Antonio Pappano nella veste di pianista con Luigi Piovano

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Per chi conosce Sir Antonio Pappano come direttore d’orchestra estroverso, animato da un’energia incontenibile, è stata senz’altro una sorpresa scoprirlo nel ruolo di pianista, come è avvenuto a Mestre, qualche giorno fa, in occasione del concerto tenuto con il violoncellista Luigi Piovano per gli Amici della Musica.

In realtà, come ha dichiarato durante la breve intervista improvvisata sul palco insieme a Mario Brunello e allo stesso Piovano, il pianoforte rappresenta l’inizio della sua carriera musicale e il ritornarci periodicamente consente al celebre direttore italo-inglese di apprendere sempre qualcosa di nuovo. “Quando dirigo nulla è tattile, manca il rapporto con uno strumento e tutto appare in un certo senso quasi diabolico”, ha confessato al pubblico che gremiva il teatro Toniolo.

Ci si sarebbe potuti aspettare una visione cameristica impregnata di colorismo orchestrale, e invece si viene ancora una volta spiazzati: l’intimismo del tocco di Pappano, particolarmente delicato ed efficace nelle mezze tinte e nei sussurri, valorizza piuttosto i valori puramente pianistici e cantabili dello strumento a tastiera, la sua capacità di suggerire velature, di scavare nel regno dell’ombra.

I misteri brumosi della Sonata op. 38 di Brahms vengono esaltati e vivacizzati da una narratività che ricorda la poetica di Schumann, complice lo stile esecutivo introspettivo, equilibrato ed essenziale di Piovano, anch’egli valente direttore d’orchestra nonché prima parte dell’Accademia di S. Cecilia.

L’Allegro finale, concepito da Brahms come omaggio all’Arte della Fuga di Bach, porta alla luce una concezione cameristica verticalizzata, che esalta il valore fondativo dell’armonia come generatrice di impulsi direzionali. Più estroflessa appare invece la visione della seconda Sonata brahmsiana, l’op.99, composta a oltre vent’anni di distanza dalla prima.

Gli interpreti optano per una Stimmung vibrante di passione e intensa cantabilità, articolata da  contrasti accesi e squarci talora folli e demoniaci, come avviene nel terzo movimento. Pappano accende la densa scrittura brahmsiana ma sa anche definire con cristallina purezza linee melodiche e agilità terse; Piovano valorizza l’impeto drammatico, illumina i registri più acuti dello strumento e porta in rilievo i nessi strutturali che intrecciano l’opera, tra i capolavori dello stile tardo.

Sorpresa nella sorpresa i brani italiani inseriti in apertura delle due parti del recital. Se le Due Romanze op. 72 di Giuseppe Martucci, coi loro fraseggi lunghi e il canto scevro da ogni sentimentalismo stupiscono anche per la sapiente struttura armonica, la Meditazione lugubre di Gaetano Braga sembra evocare, anche nella tonalità, oltre che nella scrittura, la luttuosa atmosfera che avvolge l’op. 38 di Brahms.

Due fuoriprogramma, successo caloroso, rinforzato dalla simpatia umana dei due protagonisti, “direttori che suonano e si raccontano”, espressione di un nuovo profilo dell’interprete, polivalente divulgatore culturale dalle molteplici competenze.

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