Chi si diletta a suonare uno strumento in modo occasionale, in genere viene incoraggiato. Viceversa, dall’arte del canto si pretende sempre la perfezione. Finendo per scoraggiare i cantanti per passione
La signora ha appena ascoltato i Preludi di Chopin e, pianista poco più che principiante, ci prova anche lei con il più facile, quello in la. Ha un pubblico speciale, attento ed estimatore: suo marito. Avesse potuto studiare uno strumento anche lui!
In casa di un’altra coppia: la signora non ha studiato canto, ma la voce è garbata, l’intonazione corretta; appassionata com’è di lirica, si diletta a cantare le arie che conosce meglio. Quella sera prova con Puccini. È l’aria in cui Manon si rimprovera di aver lasciato le infuocate braccia di Des Grieux per nascondersi nell’alcova dove c’è solo silenzio e ghiaccio.
Ha un registro più da contralto che da soprano; questo la costringe ad abbassare d’istinto la sua tonalità, da mi bemolle a si bemolle: «In quelle trine morbide…». Stavolta il coniuge le chiede di smettere, infastidito. Non perché non ami Puccini, o perché ci siano ombre nel rapporto coniugale; ma per qualcosa che riguarda la diversa idea che si ha del canto e della pratica vocale rispetto a quella strumentale.
Cantanti vs. strumentisti: c’è differenza?
Chi suona alla bell’e meglio Chopin è vissuto come membro della famiglia degli amatori; chi canta un brano lirico, è assegnato alla famiglia dei professionisti; e se professionista non è, è opportuno che in casa canti quando è solo.
Dove nasca questo diverso destino è cosa da affidare alla sociologia della musica. Ma anche alla sua psicologia, al valore del far musica per chi la fa. In realtà non c’è differenza di senso, di valore interiore, personale, tra la prestazione della signora e quella del professionista. Ma non c’è nemmeno tra la pratica dei generi musicali.
Nella pagina per pianoforte come nell’aria l’amatore prova la stessa, identica esperienza: quella che rende il far musica, quale che sia il livello; la straordinaria esperienza interiore che arricchisce e gratifica. Cantare Puccini lo fa vibrare dentro di sé proprio come Chopin quando lo si suona. E allora diamo al canto lo stesso valore esperienziale che diamo allo strumento, a scuola e in casa: al tema l’Accademia della Scala dedica un convegno, il 24-25 novembre.
di Carlo Delfrati