«Tre cose sono necessarie per un buon pianista: la testa, il cuore e …» una ricca playlist!
Scherzi a parte, il forzato isolamento entro le mura domestiche, a dispetto delle pesanti restrizioni, dischiude talora opportunità trascurate in tempi “ordinari”, come quella di sedere al pianoforte per qualche ora di sollievo in compagnia di buona musica. La ricognizione antologica di pagine pianistiche poco note o, in altri casi, offuscate dalla patina degli anni assume allora i toni di una piacevolissima (ri)scoperta che, aborrendo criteri strettamente didascalici, può coinvolgere e ancora stupire i moderni Liebhaber, “dilettanti” nel senso più aulico del termine.
Una rapsodica rassegna di consigli per intenditori non potrebbe che iniziare considerando la terza tra le facoltà da Mozart necessarie al buon pianista (e scherzosamente omessa nella semi-citazione d’apertura): le “dita”. Accantonati tomi di tecniche pianistiche più o meno trascendentali, tra le raccolte di Studi meno battute dai programmi di Conservatorio, può capitare di rinvenire gemme inattese: è il caso degli Studi op. 46 e 47 di Stephen Heller. Di sorprendente gusto melodico ed espressività, offrono un ottimo bilanciamento tra cantabilità ed asperità tecniche, risultando accessibili e gradevoli a dilettanti di ogni età.
Venendo alla “testa” – ma senza eccedere in pantagruelici sofismi contrappuntistici – si offrono a un’edificante riscoperta le trascrizioni da Johann Sebastian Bach di Wilhelm Kempff, autentica icona del pianismo del XX secolo, nato a Jüterbog, alle porte di Berlino, 125 anni addietro. L’antologia, pubblicata da Boosey&Hawkes, si apre con il Siciliano in sol minore dalla Sonata per flauto n.2 BWV 1031 e contiene trascrizioni di corali, come Wachet auf, ruft uns die Stimme BWV 645 e Jesus bleibet meine Freude dalla cantata Herz und Mund und Tat und Leben BWV 147, alternative alle certamente più note busoniane.
Infine, passando al “cuore” la facoltà cui, anche per i pianisti (“animali” solo in certi Carnevali), «è più difficile comandare», i possibili suggerimenti si sprecano.
Un percorso esplorativo extra-tonale potrebbe facilmente condurre a esperienze “d’amebleument” alla Satie, come nel Prélude en Tapisserie, ai Nocturnes e ai Pièces froides, o anche a un ludico Menus propos enfantins, di rossiniana ispirazione (meravigliosa la ristampa della prima edizione M.Eshig, Parigi, 1914). Restando in tema di mura domestiche nel disegno di Pablo Picasso che vedete nella foto, Erik Satie è ritratto il 21 novembre 1919 nello studio parigino del pittore in rue de La Boétie con Jean Cocteau, la ballerina Olga Kokhlova e il critico d’arte Clive Bell.
Se poi si dispone di un/a buon/a compagno/a di viaggio, consigliatissime anche Átiratok (ed. Universal Music EMB), ossia “trascrizioni” a quattro mani di Kurtág da Machaut (estratti della Missa de Notre Dame), Lasso (Qui sequitur me), Schütz (frammenti dalla Matthäus-Passion), Frescobaldi (due Correnti) e altri. Una singolare occasione di confrontarsi con l’antico – per tacere delle esclusive suggestioni kubrickiane, strimpellando al piano, in assenza di moog, Henry Purcell e la sua Queen’s Funeral March! Da ricordare anche i poco frequentati Cinque pezzi a quattro mani del giovanissimo Ligeti (ed. Schott Music), in cui risuonano i ritmi di danze popolari ungheresi, ma anche alcuni imprestiti da Musica Ricercata – alternativa per pianoforte solo, su cui ripiegare in assenza di partner accomodanti.
Per i più “romantici”, si dice che all’ispirazione poetica di un buon pianista non possano mancare i Lieder ohne Worte di Felix Mendelssohn-Bartholdy: ma se lo Streben sonatistico chiama, la “piccola” di Franz Schubert (Sonata in La Maggiore D 664) potrebbe essere una valida risposta.
Concludiamo l’excursus con la recente prima edizione, per i tipi di Durand, di un manoscritto debussyano che scalda il “cuore”: «Les soirs illuminés par l’ardeur du charbon», riemerso nel 2001 insieme alla sua commovente storia. Il brano di Debussy, che cita un verso di Le balcon dai Fleurs du mal di Baudelaire, sarebbe stato donato dal compositore pochi mesi prima della sua morte ad un mercante, in segno di gratitudine per una fornitura di carbone durante il rigido inverno di guerra 1916-17.
23 misure appena, che sembrano invitare a una riflessione, sulla scorta di P.Verri e di Kant: «se gli uomini fossero perfettamente sani e allegri, non sarebbero nate mai le belle arti».
Silvia Del Zoppo