppio concerto di apertura (alle 18:30 e alle 21) eseguirà due Sonate che segnano emblematicamente l’evoluzione del pensiero musicale beethoveniano. Per l’occasione abbiamo rivolto al maestro qualche domanda spaziando dal programma del concerto all’attualità.
Con l’avvio delle stagioni concertistiche si torna a dare attenzione alle celebrazioni beethoveniane nel 250° anniversario della nascita del compositore. Fra gli appuntamenti imminenti c’è il calendario autunnale dell’Accademia di Musica di Pinerolo che la vede protagonista del concerto inaugurale Note di volta. Un omaggio a Beethoven con l’esecuzione di due Sonate, l’op. 90 e l’op. 106 “Hammerklavier”, fra loro distanti ma molto significative dal punto di vista dell’evoluzione estetica del compositore. Come nasce l’idea di questo accostamento?
«Scegliendo tra le opere della maturità l’op. 90 risulta l’opera più concisa pensabile, con una durata di solo 13 minuti. Nel primo tempo si contrappongono degli incisi dal carattere opposto che non vengono però ampiamente elaborati, come spesso succede altrove in Beethoven; li troviamo invece accostati in maniera quasi impressionista, senza che alla fine emerga una soluzione dell’intrinseco conflitto. Tale soluzione è rappresentata invece dal secondo tempo, lirico e fluviale, che sarebbe potuto piacere a Schubert. Al contrario la “Hammerklavier” è la Sonata più ampia che Beethoven abbia mai scritto, dove saltano tutti i parametri con i quali eravamo abituati approcciare una Sonata classica. È opera inaudita, nel senso vero della parola: una “mostruosità” del genere, pensando in particolare all’abissale Adagio sostenuto e alla Fugafinale che sembra volere distruggere il concetto base di quella forma, non si era mai sentita prima della sua apparizione».
Con il suo pensiero Beethoven ha segnato una linea di confine tra la musica del passato, da cui trae insegnamento, e quella delle epoche successive. Qual è stata la sua lezione più significativa?
«Beethoven costituisce l’emblema della ricerca e trasformazione incessante, come pensatore in musica non si ferma mai».
Quanto è attuale il suo pensiero ancora oggi?
«Rimane attualissimo, proprio per questo motivo, ci spinge a non accontentarci di soluzioni comode anche se magari frutto di una ispirazione genuina. Al contrario, per esempio, di certi odierni artisti visivi che riproducono per tutta la vita la formula con la quale inizialmente hanno avuto successo. In più la sua attualità consiste, oltre che nell’inesauribile varietà delle scelte artistiche da lui sperimentate, nell’evidente bellezza del risultato finale. Come dice il mio amico Umberto Benedetti Michelangeli: “La percezione emotiva di base della creatività beethoveniana è la tenerezza”. Da questo risulta la frequente commozione che suscitano tante sue idee».
Nella sua attività artistica lei dedica attenzione particolare alla formazione dei giovani musicisti. Quali sono le qualità che apprezza maggiormente in un giovane che si approccia alla carriera artistica? E quali consigli le capita di dare più frequentemente?
«Apprezzo, al di là del rigore nello studio, l’apertura mentale e il coraggio di esporsi emotivamente alle opere suonate, uniti alla capacità di cogliere il nesso tra passato e la sensibilità contemporanea. Se la stessa persona è anche capace di esplorare in pieno le potenzialità della musica da camera, di repertori inconsueti e, appunto, contemporanei, la mia soddisfazione è grande. Del resto, stimo molto chi scopre di non volere fare il solista a tempo pieno. Il consiglio che posso dare a quasi chiunque è quello di non inseguire il sogno di una carriera tradizionale, ma di individuare con precisione le proprie inclinazioni che possono allontanarsi molto da un immaginario stereotipato su quale sarebbe il compito del musicista. Che ciascuno trovi la sua via unica ed irripetibile!».
Viviamo un momento molto particolare, che sta cambiando il nostro modo di vivere e di relazionarci con il mondo. Quali sentimenti prova di fronte a questa realtà e qual è il suo augurio per l’immediato futuro e per il mondo della musica e della cultura?
«Diciamoci la verità: gli effetti sulla psiche di quel che sta accadendo sono negativi. Ciò non dovrebbe impedire l’esplorazione creativa di terreni artisticamente scivolosi. In un laboratorio teatrale si può anche lavorare sulla potenzialità della comunicazione in congiunzione con la distanza fisica, in un’orchestra si possono fare dei particolari esercizi d’ascolto là dove ci troviamo forzatamente allontanati l’uno dall’altro. L’augurio per il futuro è ovviamente il ritorno alla piena normalità, unito però a una maggiore consapevolezza sul ruolo delle arti e di tutti i campi esteticamente rilevanti nella nostra società. Che cessi la mediocre programmazione ora generalmente vigente: che la vita culturale si faccia più variegata e imprevedibile, dando possibilità di esprimersi anche a chi oggi ingiustamente non viene considerato. E che si parli non tanto di cultura, ma di culture, proprio al plurale. Spalancando le porte verso delle esperienze mentalmente e geograficamente anche molto lontane da noi. Il mio connaturato scetticismo in questo campo, basato purtroppo sull’esperienza, mi impedisce ahimè di sperare più di tanto. Per quel che mi riguarda, nel mio piccolo, però, non mi arrendo».
Dopo il concerto di Alexander Lonquich, Ouverture prosegue con l’avvio del Ciclo Fauré coordinato dai maestri da Antonio Valentino e Simone Briatore e dedicato alla musica da camera francese scritta fra Ottocento e Novecento (3 novembre), cui seguono Notte trasfigurata con il Sestetto Wanderer composto da strumentisti del Teatro alla Scala (15 novembre); il concerto del duo pianistico Valente-Larosa, che vede protagonista Gianna Valente, una delle più autorevoli musiciste della scuola pianistica di Bari esibirsi con la sua brillante allieva Imma Larosa in un programma dedicato all’Arte della trascrizione.
Corde doppie è il titolo del concerto affidato a Giovanni Gnocchi (violoncello) e Alasdair Beatson (pianoforte): presenteranno un programma suggestivo con pagine per violoncello e pianoforte di Beethoven, Nadia Boulanger, Leonard Bernstein e Astor Piazzolla (1° dicembre). Ouverture si conclude poi il con il Concerto di Natale del Coro da Camera di Torino. Nell’impaginato messo a punto dal direttore Dario Tabbia convive il miglior repertorio della tradizione con quello contemporaneo (10 dicembre).
Come già detto, la stagione concertistica dell’Accademia di Musica di Pinerolo riprenderà a gennaio con Movimenti, seconda serie di appuntamenti avviata con il concerto Quinte parallele – Ciclo Beethoven del Nuovo Trio Italiano d’Archi (12 gennaio 2021).
Info: accademiadimusica.it.
Gabriella Fumarola