Vivaldi o no? È ancora un mistero la Sonata per due violini e basso continuo ritrovata a Pisa. L’ensemble Auser Musici l’ha eseguita al Festival Toscano di Musica Antica
È di Vivaldi o non è di Vivaldi? Il dubbio, legittimo, aleggia ancora intorno alla Sonata per due violini e basso continuo trovata, pochi mesi fa, nell’archivio di una nobile famiglia di Pisa da Carlo Ipata, direttore e fondatore dell’ensemble Auser Musici.
L’anaisi
Il manoscritto riporta esplicitamente il nome di Vivaldi come autore di questa «ampia Sonata da chiesa, dalla scrittura molto accurata. Sorgono dubbi», per dirla con lo stesso Ipata, «su alcuni punti che sembrano frutto di disattenzione del copista, che comunque doveva avere conoscenza diretta di Vivaldi, dal momento che lo definisce Don».
La prudenza è d’obbligo, anche perché per la certezza dell’attribuzione entrano in gioco diversi parametri. Ad esempio, l’identità del copista, la filigrana della carta, e così via. Per questo il manoscritto è ora sotto la lente d’ingrandimento di Federico Maria Sardelli, che Vivaldi lo conosce fino alla simbiosi. Intanto ha collocato la Sonata pisana in appendice al catalogo Ryom – del quale è curatore – con la sigla RV Anh. 158: vale a dire come musica riconducibile a Vivaldi anche se non del tutto avallata da elementi stilistici.
La Sonata
Ipata ha comunque avuto il merito di riportare alla realtà dell’ascolto quelle carte relegate al silenzio secolare, organizzando un’esecuzione della Sonata nella fastosa Chiesa di S. Stefano dei Cavalieri di Pisa, nell’ambito del Festival Toscano di Musica Antica. Ascolto che ha sollecitato convinzioni sulla paternità vivaldiana ma altrettante perplessità.
Sono quattro movimenti ben scritti, con soluzioni effettivamente vivaldiane ma pure tipiche di quell’epoca, che sono stati ricreati con convinzione dai musicisti di Auser Musici, e in particolare dai violinisti Raffaele Tiseo e Rossella Borsoni.
La prima mondiale della Sonata era incorniciata da due note pagine di Vivaldi; in particolare, il Salmo Ludate pueri RV 601 e il Mottetto In furore iustissimae irae RV 626. A far da solista, il soprano Dioklea Hoxha, voce piacevole ma modellata da uno stile troppo incline al melodramma ottocentesco; di appropriato gusto filologico si sono rivelate le spigliate letture di Ipata e dei suoi Auser Musici.
Francesco Ermini Polacci