Il 15 agosto Aldo Ciccolini avrebbe festeggiato 95 anni. Il grande maestro napoletano, uno fra i virtuosi del pianoforte più straordinarî di sempre e guida, negli anni, di generazioni di artisti, è scomparso ormai da 5 anni lasciando un vuoto incolmabile nel panorama musicale internazionale. Amadeus vuole ricordarlo oggi con una playlist e attraverso la testimonianza di uno dei suoi più affezionati allievi, Alfonso Soldano, che abbiamo incontrato a Trani, la “perla del Sud”, dove ha fondato e dirige un’accademia dedicata al suo maestro.
Aldo Ciccolini: l’artista e l’uomo.
Aldo diceva sempre che «si suona come si è». Sulla base di questo concetto è quindi difficile, se non impossibile, scindere l’Aldo uomo dal Ciccolini artista. Se dovessi sintetizzare con tre aggettivi la sua ricchissima personalità, direi che era ineffabile, generoso, puro. Un artista puro: puro nelle scelte e rispettoso nei confronti del testo – un elemento quasi sacro. Lasciava trasparire, dietro una figura a tratti ieratica, una sottilissima vena sarcastica nei confronti della vita. La conoscenza era per lui frutto di duro lavoro e di intuizione: per mantenere sempre vivo il bilanciamento di questi due elementi lavorava alacremente, anche in tarda età. Lo faceva con un’onestà intellettuale esemplare. «Jouer du piano, ça doit être une nécessité comme de respirer!», dichiarò in un’intervista. I grandi pianisti – Arthur Rubinstein su tutti – che hanno mantenuto come Ciccolini un altissimo livello performante al pianoforte sino alla soglia dei novant’anni offrono la dimensione di un lavoro che trascende la dimensione di ego e lavoro. D’altronde, per Aldo la musica era sostanzialmente un atto d’amore incondizionato. Senza dubbio è stato uno degli ultimi cordoni con l’epoca d’oro della musica classica. I suoi transfert verso le nuove generazioni sono stati fondamentali per cercare, quantomeno parzialmente, di conservare quella qualità e quella ricerca estetica, oggi troppo spesso soffocate dalla frenesia di un nuovo, assurdo modus vivendi.
Jacques Deridda, ne Il maestro o il supplemento di infinito, si chiede: «È possibile, dichiarandolo “in silenzio” o “a bassa voce”, non dovere niente a un maestro? Proprio qui? A un maestro ammirato?».
Ho conosciuto Aldo al termine della mia adolescenza. I suoi stimoli culturali, le domande – infinite domande! – che gli ponevo lungo le giornate ben oltre il termine del concetto ordinario di lezione, erano la Lezione più grande. Rapportarsi con un uomo che ha visto suonare Rachmaninov e che è stato amico delle più prestigiose personalità del mondo musicale del Novecento – da Francis Poulenc a Wilhelm Furtwängler ed Elizabeth Schwarzkopf, passando per molti altri – significava abbeverarsi a una fonte pressoché inesauribile. Aldo è stato un magnete per attivare il cervello e lo spirito, un suggerimento allo sviluppo di essi, prima ancora che per le mani al pianoforte. Il suo metodo di studio si basava su una serie di elementi che davano estrema importanza al “suonare con la testa”: l’attenzione per la metrica, la sensibilità armonica, il gusto per un tocco variegato e la sua inconfondibile postura al pianoforte, con particolare attenzione al pedale progressivo e per le sostituzioni (due dita sulla stessa nota) sono solo alcuni degli infiniti elementi di cui si poteva discutere con Aldo. Vedendolo suonare già si apprendeva. Il suo modo di suonare, infatti, era così chiaro da permettere a un allievo, pur se solo mediamente recettivo, di cogliere ogni possibile suggerimento. Tutto ciò rientrava in un corso accelerato di autonomia che Aldo propugnava con fervore! L’allievo non dev’essere una copia del maestro, ma imparare a ragionare ed essere seguito nella sua personale evoluzione.
