AmadeusPlaylist #Fase2 Amori ricongiunti III. Allegretto. A ritmo di polka

in News
  1. Home
  2. News
  3. AmadeusPlaylist #Fase2 Amori ricongiunti III. Allegretto. A ritmo di polka

«L’amore è quella cosa che tu sei da una parte, lui dall’altra, e gli sconosciuti si accorgono che vi amate». Aveva ragione Massimo Troisi e ogni innamorato può confermarlo, soprattutto alla luce di queste ultime settimane di lockdown. Ma adesso che tutto sembra essere tornato alla normalità – e le frontiere regionali non sono più un limite – è tempo di pensare solo e soltanto agli #amoriricongiunti. A loro Amadeus dedica il round up of listening di questo weekend, ispirandosi ad alcune memorabili pagine del repertorio operettistico.

Folleggiante figlia del compositore Jacques Offenbach, l’operetta nasce nel 1855 al Théâtre des Bouffes-Parisiens in carré Marigny e subito si impone come «l’unica forma drammatica che realizza compiutamente le possibilità del teatro», per dirla con Karl Kraus. Si tratta di uno spettacolo in cui nulla è serio, fuorché l’amore; dove l’idillio si trasforma in parodia e l’ironia in una effusione; dove tutte le vanità e tutti i drammi umani si mescolano in una commedia mirabolante prima di svanire come spuma di champagne in un finale galvanizzante in cui «tutto gira e tutto danza». Sotto l’influsso dei giudizi di Émile Zola, molti critici consideravano le operette di Offenbach scostumate e scandalose. Eppure, tutta l’epoca in cui il compositore visse «deriva da lui, dalle sue facezie e dalla sua musica» (Alphonse Daudet). Figlio di Isaac Eberst, musicista ebreo originario della città tedesca di Offenbach, il giovane Isaac (poi diventato lo Jacques di cui tutti, almeno una volta, hanno sentito parlare: non fosse altro che per il Cancan dell’Orphée aux Enfers) nel 1833 entra al Conservatoire di Parigi – diretto a quel tempo da Luigi Cherubini – ma vi rimane un anno soltanto, preferendo vivere «nell’attesa dell’avvenire». Ingaggiato su due piedi come violoncellista nell’orchestra dell’Opéra-Comique, ha modo di maturare «la sua buffoneria sfrenata, la fantasia più capricciosa» (Claude Terrasse). Dopo tre lustri, con la sua musica conquista Parigi e, poco più tardi, tutta l’Europa – tanto che Gioachino Rossini, in uno slancio di generosità, gli conferisce il titolo onorifico di «Mozart dei Champs-Elysées». Offenbach non ha mancato di ispirare i pettegolezzi dei giornalisti e la fantasia dei caricaturisti. Molti i suoi vizi: l’estrema eleganza e la spudorata civetteria (nonostante non fosse propriamente una icona di bellezza). Ma, sopra tutti, lo affliggeva «un vizio terribile, invincibile, ed è quello di lavorare sempre». Uno dopo l’altro nascono così capolavori straordinarî, testimoni gloriosi di un’ultima sfolgorante parade musicale della Ville Lumière del Secondo Impero.

Per gli innamorati al tempo della Fase 2 non c’è desiderio più grande che il trascorrere una «Belle nuit, ô nuit d’amour», come con struggente affettuosità insegna la famosa barcarola de Les contes d’Hoffmann (l’ultimo, incompiuto, lavoro di Offenbach). Sì, perché «s’accende la passione, la scintilla, se l’amato è qua»! Come non essere d’accordo con il lazzarone Coscoletto – protagonista dell’omonima operetta di ambientazione napoletana – che ha totalmente perso la testa per l’avvenente Mariana, moglie del pastaio Frangipani (si ascolti il bellissimo couplet «Die Liebe solle in susses Flaschchen sein»).

