Pubblichiamo di seguito un contributo che proviene dalla redazione di Tell me Chigiana, workshop di critica musicale attivato all’Accademia Chigiana di Siena e coordinato da Massimiliano Coviello e Stefano Jacoviello, che grazie al lavoro di giovani in residenza intende raccontare il Chigiana International Festival and Summer Academy 2018.
Questa sera, alle 21.15, la Chiesa di Sant’Agostino ospiterà un evento che unisce musica e pittura dal vivo, tra i suoni della Natura e l’eterno riposo dell’uomo alla ricerca della Luce. Il #ChigianaFest propone in programma due composizioni in cui il flauto di Patrick Gallois sarà la voce principale: Vox balenæ di George Crumb e Kathinkas Gesang als Luzifers requiem di Karlheinz Stockhausen. Insieme al Maestro francese, per quanto riguarda la parte musicale, si alterneranno sul palco, o meglio sui palchi, Francesco Dillon al violoncello, Luigi Pecchia al pianoforte e il Chigiana Percussion Ensemble condotto dal Maestro Antonio Caggiano. Alvise Vidolin e Nicola Bernardini cureranno il live electronics. Alla pittrice Tiina Osana sarà affidata invece la componente artistica-visiva.
La serata inizierà con l’opera di Crumb, un brano nato in seguito al primo ascolto, da parte del compositore statunitense, del canto delle megattere nel 1969. Un esperimento che suggerisce la sua fonte d’ispirazione ma senza imitarla esplicitamente, utilizzando esclusivamente i suoni degli strumenti coinvolti. Flauto, pianoforte, violoncello e dei piccoli piattini sono infatti le uniche matrici sonore concesse per ricreare “la voce delle balene”. Per la buona riuscita dell’esecuzione Crumb vieta l’utilizzo di campionamenti naturali, pratica definita dall’autore stesso “artisticamente erronea”. Il risultato è un intreccio di voci filtrate dalla musica: ci sono i versi delle balene, il canto degli uccelli in volo e il vento che agita le maree, che trasforma l’intero spazio circostante in un ambiente incontaminato. La “de-umanizzazione”, come la definì lo stesso Crumb, è resa anche visivamente da una mezza maschera che i tre esecutori sono tenuti a indossare durante l’esibizione per coprire il volto, riducendone così l’espressività.
I tempi sonori dilatati, la capacità di riempire lo spazio circostante e l’utilizzo di specifici “costumi di scena” funzionali alla resa musicale sono elementi che accomunano l’opera di Crumb con quella di Karlheinz Stockhausen. Kathinkas Gesang non è altro che la seconda scena del ciclo operistico Samstag aus Licht (sabato di “Luce”), composizione incentrata sulla figura di Lucifero (rappresentato proprio dal sabato). Secondo Stockhausen, l’uomo, come l’angelo caduto, è alla continua ricerca della Luce, elemento che raggiungerà solo dopo una morte apparente. La celebrazione di questa morte e la conseguente congiunzione avverrà attraverso un lungo procedimento fatto di esercizi e stadi che strutturano il “Requiem di Lucifero”, non a caso sottotitolo di questa seconda scena.
Il riempimento dello spazio, con quest’opera, avviene non solo dal punto di vista sonoro ma anche fisico, grazie soprattutto alla disposizione dell’ensemble di percussionisti coinvolto. Sei musicisti: vista, udito, olfatto, tatto, gusto e pensiero, ognuno in rappresentanza di un “senso mortale”. Sensi che col procedere dell’opera si mescoleranno e verranno guidati da una struttura in linea con la numerologia e la simbologia tipiche di Stockhausen. La peculiarità di questi percussionisti consiste nella loro disposizione e nell’allestimento del set di strumenti. I sei saranno organizzati su dei palchetti, ai lati del pubblico, posizionati simmetricamente uno di fronte all’altro e indosseranno, quasi come se fossero delle corazze, ciò che dovranno suonare. Dai cappelli fatti di piatti crash alle cinture create con piccoli bongos e bretelle fatte con ruote di biciclette suonate con l’archetto.
Anche in questo caso, come per la precedente composizione di Crumb, il costume di scena de-umanizza l’esecutore. L’unico personaggio umano, Lucifero, è rappresentato esclusivamente al flautista. Voce principale priva di maschera che si muove sul palco e tra il pubblico, “cantando” su formule specifiche incise su due mandala.
La musica riempirà quindi lo spazio, sarà unità di misura del tempo ma soprattutto si farà guida del gesto pittorico. Nota per i suoi lavori su larga scala, l’artista Tiina Osana è esperta nella pittura dal vivo in “accompagnamento” ai concerti classici: ogni sua creazione trasferisce in tempo reale sulla tela le sue impressioni musicali. Un elemento che non solo funge da gesto espressivo, bensì permetterà al pubblico di percepire lo sviluppo stesso della composizione che sta ascoltando.
Nonostante gli elementi ricorrenti dei due brani in programma, si nota una certa contrapposizione tra la staticità temporale generata dal primo brano e la sensazione del tempo che scorre del secondo. Contrapposizione che però enfatizza la rappresentazione, da due prospettive opposte, della dimensione temporale. La consapevolezza del tempo, in relazione anche alla musica di Karlheinz Stockhausen, è uno dei temi portanti dell’edizione 2018 del Festival chigiano, non a caso intitolato #SoundingTimes. L’incontro tra le dettagliate partiture dei due compositori del Novecento e il gesto imprevedibile di Tiina Osara farà risaltare questa sera sia l’istintività dell’arte visiva in relazione a una musica scritta, sia l’idea di fissare un ambiente sonoro su tela, in eterno.
Testo e foto di Carlo Mezzalira