Quali altri aspetti rendevano il percorso di studi con Ciccolini qualcosa di unico?
Aldo richiedeva una velocità di apprendimento. Il tutto doveva essere, però, bilanciato con l’approfondimento di un testo. Le musiche studiate e memorizzate dovevano essere molte, per “aprire la finestra”, come amava ripetere sempre lui: aprire la mente. Si poteva studiare tutto il giorno una Polonaise-Fantasie di Chopin, il Terzo Concerto di Rachmaninov o una Sonata di Schumann, per poi ritrovarsi dopo cena a conversare dei grandi del passato e captare ogni volta un particolare spunto di riflessione – perché, diceva, “la musica non ha morale”! E talvolta l’orologio spariva, con il vinile del Parsifal wagneriano o della Rondine pucciniana (favorita, in questo caso, la registrazione con Anna Moffo)… e si terminava l’ascolto all’albeggiare. Aldo era per certo uno stregone della musica; il pianoforte il suo calderone. Mai una volta mi ha fatto sentire allievo: tante volte mi ha fatto sentire amico, nipote, interlocutore. Era il suo modo di relazionarsi con le persone alle quali voleva condividere il suo pensiero musicale: non sapeva che farsene di un allievo terrorizzato, giacché sarebbe stato improduttivo.
Abbiamo citato Puccini, simbolo della cultura musicale italiana cui Ciccolini rimase sempre legato.
Troneggiava in casa di Aldo, accanto al pianoforte, un vecchio e ingiallito telegramma su cui c’erano scritte, pressappoco, queste parole: «Al mio caro ed eccellente amico Ettore Ciccolini, per le ottime produzioni insieme»… o qualcosa di simile. A inviarlo era nientemeno che Giacomo Puccini, che teneva in gran conto lo zio di Aldo, un basso lirico formidabile. Per quanto francese d’adozione e pur perfezionandosi con Alfred Cortot e Marguerite Long, Aldo non smise mai di sentirsi italiano e di battersi per elevare la produzione musicale italiana».
Il lascito artistico di Ciccolini, come concertista, non si compendia solo nelle straordinarie interpretazioni e nelle storiche incisioni dei grandi “classici” della letteratura pianistica, ma anche nell’aver frequentato e valorizzato un repertorio misconosciuto: ogni volta un mondo da (ri)scoprire.
La decantata purezza di Aldo si è perfettamente espressa anche nel repertorio “perfetto” dei classici. La sua sobrietà e compostezza offrivano signorili letture di tantissimo Scarlatti, Beethoven, Mozart e Schubert – suo prediletto. Nutriva delle riserve su Bach, circa lo strumento da utilizzare: riteneva opportuno scegliere di suonare quei lavori sullo strumento preferito dal Kantor, e non altrove. La curiosità con la quale riscopriva e rivitalizzava, poi, autori raramente eseguiti o affatto conosciuti – per di più in un’epoca ancora “chiusa”, senza le velocissime potenzialità di condivisione odierne – era sicuramente un tratto pionieristico. Questo permise ad Aldo di offrire agli ascoltatori un repertorio imponente. Non si può non menzionare il suo lavoro di ricerca e promozione della produzione pianistica di Déodat de Severac, Gian Francesco Malipiero, Riccardo Pick-Mangiagalli, Erik Satie, Mario Castelnuovo-Tedesco e tanti, tanti altri.
Ciccolini, per sua stessa ammissione, entrò fortuitamente in contatto con le opere del compositore fiorentino – pupillo di Pizzetti costretto a emigrare negli U.S.A. a causa delle leggi razziali – trovando dei suoi spartiti in una libreria con volumi di seconda mano.
