Le polifonie degli Aka patrimonio dell’Umanità

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Nell’area meridionale della Repubblica Centrafricana, ai confini con il Congo, si estende la prefettura di Lobaye: proprio qui, dal 1972 al 1977, ha luogo una spedizione che sarebbe stata destinata a fare la storia.

Protagonista è il LACITO, acronimo a indicare il “Laboratorio di lingue e civiltà con tradizione orale” del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica di Parigi, per il quale presta la sua opera l’etnomusicologa Simha Arom.

Proprio da questa unità di ricerca, nasce l’antologia “Centrafrique: Anthologie de la musique des Pygmées Aka”, un lavoro fondamentale allora e per gli anni a venire. È infatti una testimonianza delle tradizioni dei pigmei Aka, che abitano la foresta equatoriale: ciò che emerge in modo lampante è come, nello scorrere della vita quotidiana, la musica sia parte integrante nella vita di ogni individuo. E lo è in quanto elemento fondante, sottolineando i grandi eventi che caratterizzano la vita della collettività tanto quanto scandendo le attività quotidiane, in perfetta armonia con la natura circostante.

Gli elementi archetipici del linguaggio musicale si giocano su polifonie avvolgenti e percussioni, e sono riproposti nella loro immediatezza tra i brani dell’antologia. Più nota tra gli esperti che tra il grande pubblico, in realtà questa raccolta è una pietra miliare nelle antologie etnomusicologiche e fa una comparsa anche sul grande schermo: il regista Wim Wenders attinge infatti da qui per la colonna sonora del suo “Fino alla fine del mondo”.

Inoltre, vanta una peculiarità: è infatti l’opera che ha ottenuto il massimo riconoscimento tra le pubblicazioni dello stesso genere, basti pensare al Grand Prix du Disque.

Dalla prima edizione del 1977, sono state rimasterizzate nuove versioni nel corso degli anni ed è stato anche realizzato un formato corredato da un esaustivo libro di accompagnamento.

Dal 2008, le polifonie vocali degli Aka fanno parte dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità, tutelati dall’Unesco.

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