Amalia Ercoli Finzi: la musica è come la scienza

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Amalia Ercoli Finzi, anche nota come “la signora delle comete”, racconta della sua passione per la musica. Suona il pianoforte sin da bambina e adora Chopin

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Amalia Ercoli Finzi è la “signora delle comete”. Ingegnere aerospaziale, 81 anni, suona sin da bambina  il pianoforte

Quel “bip bip” che emise il satellite Sputnik dallo spazio il 4 ottobre del 1957 forse resta per Amalia Ercoli Finzi la nota musicale più bella. A 81 anni una delle massime esperte di ingegneria aerospaziale, la signora delle comete, com’è stata soprannominata per il contributo dato alla Missione Rosetta, ricorda quel momento con emozione.

«Io c’ero e a differenza di Krusciov capii subito che quel suono segnava una svolta epocale. Lui se ne rese conto il giorno dopo, quando lesse i giornali americani… Ma è tutto lo spazio a essere una grande armonia. Stelle, pianeti, satelliti: ognuno ha le sue note speciali e insieme formano una grande orchestra che funziona alla perfezione. Perché l’universo non è solo fatto di massa ma anche di sensazioni. E di sentimento».

Amalia Ercoli Finzi ha da sempre un rapporto stretto con la musica

«I miei genitori erano grandissimi amanti della lirica e io sono cresciuta vedendoli ascoltare le opere con l’orecchio attaccato alla radio. Ma soprattutto mi hanno mandato a lezione di pianoforte all’età di 7 anni».

Una famiglia della piccola borghesia di Gallarate che nonostante la guerra non aveva voluto far mancare alle figlie una parte ritenuta essenziale dell’educazione, quella musicale. «Mi iscrissero dalle suore canossiane e mi comprarono un pianoforte. Quanti esercizi ho fatto! Soprattutto mi ricordo la maestra molto severa che aveva una bacchettina, pronta a colpire le mie dita a ogni errore. Ancora oggi quando sbaglio una nota mi viene di ritrarre la mano…».

Sì, perché Amalia Ercoli Finzi ha mantenuto l’abitudine di suonare «per la gioia mia e per la disperazione degli altri», dice con quell’ironia che rende godibilissime le sue straordinarie lezioni di scienza e l’ha fatta amare anche dal grande pubblico.

A casa ha un pianoforte mezza coda

«Amo Chopin e soprattutto i suoi valzer. È un autore difficile, ha tanti lenti ma richiede anche una notevole agilità. Che io non ho. E poi, sembrerà strano perché è all’opposto, adoro Bach: è un nastro che si srotola rivelando con chiarezza ogni legge della musica. Infine, ogni tanto mi diverto con il ragtime di Scott Joplin. Però non posso dire che suonare mi rilassi. Mi dà gioia. E una grande carica».

Ricorda quando da studentessa si metteva in fila al Teatro alla Scala per conquistare un posto in loggione. «Aspettavo all’uscita i cantanti. Madama Butterfly era la mia opera preferita e piangevo per la sorte di Cio-Cio San, soprattutto quando la interpretava Renata Tebaldi».

Quel legame tra musica e scienza

Da sempre a contatto con gli studenti, ogni tanto Amalia Ercoli Finzi va ad ascoltare le esibizioni degli allievi del Conservatorio di Milano. «La musica è come la scienza: richiede approfondimento. Mi ricordo i concerti che Bruno Canino offriva ai ragazzi del Politecnico. Ora è un piacere vedere gli studenti del Conservatorio così motivati, anche se magari non sono ancora perfetti.

Ma questa ossessione della perfezione, che abbiamo solo in Italia, non permette spesso di trasmettere la passione per la musica».

Passione che invece lei è riuscita a traghettare ai cinque figli e ora ai sei nipoti. «Tutti suonano qualcosa, dalla chitarra al sax all’oboe. E la più piccola ha cominciato con il pianoforte. Chissà…».

Torniamo allo spazio, anche perché Amalia Ercoli Finzi sta dando il suo contributo alla ricerca che ci porterà a sbarcare su Marte. Le chiediamo quale musica rappresenti meglio lo spirito di queste conquiste.

«Credo che la Sinfonia del nuovo mondo di Dvořák resti il brano ideale per raffigurare l’atto della creazione, gli effetti del Big Bang e lo stupore che prende gli astronauti quando sono lassù. Perché a ogni scoperta si apre un nuovo abisso di ignoranza. Ed è per questo che l’umanità non si ferma nell’esplorare nuovi orizzonti».

di Alessandro Cannavò

conversazione@belviveremedia.com

 

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