REFLEX
Quando qualche musicologo illuminato vorrà raccontare la storia del Novecento, si troverà la musica di Aznavour, di Aretha Franklin. Dovrà essere così lungimirante e coraggioso da riscattarli dal mondo della “musica leggera”
Erano artisticamente distanti tra loro. Le loro strade non si incontravano se non per le emozioni che con la loro voce e le loro canzoni riuscivano a trasmettere. Ma ho l’impressione (spero infondata) che il mondo della musica cosiddetta classica o colta (scegliete voi) nella sua sconfinata autoreferenzialità sia indifferente alla perdita di due indimenticabili artisti come Aretha Franklin e Charles Aznavour.
Poco importa perché continuano a vivere nei ricordi di una generazione che può dirsi fortunata. Erano gli anni del boom economico che accompagnava l’ascesa, la vita e il declino dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Bee Gees, dei Vanilla Fudges, di Frank Zappa e di tutto quel mondo musicale che apparteneva alla Beat Generation.
Non chiamatela musica leggera
Quando, superando le barriere dei generi musicali, qualche musicologo illuminato vorrà raccontare la storia della musica del Novecento nella sua globalità si troverà davanti, tra gli altri, i nomi e la musica di Aznavour, di Aretha Franklin etichettati spesso troppo sbrigativamente. Ma dovrà essere così lungimirante e coraggioso da riscattarli una volta per tutte dal mondo parallelo della cosiddetta “musica leggera”.
Definizione quanto mai autolesionista da parte di chi l’ha inventata; perché, contestualmente e senza volerlo, definiva “pesante” l’altra musica, quella che cercava di distinguere con un termine che ancor oggi è oggetto di dibattito.
Sono tornato a cercare tra i vecchi vinili (da tempo quasi dimenticati). Ecco riapparire De André, Otis Redding, Oscar Peterson, Ray Charles, Ella Fitzgerald, Sara Vaughan… Un elenco lunghissimo di nomi; accanto a loro, ma in un altro scaffale ci sono Michelangeli, Horowitz, Bernstein, Heifetz e così via. Mi sono chiesto perché separarli? Predico bene e razzolo male? Ma forse è giusto così: separati fisicamente, ma uniti dalle emozioni che sanno trasmettere con la musica.
Gaetano Santangelo