Jeu de cartes
Analizzando la Prima Sinfonia di Brahms viene fuori una storia di amore e speranza dal sapore d’opera. Manca solo un buon testo
Il Maestro Greb squadra Luigi e Gualtiero con preoccupante bonomia, interrogandoli: «Come è noto Brahms non ha mai scritto opere, vero?». I due annuiscono, sospettando una trappola. «Eh no!», ghigna infatti l’anziano insegnante: «Quasi vero… Prendete ad esempio l’Adagio con il quale inizia l’ultimo movimento della Prima sinfonia. Si apre il sipario sull’ultimo atto: scorgiamo l’Eroe, esausto, nella semioscurità della grande caverna dove si è consumato lo scontro finale. Il Male è sconfitto ma dell’Amata nessuna traccia.
Lui la cerca, il pizzicato degli archi sembra indicargli la strada ma per due volte la speranza si spegne, di Lei nessuna traccia. Subentra la rabbia, il brontolio degli archi cresce; tutta questa enorme fatica, il coraggio, il desiderio, tutto inutile. Lo sgomento prevale, un secco, sforzato accordo di do minore lo conferma mentre il definitivo rullo di timpani marchia la sconfitta: Lei è morta e non tornerà più.
Un miracolo nell’ultimo atto
Ma un corno, da lontano annuncia un raggio di luce, il flauto riprende il tema. È l’immagine di Lei trascolorata nei tremoli degli archi. Sogno o realtà? Un coro di saggi conferma, l’appassionato duetto dei corni ci rassicura: il Miracolo è avvenuto. Il Bene trionfa e finalmente i Giusti – e gli archi – possono intonare un canto di riconoscenza alla vita e all’amore (Allegro ma non troppo ma con brio)… ».
I due ragazzi ascoltano con la bocca aperta, incantati ma poco convinti. «Insomma!», prosegue Greb, «se Wagner riporta tecniche e processi di elaborazione beethoveniani nel mondo del teatro musicale, Schumann e, almeno in questo caso Brahms, fanno il contrario. Questa pagina l’avrebbe potuto scrivere se non l’autore del Tristan, certamente quello di Der fliegende Holländer. Quindi filate a casa e riscrivete questa introduzione aggiungendo tenore, soprano e coro. E inventatevi un testo, ovviamente in tedesco: vi aspetto tra una settimana».
Michele dall’Ongaro