Bologna: Simon Boccanegra secondo Giorgio Gallione

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Il Simon Boccanegra di Giorgio Gallione conquista gli spettatori felsinei nel segno della tradizione. Nato da una coproduzione del 2007 fra il Teatro Comunale di Bologna e il Teatro Massimo di Palermo, l’allestimento è imperniato sulla costante presenza in scena del capoluogo ligure: la scenografia minimale di Guido Fiorato (curatore dei costumi e genovese anch’egli come Gallione) ha come base una grande piattaforma inclinata, fissa per tutta la durata dello spettacolo, decorata di bianco e nero per richiamare il marmo e l’ardesia genovesi, che funge di volta in volta da piazza dei Fieschi, giardino dei Grimaldi, sala del Consiglio, palazzo del Doge, e celata poi durante l’intervallo e i cambi scena da un telo nero recante un disegno della Genova medievale.

L’atmosfera cittadina viene ricreata anche attraverso il mare evocato grazie alle superbe luci di Daniele Naldi, che dipingono sullo sfondo i riverberi dell’aurora all’inizio del primo atto e l’amato Tirreno durante l’ultimo addio di Simone. Le luci hanno anche il merito di valorizzare alcuni momenti dell’opera: uno su tutti il duetto di Fiesco e Gabriele in cui contribuiscono, insieme a libretto e partitura, a creare un’atmosfera quasi ieratica.

La regia si rivela notevole anche nel lavoro di coordinazione fra musica e azione scenica, atto a sfruttare i diversi elementi musicali che Verdi ha inserito in partitura per suggerire gesti e movimenti attoriali; davvero ben riusciti il finale del prologo, con il forte contrasto fra il Boccanegra disperato e il popolo che lo attornia inneggiandolo, e la grandiosa scena del Consiglio, in cui è ottima la gestione dello spazio e la disposizione di coro e personaggi.

La direzione musicale di Andriy Yurkevych si dimostra asciutta e pulita, seppur talvolta con qualche minima sbavatura nell’intesa col palcoscenico. Difficile trovare imperfezioni nelle magistrali doti attoriali e soprattutto vocali dei quattro cantanti principali: Dario Solari, con la sua compostezza, riesce a rappresentare tutta l’umanità e l’onestà del Doge; Stefan Pop è un geloso Gabriele Adorno dal timbro squillante; perfetta Yolanda Auyanet nei panni di Amelia, in particolare nel duetto con Simone e nell’estremo addio al padre al termine dell’opera; menzione particolare merita, sopra tutti, il Fiesco di Michele Pertusi, che incanta la platea con la sua voce imponente e profonda, la dizione perfetta e la recitazione gelida e austera. Prova molto buona per Simone Alberghini, sebbene il personaggio di Paolo da lui interpretato fosse caratterizzato in modo poco diabolico e incisivo dalla regia, e per Luca Gallo, impeccabile nelle vesti del complice Pietro. Bene anche Antonio Feltracco (un capitano) e Aloisa Aisemberg (un’ancella).

Sempre attento e partecipe il coro, preparato dal maestro Andrea Faidutti, tanto nei momenti fuori scena, quanto nei complessi quadri che coinvolgono il popolo. Al termine dello spettacolo è stato caloroso l’applauso del pubblico, che sembra aver gradito quella che rimane probabilmente l’opera meno immediata del compositore di Busseto.

Immagine di copertina Ph. Rocco Casaluci

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