Un direttore italiano, e una storica orchestra ungherese si uniscono per un progetto nel segno di Beethoven e Schumann. Ce ne parla Andrea Vitello
Ha debuttato su disco dirigendo l’Ensemble BIOS nel Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg, riscuotendo molto successo nella critica che lo ha paragonato alle storiche interpretazioni di Pierre Boulez e Giuseppe Sinopoli. Ha affrontato numerose prime esecuzioni di compositori contemporanei come Peter Eötvös, Tristan Murail, Oliver Schneller, Andrea Portera e Alessio Elia. Andrea Vitello, classe 1977 e una carriera internazionale ormai avviata, ci presenta un repertorio più tradizionale.
Sono brani di Beethoven e Schumann eseguiti dall’Orchestra Sinfonica MÁV di Budapest, storica compagine ungherese fondata nel 1945 dalle Ferrovie dello Stato Ungherese, e da tre giovani solisti di talento come la violinista Laura Bortolotto, il violoncellista Amedeo Cicchese e la pianista Francesca Leonardi.
Direttore d’orchestra si nasce o si diventa? Qual è la sua storia musicale e, appunto, come mai è diventato direttore d’orchestra? Quali sono state le tappe fondamentali?
«Direttore d’orchestra senz’altro si diventa; direi invece che musicista si nasce. Per come la intendo io, quella del musicista è una sorta di vocazione; ha a che fare con una sfera spirituale e metafisica più che pratica e materiale. Per quanto mi riguarda, ho una formazione come pianista e compositore fondamentalmente autodidatta.
Ho compiuto studi regolari dopo i vent’anni: ho conseguito il diploma in Musica Corale e Direzione di Coro; poi la Laurea in Composizione e Direzione di Coro presso il Conservatorio Martini di Bologna (relatore Gian Paolo Luppi) e il diploma di Alto Perfezionamento in Direzione d’Orchestra presso l’Accademia Musicale Pescarese sotto la guida di Donato Renzetti. Evidentemente non sono un enfant prodige! Le mie prime esperienze con la direzione le ho fatte in età già matura con formazioni corali, dopo le quali sono successivamente approdato all’orchestra».
Un percorso che l’ha portata a dirigere in particolar modo il repertorio contemporaneo. Come mai questa scelta?
«Le mie prime esperienze professionali di una certa importanza sono state come compositore. Forse per questo mi è rimasto l’amore per la scoperta e la convinzione che a noi interpreti spetti anche il compito di eseguire la musica del nostro tempo nel migliore dei modi. In questo senso gli studi di composizione sono utili a comprendere cosa valga la pena esplorare e cosa no; non sempre le cose più degne ed interessanti sono quelle che escono dalle grandi scuole o quelle tecnicamente più “agguerrite”».
Qui invece abbiamo una selezione di brani che includono Beethoven e Schumann. Che tipo di percorso ha voluto disegnare con questo programma?
«Si tratta di registrazioni live effettuate durante una tournée che ha toccato alcune importanti sale italiane nell’ottobre 2017, dal Petruzzelli di Bari alla Sala Verdi di Milano.
È noto come Schumann consideri Beethoven un modello; la sua scrittura orchestrale è stata tuttavia oggetto di critiche e di rimaneggiamenti. Tra i più noti ci sono quelli di Mahler; ma anche Szell, per citare un ungherese, nelle sue incisioni con la Cleveland Orchestra ha operato decisioni arbitrarie per quanto riguarda l’orchestrazione.
Nella mia concertazione ho accolto alcuni suggerimenti di Mahler in termini di dinamiche e agogica, in particolare nel primo e nell’ultimo movimento, mantenendo invariata l’orchestrazione di Schumann per l’intera sinfonia. Più in generale, ho cercato di mantenere le indicazioni di tempo originali, a costo di qualche rischio di “sporcare” l’esecuzione. Una scelta che a giudicare dalle lusinghiere recensioni ai concerti e dall’entusiasmo del pubblico ha avuto buon esito».
Com’è iniziata la collaborazione di Andrea Vitello con la MÁV Orchestra di Budapest? Che tipo di approccio avete utilizzato per l’interpretazione di questo repertorio?
«Ho lavorato per la prima volta con loro nel 2014, come preparatore dei brani contemporanei del concorso Antal Dorati. Da allora sono stato invitato in stagione e li ho diretti in altre occasioni. La MÁV è un’orchestra di profonda tradizione; è una compagine storica e come tutte le grandi orchestre ha un suono e un “colore” caratteristici.
Di mio, oltre all’interpretazione particolare dei brani in programma, ho cercato di mettere un’idea del far musica che predilige un respiro cameristico e ama giocare con l’agogica. Ho inoltre commissionato io stesso alla giovane compositrice Elvira Muratore l’orchestrazione di Widmung, un bellissimo Lied di Schumann che abbiamo eseguito come bis nei concerti del tour».
Il Triplo concerto di Beethoven include anche tre solisti prestigiosi come Laura Bortolotto, Amedeo Cicchese e Francesca Leonardi: come sono entrati a far parte del progetto? Come si è svolta la vostra collaborazione?
«Il progetto è stato realizzato in collaborazione con il CIDIM, ente importantissimo per la promozione dei musicisti italiani nel mondo, al quale si deve la partecipazione dei tre giovani solisti. Lavorare con loro è stato un vero piacere perché sono degni rappresentanti della migliore giovane scuola strumentale italiana di oggi, cosa del resto testimoniata dalle eccellenti carriere che stanno facendo».
Quali sono i suoi progetti futuri?
«Ho da poco pubblicato per la prima volta per Warner Classics con I Solisti del Teatro alla Scala di Milano: il cd comprende brani di Stravinskij, Eötvös e dei più giovani Alessio Elia, Rita Ueda e Albertas Navickas, e adesso stiamo lavorando alla sua promozione (octets.info). Nella prossima stagione inoltre sarò in diverse occasioni in Russia, Bulgaria e Ungheria per una serie di impegni più tradizionali in campo operistico e sinfonico».
di Claudia Abbiati
Info download
BEETHOVEN
Ouverture “Le creature di Prometeo” • Triplo Concerto op. 56
SCHUMANN
Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61
- Laura Bortolotto violino
- Amedeo Cicchese violoncello
- Francesca Leonardi pianoforte
- Orchestra Sinfonica MÁV di Budapest
- Andrea Vitello direttore
accedere al sito amadeusonline.net e inserire il codice AV345BS18