Pubblichiamo di seguito un contributo che proviene dalla redazione di Tell me Chigiana, workshop di critica musicale attivato all’Accademia Chigiana di Siena e coordinato da Massimiliano Coviello e Stefano Jacoviello, che grazie al lavoro di giovani in residenza intende raccontare il Chigiana International Festival and Summer Academy 2018.
A Siena nei giorni di Palio il tempo si sospende, e anche il Chigiana International Festival & Summer Academy si prende una pausa, prima di ricominciare il 17 con l’ultimo scampolo di masterclass, eventi e concerti fino al 31 agosto. Ma prima di arrestare per un attimo il flusso sorprendentemente vario di musiche che accompagna i suoi spettatori dai primi di luglio, con il concerto del 13 agosto la Chigiana ha voluto dimostrare ancora una volta ciò che è: non un semplice organizzatore di appuntamenti musicali, non una vetrina per grandi nomi come tante altre, ma una Accademia che da un secolo ha come obiettivo principale far crescere i talenti, non limitandosi a “scoprirli”, ma accompagnandoli nei primi passi della carriera fino a fargli spiccare il volo, sapendo che prima o poi ritorneranno da maestri.
E nel Salone di Palazzo Chigi Saracini, da cui è passata buona parte del Novecento musicale, l’altra sera si è potuto osservare il battito d’ali di Giulia Attili, promessa ormai già mantenuta in una generazione di giovani violoncellisti italiani che ormai colpiscono l’attenzione della scena internazionale per perizia tecnica, bravura e maturità interpretativa. Queste qualità sono emerse incontrovertibilmente nello stile della Attili nel corso di un programma da recital che accostava ai celebri brani di Čajkovskij, Dvořák e Fauré, l’impegnativa Sonata in re minore op.40 di Šostakovič che ha occupato l’intera prima parte del concerto.
Di fronte al capolavoro del compositore russo, l’età della violoncellista romana poteva essere certo il presupposto per un’esecuzione fresca e di genuinità disarmante, ma la Attili non ha lasciato al pubblico il privilegio di un così facile giudizio, privandolo di qualsiasi possibile distrazione. Il susseguirsi avvincente di climi emotivi, passaggi lirici e scene inquietanti architettato da Šostakovič è stato affrontato dalla Attili con sorprendente efficacia, grazie anche alla mano sicura di Monica Cattarossi che dalla tastiera ha agito da vera e propria concertatrice. Alla pianista, che ormai è la vestale del rito di passaggio chigiano dei più brillanti allievi di Antonio Meneses, si deve indubbiamente riconoscere un supporto che va molto al di là della mera fase di esecuzione e investe la lettura lucida e minuziosa di un repertorio strumentale che lei ha avuto modo di approfondire al fianco dei grandi maestri del violoncello fra cui Enrico Dindo, di cui è da lungo tempo partner musicale fidata.
Infatti, se l’Élégie op.24 di Fauré si mostra naturalmente più adeguata al temperamento della giovane Attili, la solidità della collaborazione con la Maestra si esprime in Une Larme, il “peccato di vecchiaia” di Gioacchino Rossini che ha chiuso il programma del concerto lasciando trasparire la meditazione sul tempo che passa, sul ricordo della gloria mondana ormai archiviata che danza sui passaggi virtuosistici, e sulla malinconia che assale nei momenti di solitudine. Le ripetute chiamate sul palco per ricevere l’applauso caloroso e inesausto del pubblico hanno imposto un bis di ringraziamento con la commovente Sicilienne op. 78 di Fauré.
Giulia Attili, che ha già rappresentato l’Accademia nelle iniziative del progetto “Chigiana Farnesina” – Giovani talenti musicali Italiani nel mondo, continuerà il suo percorso di crescita e affermazione, con la sicurezza di avere alle spalle un’istituzione musicale con le radici nel passato ma fortemente orientata al futuro dei suoi allievi. Le classi di violoncello, come tutte le altre dell’Accademia Chigiana, continueranno a istruire musicisti che si spera abbiano la possibilità di scrivere pagine importanti nella prossima storia della musica, come hanno fatto molti loro predecessori. E a noi, spettatori del #ChigianaFest #SoundingTimes, non resta che ascoltare il suono del tempo seguendo la musica che, come diceva Toscanini, non muore mai.
Testo a cura di Nina Segreto