Quando ero allievo di conservatorio non sapevo nemmeno dell’esistenza di Mario Castelnuovo-Tedesco. Tale era la consuetudine scolastica, senza previsione di ricerca – se non autonoma, o indotta. Una delle tante battaglie ciccoliniane riguardava questo compositore colto e raffinato, estremamente produttivo, ma emigrato e quindi di difficile “ritorno” nelle nostre sale e nei nostri programmi ministeriali, se non per la chitarra. Tuttavia, dopo la fortuita scoperta, Aldo ha inciso ben quattro dischi. Riteneva Castelnuovo-Tedesco il Ravel italiano e si rammaricava della scarsa attenzione che veniva riposta verso questo compositore, fra i più prolifici dell’epoca. Se oggi nella mia discografia – e in quella di altri colleghi – compare anche un disco di sole musiche per pianoforte di Castelnuovo-Tedesco, alcune in prima mondiale, il merito è esclusivamente di Ciccolini e della sua pazienza nel condividere le sue conquiste e il suo entusiasmo.
Volle essere seppellito a Saint-Félix-Lauragais (Haute-Garonne), vicino alla tomba del compositore e organista Déodat de Séverac, che adorava.
Scelse una tomba che specchia il cielo e su cui si poggiano le nuvole, in perfetta simbiosi con gli ideali che nutrivano il suo grande spirito. Aldo entrò casualmente in contatto con la vedova di de Séverac. Nacque subito un’affinità totale con la sua musica: l’impressionismo, l’intimismo e l’umorismo, sempre esposto con linearità ma con sofisticato uso del colore, erano per un musicista come Aldo il paese dei balocchi. Non a caso, fedele a tale vocazione, l’ultima sua probabile esecuzione integrale di un lavoro per pianoforte – cui assistetti nella sua casa di Asnières-sur-Seine il 19 dicembre 2014 – vide come scelta Kinderszenen (Scene infantili) di Schumann. Ricordo perfettamente in quella fredda e strana serata parigina del 2014, dopo le ultime note di Der Dichter spricht (Il poeta parla), il viso di Aldo a 89 anni suonati con il sorriso di chi, attraverso la propria genialità musicale, era riuscito per un attimo a tornare bambino. L’ascoltatore può facilmente rintracciare l’eterna fanciullezza insita nel musicista Ciccolini nella raccolta En Vacances– che de Séverac fa iniziare, peraltro, con una bellissima Invocation à Schumann.
Ciccolini e la città di Trani: amicizia, arte e un’accademia a lui dedicata.
A Trani Aldo si sentiva a casa, viveva energie positive. È forse per questo che decise che il suo nome fosse assegnato a un’Accademia: per ciò in cui credeva. Ecco come è nata la European Arts Academy “Aldo Ciccolini”, una Fondazione voluta espressamente da Aldo; attraverso un sorprendente endorsement. È stato un testamento di speranza verso la musica e i giovani: non un lascito materiale o monetario, ma qualcosa di molto più prezioso. Aldo desiderava che i giovani aspiranti concertisti e artisti fossero sostenuti nelle loro produzioni e nella loro formazione.
Prossimi progetti dell’Accademia?
La devozione che ha contraddistinto la Fondazione nei suoi primi 5 anni di vita, troverà un momento celebrativo nell’autunno di quest’anno… Covid-19 permettendo. Una volta Aldo mi disse che aveva suonato in due giorni tutti e 5 i Concerti per pianoforte e orchestradi Beethoven con l’Orchestra Sinfonica di Vienna: una impresa titanica! La European Arts Academy “Aldo Ciccolini”, di cui mi onoro di essere direttore artistico e fondatore, ricorderà il Maestro a 5 anni dalla sua scomparsa proprio con i 5 concerti di Beethoven, eseguiti da 5 giovani talenti dell’Accademia stessa. Sicuramente il periodo storico non è dei più facili, in ogni ambito e settore, ma è necessario tener ben presente la strada da percorrere, migliorandosi costantemente con tenacia. Perché, come diceva Aldo Ciccolini, «la musica è per i cocciuti».
Attilio Cantore