Nonostante i turbamenti nel backstage (dovuti ai tagli nel bilancio), il Teatro Regio porta in scena un buon Trovatore. Peccato solo per la mancanza del fuoco…

Cʼè un notevole turbamento presso i lavoratori del Regio di Torino, nel cui cartellone troviamo Il trovatore di Verdi. Il grosso buco di bilancio dovuto per lo più al ritardo nei finanziamenti pubblici e alla loro sostituzione con l’elargizione di beni immobili difficili da vendere, ha portato alla minaccia di possibili licenziamenti. Per questo le masse artistiche e quelle del personale sono salite sul palcoscenico, prima dello spettacolo inaugurale della stagione lirica, ad esprimere la loro preoccupazione.
Pubblico disorientato
La stagione 2018-2019 è tutta incentrata sui titoli del grande repertorio, cosa che ha disorientato alcuni abbonati, devoti ammiratori della coppia formata da Gaston Fournier Facio e da Gianandrea Noseda, già direttore artistico e direttore musicale, decaduti improvvisamente con le dimissioni del sovrintendente Vergnano, e propugnatori di idee artistiche e culturali più ampie di quelle proposte dalla stagione appena iniziata.
Dal pubblico si sentono pareri diversi. Alcuni spettatori si sono detti indispettiti per le regie troppo libere portate a Torino dalla precedente gestione, altri perché sono andati via quelli che le organizzavano.
Lo spettacolo: Il Trovatore
Assolutamente tranquillo è lo spettacolo che Paul Curran ha ideato per Il trovatore che mancava a Torino da molti anni. Già presentata al Comunale di Bologna con le scene di Kevin Knight, questa messinscena, che veste i personaggi in costumi ottocenteschi, va a corrente alternata.
Risulta attendibile l’impostazione scenografica nel rappresentare i vari ambienti; un po’ goffa la prigione di Manrico e Azucena, come una gabbia di animali feroci; suggestiva l’apertura paesaggistica, con la luna piena nella seconda scena; piuttosto confuso l’accampamento degli zingari in ambiente semichiuso; e molto grave l’errore di togliere il fuoco acceso dalla grande scena di «Stride la vampa».
Niente fuoco in scena: un errore grave
È sfuggito, evidentemente, al regista, il fatto che il fuoco è l’anima del Trovatore. Principio di vita e di morte, sia reale che metaforico, il fuoco è elemento vitale che alimenta l’impeto delle passioni, come ci ricordano continuamente i versi del libretto. La canzone di Azucena è un dialogo col fuoco che divampa fisso davanti a lei; la fiamma è l’ossessione che ne condiziona la vita.
Azucena è una creatura del fuoco. Ma qui l’hanno tolto, creando una voragine nel fitto sistema simbolico che attraversa l’opera. Per il resto, la regia non disturba, perché fa muovere, o talvolta solo gironzolare, i personaggi sulla scena.
Di livello più alto è parsa l’esecuzione musicale guidata con molto stile ed eleganza da Pinchas Steinberg. Ne è risultato un Trovatore raffinato, come deve essere.
Protagonisti
Ottime le donne. L’americana Rachel Willis-Sørensen ha cantato molto bene per la prima volta la parte di Leonora, con sfumature, filature, e un nobilissimo canto legato e portato; molto brava anche Anna Maria Chiuri come Azucena, pure lei guidata da una concezione elevata dello stile verdiano.
Il baritono Massimo Cavalletti, nella uniforme rossa in stile garibaldino, ha tornito con grazia l’aria del Conte di Luna, sacrificato un po’ dalla regia che ne ha spento l’atteggiamento imperiosamente seduttivo; il tenore Diego Torre ha disimpegnato piuttosto onorevolmente, la parte di Manrico. Alla fine, grandi applausi per tutti.
Paolo Gallarati