«Compongo alle cinque del mattino»: Lucia Ronchetti

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Lucia Ronchetti ha inaugurato con il suo Rivale il nuovo Werkstatt dello Staatsoper di Berlino. Una tappa importante per la compositrice romana, alla quale è spettata la riapertura dello spazio dedicato alle opere da camera del teatro tedesco.

Rivale, tratto da un lavoro del librettista francese Antoine Danchet e a sua volta da un episodio della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, è una sorta di opera-monologo che vede come protagonista la giovanissima principessa musulmana Clorinda, anche se in vesti un po’ insolite.

Cos’ha di particolare Clorinda?

La Clorinda di Danchet è una donna che non ha paura. È bellissima, giovanissima e capace di stare in battaglia. Nonostante il suo amore per Tancredi, il dovere la spinge a combattere per liberare il suo popolo, è per questo dilaniata da un conflitto interiore e politico, ma sceglie di lottare. Gli altri personaggi al suo fianco diventano, al suo confronto, talmente poco significativi, che ho pensato di sommarli tutti dentro il suo. Clorinda li nomina, parla di loro e con loro e quindi in qualche modo li visualizza e li fa vivere, ma la voce presente in scena è solo la sua.

Da dove è nata l’idea di un libretto barocco in lingua francese, per un’opera su commissione dello Staatsoper di Berlino?

Io leggo spesso libretti di opere barocche, perché è un repertorio che mi interessa molto. Mi sono poi imbattuta in questo lavoro che Danchet scrisse nel 1701 per il “Tancrede” di André Campra, eseguito per la prima volta all’Operà Comique di Parigi. Questo libretto mi è parso veramente straordinario, perché questa Clorinda è drammaturgicamente così ben scolpita che in qualche modo è già una presenza musicale nel testo, il francese di Danchet oltretutto è talmente morbido e metamorfico, che ho avuto l’impressione di “sentire” la partitura. 

Rivale è un lavoro per due ensemble, uno di ottoni e uno di percussioni metalliche, ma i musicisti dialogano anche tramite il body percussion e compare anche qualche richiamo alla musica jazz e al rock dei Led Zeppelin. 

Per me gli ensemble di ottoni e di percussioni metalliche rappresentano anche visualmente il campo di battaglia, dove si svolge il plot. Ho deciso di utilizzare i musicisti come fossero guerrieri, presenze attorno a Clorinda. Così quando la protagonista li incita, divengono un gruppo coeso, come accade in battaglia, e si rivolgono a lei tramite sequenze di body percussion e omoritmie che includono gridi ed altre espressioni vocali. Nel combattimento all’interno della foresta incantata, ho elaborato un frammento di “Whola lotta love” dei Led Zeppelin per rappresentare la battaglia tra Clorinde e il mago Ismenor. Avendo studiato con Sciarrino e con Gèrard Grisey, ho la possibilità di poter mettere in partitura quasi tutto quello che nell’esecuzione di un pezzo rock non è normalmente scritto, e per me è diventata una sfida.

La musica “iper-scritta” è forse per lei uno dei grandi miracoli dell’umanità?

Sin dall’inizio dei miei studi, ho sempre lavorato sopratutto sull’analisi delle partiture. Mi ha sempre appassionato questo vastissimo mondo di segni, una foresta inanimata e pietrificata, che ha potuto generare nel tempo una conoscenza condivisa di questi simboli, del loro valore e della loro prassi esecutiva. Via via si è andati sempre verso la complessità di questo linguaggio, fino al punto in cui i compositori di musica contemporanea sono riusciti a mettere su carta i più minimi dettagli delle loro intenzioni compositive. Oggi la partitura può dire veramente quasi tutto quello che il compositore pensa, questo per me è uno dei più grandi miracoli dell’umanità.

Come vede il futuro delle compositrici donne tra l’Italia e l’Europa?

Credo che la situazione stia volgendo verso un cambiamento. In Francia e in Germania possiamo considerare attive già due o tre generazioni di compositrici. Nell’ambito letterario, già nel settecento erano attive e sono state storicizzate molte scrittrici. Da studentessa e insegnante di composizione però, ho potuto constatare che nelle classi italiane, sono da almeno 30 anni presenti giovani compositrici, molte delle quali però poi spariscono nel nulla, e questo potrebbe essere il sintomo di un grave problema. Molte compositrici italiane riconosciute, infatti, vivono e lavorano fuori dell’Italia.

Quando compone Lucia Ronchetti?

Alle cinque del mattino, mai di notte come so che usano fare molti miei colleghi. Sto spesso chiusa otto ore dentro la mia stanza in un silenzio apparente che per me nasconde sempre grandi avventure mentali. Mi piace molto lavorare nell’ambito della città, sapendo che fuori dalla mia finestra c’è un mondo che vive una vita normale e meno monastica della mia.

È severa con i suoi allievi?

Io ho avuto maestri molto severi, a Parigi,  François Lesure per la musicologia e Gèrard Grisey per la composizione, esempi di grande coerenza, nella ricerca e nella creazione artistica.Ma ero io che cercavo una situazione difficile, con una sorta di “masochismo”, volevo perfezionarmi. Purtroppo non riesco ad essere altrettanto severa con i miei allievi, molti di loro non parlano altre lingue, non vogliono andar via dal loro paese e questo mi riempie di tristezza al punto che non posso spingermi oltre con loro nelle richieste tecniche e compositive. Lo studio della composizione richiede sacrificio.

Si può dire che l’Italia sia un po’ una sua ferita aperta?

Io sono andata via dall’Italia nell’87, perché era un periodo piuttosto buio per la storia della produzione musicale italiana. Ho tanto lavorato all’estero, cosciente però del fatto che in Italia ci siano anche degli ottimi interpreti che non hanno nulla da invidiare a quelli stranieri. Oggi molti compositori importanti sono direttori artistici di diverse importanti istituzioni, confido e spero in un cambiamento.

Progetti imminenti?

Una mia opera su Metastasio, Mise en Abyme, commissionata dalla Semperoper di Dresda, viene ripresa al Festival di Erl, sotto la direzione di Tito Ceccherini a fine dicembre; Inedia prodigiosa, opera corale commissionata dal Teatro Massimo e prodotta da RomaEuropa e dai cori dell’Accademia di Santa Cecilia, verrà eseguita il 21 gennaio a Santa Cecilia sotto la direzione di Ciro Visco, poi la mia ultima opera, Rivale, sarà ripresa allo Staatstheater di Braunschweig e ancora alla Staatsoper di Berlino.

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