Questo, all’ingrosso e al dettaglio, si direbbe poi il momento perfetto per una fuga d’amore in compagnia di un aitante militare dall’aria trionfante e dalla divisa smagliante. Prendete pure esempio dalla vogliosa Granduchessa di Gérolstein che, attratta irresistibilmente dal fascino della divisa, si invaghisce del soldato Fritz nominandolo ipso facto generale, con gran dispetto del comandante in capo Boum. «Ah! Que j’aime les militaires» canta fremente, rivolgendosi alle sue valorose truppe che di lì a poco sarebbero andate in guerra, confessando maliziosamente di voler «être cantinière» per star loro sempre attorno «quando fan l’alza bandiera». Questo è di certo uno dei momenti topici de La Grande-Duchesse de Gérolstein: da non perdere le incisioni della divina Régine Crespin diretta nel 1976 da Michel Plasson, della splendida Lucia Valentina-Terrani (Festival della Valle d’Itria 1996) e della eclettica Dame Felicity Lott, nella produzione curata da Marc Minkowski al Théâtre du Châtelet (Virgin/Erato 2004).

«Trova il tempo / per qualcuno da poter chiamare amore, / tesoro, che ti stringa / che possa eccitarsi e appoggiare la testa / sul tuo cuore in pace» recita una poesia di Allen Ginsberg. Tutto è pronto per una serata romantica, a lume di candela. Dedicate al vostro amore la serenata dalla Frasquita di Franz Lehár «Schatz, ich bitt’ dich, komm heut’ Nacht» («Tesoro, ti prego, vieni stasera»). Un must rimane però naturalmente la romanza «Dein ist mein ganzes Herz» («Tu che m’hai preso il cuor»), cantata dal principe cinese Sou-Chong ne Il paese del sorriso, interpretata dai più grandi artisti del repertorio lirico e pop: da Mario Del Monaco e Frank Sinatra, da Pavarotti a Max Raabe. E come dimenticare il commovente duetto d’amore di Danilo Danilowitsch e Hanna Glawari, «Tace il labbro», dal terzo atto de La vedova allegra (Die lustige Witwe). Fra le grandi interpreti del ruolo del titolo campeggia Raina Kabaivanska – memorabile l’allestimento firmato nel 1991 da Mauro Bolognini per il Teatro dell’Opera di Roma, con la direzione di Daniel Oren.

L’operetta Al Cavallino Bianco di Ralph Benatzky offre almeno due momenti particolarmente adatti a questa nuova “fase”, da gustare nelle fantastiche edizioni che vedono nel cast la coppia – sul palcoscenico e nella vita – formata da Daniela Mazzuccato e Max René Cosotti. Meravigliosi i duetti «Mi pare un sogno, un’illusion» (in cui il cameriere Leopoldo sente «il core intenerire» nello stare finalmente accanto all’amata ostessa Gioseffa) e «Negli occhi tuoi c’è un non so che» (Giorgio Bellati-Ottilia).

Impossibile non citare, infine, la dolcissima song del pittore Raoul Delacroix «Was weiß ein nie geküßter Rosenmund» quando, nel secondo atto de Das Veilchen vom Montmartre di Emmerich Kálmán, rivede dopo molto tempo la sua vecchia fiamma Ninon e la passione si riaccende. Assai suggestiva la historical recording del leggendario tenore austriaco Richard Tauber.

Si conclude così la nostra breve playlist sugli amori ricongiunti: spensieratamente, nel più autentico spirito dell’operetta, fra una Polka e una “Carambolina”, una Marcia e un Fox-Trot. Molti dei nostri lettori avranno ormai già riabbracciato le loro dolci metà e magari danzato un walzer sulle note del Graf von Luxemburg di Lehár. In fin dei conti, la vita dovrebbe essere sempre vissuta come una continua e spumeggiante “aria dello champagne”. Ce lo insegna asburgicamente Johann Strauß Jr., «creatura di sogno nata per indurre a sognare», ne Il pipistrello (Die Fledermaus). Forza, a ritmo di polka «brindiamo insieme» all’amore!

Attilio Cantore

Playlist Apple Music

Per una ripartenza da festeggiare: il ventennale dell’Emilia Romagna Festival
Countdown: lo spettacolo dal vivo sta per ripartire

Potrebbe interessarti anche

Menu