Grande apprezzamento del pubblico e commozione generale hanno accolto una delle produzioni di Dialogues des Carmélites più interessanti degli ultimi anni. L’opera di Francis Poulenc, ad oggi una delle più fortunate ed apprezzate non solo di Poulenc, ma di tutto il repertorio della seconda metà Novecento, ha incantato il Teatro Comunale dall’11 al 16 Marzo.
Il fascino e l’efficacia della produzione bolognese poggiano sulla solida esperienza del trio Py-Weitz-Killy e sull’abile bacchetta di Jérémie Rhorer, già immortalata in un DVD del 2013 (Erato). La straordinaria la regia di Olivier Py, la cui notorietà come autore, regista, attore oltre che come direttore dell’Odéon-Théâtre e del Festival d’Avignon rende superfluo ogni commento, ha mostrato una mutua coesione con l’espressività toccante delle scene di Pierre-André Weitz.
Molto convincente l’interpretazione di Jérémie Rhorer, già noto al grande pubblico come assistente di Marc Minkowski e William Christie e direttore specializzato nel repertorio di fine ’700. D’altronde non stupisce la dimestichezza con cui i musicisti delle nuove generazioni, specializzati nel repertorio dei secoli XVI-XVII (Non si dimentichi che Rhorer si è formato come clavicembalista), affrontino il repertorio novecentesco. L’orchestra è stata diretta con un gesto omogeneo e corposo risultando sempre chiara e puntuale.
Convincenti anche le parti vocali: il lungo lavoro sulla parte svolto dai cantanti impegnati in questa produzione ha permesso un profonda interiorizzazione. La grande qualità del risultato è stata molto apprezzata dal pubblico, che ha tributato lunghe ovazioni ai cantanti che hanno interpretato le parti più carismatiche. Applauditissima Hèléne Guilmette: la sua interpretazione ha espresso con vividezza la sottile angoscia che pervade il personaggio di Suor Blanche; Sylvie Brunet ha tratteggiato una straordinaria Madame De Croissy, mentre Sandrine Piau ha cesellato una delicata ed ingenua Soeur Constance. Lunghi applausi anche per Sophie Koch nella parte di Mère Marie.
Di grandissimo effetto le scenografie per la loro varietà e per la ricchezza dei dettagli e rimandi interni. Indimenticabile l’agonia della priora, Madame de Croissy, relegata in un letto appeso alla parete, in una illusionistica “deprospettivizzazione” che simboleggia il suo delirio e l’angosciante sua separazione dal mondo. Toccante la contrapposizione tra la tensione a fior di pelle di questo quadro e le delicate e disarmanti parole di Soeur Branche che chiudono l’atto primo.
L’opera nasce da un pluriennale impegno del compositore che mette mano al soggetto di Georges Bernanos nel 1953, in momento particolarmente delicato della sua vicenda umana. Appare immediata e tangibile l’intima empatia del compositore con l’arrovellato ego di Soeur Blanche, protagonista dell’opera, attanagliata in un intrigo di paure e dilemmi esistenziali. La riflessione di Poulenc permea tutta la vicenda delle carmelitane, martiri della fede nel “Periodo del Terrore”, ma anche donne e personaggi tridimensionali, tratteggiati a tuttotondo nella propria natura anche prettamente umana. Un soggetto veramente tragico, un’opera psicologica cui Poulenc accosta la propria riflessione sulla fede, conosciuta – come ricordato dallo stesso compositore – nel 1936 durante una visita alla basilica di Notre-Dame de Rocamadour, in un periodo di una profonda crisi personale.