In esclusiva regionale per il Friuli Venezia Giulia, sabato 30 marzo al Teatro Verdi di Pordenone si è esibita l’Orchestra Regionale della Toscana diretta da Niklas Benjamin Hoffmann, con Alexander Malofeev al pianoforte. In programma “Moriana” di Carlo Boccadoro, il Terzo Concerto di Prokofiev e la Prima Sinfonia di Beethoven.
Un programma che nella struttura è apparso in realtà un po’ debole. Il breve brano di Boccadoro è stato eseguito senza particolare convinzione da orchestra e direttore e il suo carattere ponderoso e immobile ha costituito di fatto un’apertura poco efficace. Nella drammaturgia del concerto “Moriana” faticava a trovare il suo posto ed è apparsa dunque un po’ sacrificata, non particolarmente ben accolta dal pubblico giunto per il virtuosismo del solista. Virtuosismo che non s’è fatto attendere. Giunto sul palco con passo deciso, il diciottenne moscovita si è cimentato con buon successo sul Terzo Concerto di Prokofiev. A Malofeev funzionano molto bene le mani, come hanno dimostrato i tempi rapidissimi staccati fin dal primo movimento, tenuti senza mai perdere di definizione nello splendido suono, ma funziona molto anche il controllo dinamico, cui si è dedicato con sorprendenti dettagli. Ciò che è mancato nel Concerto è stata una palette timbrica variegata e soprattutto una più libera espressività: il Prokofiev di Malofeev è nervoso e glaciale fino a diventare macchinoso. Una visione forse giustificata dalla forza motoria del Concerto (ben antecedente però al periodo sovietico del Nostro), ma che richiederebbe approcci più variegati nei numerosi passaggi in cui Prokofiev si abbandona all’espressiva cantabilità, al dinamismo più esaltante o al ghigno sarcastico.
Si potrebbe questionare che il giovane Malofeev abbia ancora da maturare, ma a 18 anni risolvere tutta l’espressione musicale nel più teso e algido nervosismo porta a chiedersi se le intense tournée del pianista russo gli lascino l’effettivo spazio per sviluppare un’interpretazione più aderente alla profonda diversità di situazioni che Prokofiev concentra nel suo Terzo Concerto – basti pensare al meraviglioso tema e variazioni che costituisce il secondo movimento. Certo, il pianista non era aiutato nella sua opera dall’Orchestra Regionale della Toscana, incerta e scollata fin dall’inizio, a volte con veri e propri problemi di solfeggio non risolti dai vani tentativi di Hoffmann, ma l’ORT stessa era palesemente in difficoltà di fronte ai tempi staccati da Malofeev, peraltro anche piuttosto instabili. I tre bis concessi al pubblico, che ha accolto il pianista con meraviglioso calore, hanno sostanzialmente confermato le impressioni del Concerto: un Precipitato dalla Settima Sonata di Prokofiev piuttosto confuso, ma una Dumka e un Pas de deux dallo Schiaccianoci di Čajkovskij – nella pirotecnica trascrizione di Pletnev – di ben più raffinata fattura. Un plauso soprattutto all’ultimo brano: l’abilità e il controllo con cui Malofeev ha affrontato la temibile trascrizione erano a dir poco vertiginosi, soprattutto considerando il suono sempre nitido e ben calibrato.
Vero trionfo del concerto, tuttavia, è stata la Prima Sinfonia di Beethoven, nonostante il ritorno alle leggerezze del Classicismo sia stato alquanto disorientante dopo le sonorità della prima parte. Qui Hoffmann si è affidato molto all’orchestra, abbandonando la bacchetta a favore di un gesto libero e dinamico, espansivo ma non vuoto. La sua Prima Sinfonia è stata energica, fresca, con grande cura dei dettagli, dai ben marcati accenti ai giochi dinamici, una Sinfonia classica nell’eleganza, ma esuberante, robusta e non di rado ironica. Notevole l’identità raggiunta tra orchestra e direttore, identità concessa anche dalla disinvoltura con cui l’Orchestra Regionale della Toscana ha affrontato la parte, decisamente più a suo agio. Una rinnovata compattezza degli archi, non solo dentro le sezioni, ma anche tra le sezioni stesse, ha infatti incontrato il suono pulito e cantabile delle ottime prime parti dei fiati, donando al trascinante gesto di Hoffmann una compagine al contempo solida e duttile. Dopo il vivace e disinvolto “Allegro molto” che conclude il capolavoro di Beethoven, il pubblico pordenonese ha tributato ampi applausi anche al giovane direttore tedesco, richiamandolo sulla scena fino all’ultimo quasi a voler chiedere un bis orchestrale: entusiasmo decisamente meritato.