Appunti, spunti e contrappunti di sei italiani all’estero: vita da clarinettisti in lockdown

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Sono ragazzi, per lo più; musicisti italiani che credono in un sogno, coltivandolo con coraggio: fratelli-di-tema in un mondo pieno di incognite. All’estero hanno ottenuto un giusto riconoscimento al loro valore, ricoprendo posti di primo piano in prestigiose orchestre e istituzioni didattiche. E oggi? Sono testimoni di una Europa che giorno dopo giorno muta nel profondo: in cui, fra timori e speranze, una ad una vacillano le rassicuranti certezze, mentre le quotidiane necessità reclamano, improvvisamente, new behaviours. Le voci di questi sei clarinettisti sono, per questo, importanti: «si intromettono, rifiutano di essere / note marginali», come in una poesia di Philip Morre. 

«Questo periodo paradossale sta di certo aiutando tutti a riflettere sulle proprie priorità e sui propri affetti, ma anche sul ruolo che la musica svolge nella vita di ognuno», racconta Aron Chiesa, 23 anni, Primo clarinetto della Sinfonieorchester Basel. «La musica è stata sempre per me una compagna di vita, ma solo ora ho compreso appieno la sua importanza. In queste settimane di confinamento ho realizzato quanto riesca a unire le persone: è davvero il miglior mezzo per esprimere un autentico senso di fratellanza».

«Ho scoperto un silenzio che non avevo mai sentito prima d’ora, anche se dentro di me risuonava in modo assordante», chiosa Andrea Fallico, vincitore del Concours Debussy 2014 e clarinetto solista dell’Orchestre National Montpellier Occitanie. «Quando le lancette dell’orologio sembrano essersi fermate, l’unica cosa da poter fare è rispettare le regole che ormai tutti conosciamo a memoria. Spero però vivamente che i musicisti possano tornare presto a far risuonare i propri strumenti per un pubblico vasto, come un tempo».

Caso a parte quello della Svezia che, come è noto, ha fin da subito puntato a «un lockdown vivibile»: l’epidemiologo Andres Tegnell, conscio dell’inevitabilità di una lunga convivenza con il virus, aveva infatti proposto di adottare una strategia basata su responsabilità individuale e regole precise circa gli assembramenti. Le istituzioni musicali hanno allora proseguito le loro attività, ma a porte chiuse. «Suonare per una sala da concerti vuota fa un certo effetto», commenta Andrea Scaffardi, classe 1990, Principal Clarinet della Malmö Symfoniorkester, «ma credo sia importante continuare a far emozionare il pubblico, anche se virtuale. Qui a Malmö stiamo rivedendo settimanalmente i programmi, per gruppi per lo più cameristici. Non fermarsi è stato un messaggio decisamente positivo. Tutti abbiamo voglia di continuare». 

Ma il punto è: quale futuro attende il mondo della musica e dello spettacolo? Angelo Montanaro, professore di musica da camera al Conservatorio Superior de Música de Castilla y León a Salamanca, si chiede con lucidità: «Cosa accadrà? Quanta gente sarà costretta a trovare un nuovo lavoro? Quante famiglie dovranno ancora soffrire a causa della crisi? Si continuerà a dare la giusta importanza alla vita artistica oppure diminuiranno sensibilmente le attività concertistiche per colpa di budget economici sempre più ridotti?». Per il momento queste rimangono alcune delle grandi domande senza risposta. 

E poi il tema cruciale dello streaming, affrontato da Gianluigi Caldarola, Primo clarinetto dell’Orchestra dell’Opéra Royal de Wallonie-Liège. «Per noi musicisti il contatto con il pubblico è fondamentale. Oggi viviamo nell’era dello streaming, è vero; il digital è una risorsa preziosa, ma questo non significa che debba prevaricare i consueti metodi performativi. Quando questo periodo difficile terminerà, la gente dovrà innanzitutto aver fiducia di ritornare nei teatri e nelle sale da concerto». 

Nel frattempo, è iniziata la Fase 2: il déconfinement si fa strada ma altre sfide attendono tutti. Il Coronavirus ha segnato profondamente la nostra società. In un panorama incerto e tormentato, soprattutto per chi vive all’estero la voglia di riabbracciare famiglie e amici è irrefrenabile. Alcuni, con rocambolesche avventure aeree (oltre 27 ore di viaggio), sono anche riusciti fortunosamente a rientrare in Italia. È il caso, per esempio, del Primo clarinetto della Turku Philharmonic Orchestra. «Nonostante in Finlandia non ci sia mai stato un vero e proprio lockdown, per tutelare i miei colleghi e me stesso ho preferito fare la “quarantena all’italiana”», spiega il ventiquattrenne Matteo Mastromarino, «trascorrendo più di un mese e mezzo chiuso in un monolocale, con molto tempo a disposizione per meditare su quanto assurda sia la fase storica che stiamo vivendo. L’ultima volta che ho suonato alla Concert Hall di Turku, il 12 marzo, è stata per una dress rehearsal live streaming: in programma Ma mère l’oye di Ravel e la Sesta sinfonia di Dvořák. Adesso la mia orchestra è in ferie; ricominceremo le attività ad agosto, con l’entusiasmo di sempre. Intanto, qui a casa in Puglia mi godo il calore della mia famiglia, sperando di rivedere il prima possibile i miei “congiunti”».

N.d.a: Nella foto, l’incipit del primo tempo della Sonata per Clarinetto composta da Leonard Bernstein nel 1942, brano caro a tutti i virtuosi dello strumento, pervaso da luminoso entusiasmo.

Attilio Cantore

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