Qual è l’ubi consistam dell’opera? Secondo me nel rapporto (anzi, nel conflitto) tra tre diversi sistemi: verbale, musicale e visivo. L’ordine prescelto non è gerarchico ma logico/cronologico. Nella maggioranza dei casi la creazione di un’opera segue questo schema: testo → partitura → spettacolo. Naturalmente le cose possono anche andare diversamente. Verdi compose l’Aroldo per riutilizzare le musiche dello Stiffelio che nella forma drammatica originaria avevano poche chances di circolazione. Ma si tratta di un’eccezione. La tensione espressiva che si crea nell’incontro/scontro tra elementi verbali, musicali e visivi caratterizza dunque il teatro d’opera che può configurarla (quella tensione) in tantissimi modi. Anche rinunciando al canto (elemento comunque fondamentale). Magari facendo “cantare” la voce recitata di un attore o la sua azione scenica o altri elementi della rappresentazione.
Mercoledì 7 giugno, al Teatro dell’Arte di Milano, ho visto un affascinante “opera” di live painting che faceva “cantare” le immagini di un bravissimo artista grafico: Stefano Ricci. Due altrettanto bravi musicisti – Giacomo Piermatti al contrabbasso e Vincenzo Core ai live elctronics – accompagnavano la sua performance. Una voce narrante preregistrata contrappuntava in modo distante e anempatico quello che le immagini proiettate e i suoni esprimevano in modo struggente. L’intimismo e l’intensità drammatica di questo spettacolo musicale (di questa “opera”) mi ha trasportato Più giù (questo il suo titolo), in un viaggio sotterraneo davvero emozionante.
Immagine di copertina: Stefano Ricci