Con Baïka, il suo nuovo progetto discografico, Nemanja Radulović prosegue il suo viaggio musicale in direzione Oriente
Lunghi capelli corvini, appeal dark e romantico assieme, Nemanja Radulović sembra più una creatura emersa dall’underground rock che uno dei più mirabolanti virtuosi del violino apparsi alla ribalta nell’ultimo decennio. Serbo di nascita e francese d’adozione, Nemanja Radulović prosegue con Deutsche Grammophone il suo viaggio musicale verso Oriente. Lo fa con un album intitolato Baïka, con musiche della gloria storica della musica armena Chačaturjan, del russo Rimskij-Korsakov e del suo connazionale Aleksandar Sedlar. Con Radulović la Borusan Istanbul Philharmonic Orchestra sotto la direzione di Sacha Goetzel, l’ensemble Double Sens, il clarinettista Andreas Ottensamer e la pianista Laure Favre-Kahn.
Come nasce il suo ultimo lavoro Baïka e la selezione di brani di cui è composto?
«Il termine Baïka ha nella lingua serba la doppia accezione di “racconto” e di “fiaba”. Ho scelto dei lavori differenti, ma organici al racconto di un Oriente musicale che va dall’Armenia alla Persia. Questo disco prosegue il viaggio verso l’est che ho iniziato con Journey East, disco imperniato sulla musica dell’Europa dell’est e proseguito con l’album dedicato alle melodie russe di Čajkovskij.
In quest’ultima realizzazione discografica abbiamo pagine straordinarie, che ad eccezione di Shéhérazade – qui nella nuova rilettura per orchestra d’archi di Aleksandar Sedlar – sono assai poco frequentate. Di Chačaturjan interpretiamo il bellissimo Concerto per violino, raramente eseguito e registrato, anche per il suo insidioso virtuosismo e un altro capolavoro come il Trio per clarinetto, violino e pianoforte».
Concerto col quale ha voluto l’apporto di un’orchestra e di un direttore specifico.
«Sì, con la Borusan e Sacha Goetzel abbiamo un rapporto consolidato; il repertorio è stato corroborato nel corso di numerosi appuntamenti live. Solo con loro avrei potuto ottenere l’ideale alchimia di suono, dal timbro alle dinamiche; quel particolare gusto orientale che era uno dei miei obiettivi nella registrazione di questo album».
E poi un’altra gemma dello stesso autore, il Trio.
«Un capolavoro cameristico che è intimamente connesso al Concerto; anche qui il clarinetto, suonato da Andreas Ottensamer, ha un ruolo prominente. Il Trio è completato dalla pianista Laure Favre-Kahn; in studio voglio i musicisti con i quali ho il miglior affiatamento live. Abbiamo una frequentazione concertistica consolidata».
Oltre all’arrangiamento di Shéhérazade, nel disco ci sono anche due lavori di un suo connazionale.
«Aleksandar Sedlar, compositore straordinario col quale collaboro da tempo, mi ha donato i due brani che concludono il disco: Turkey e Savcho III, trascrizione del suo Concerto per sassofono e orchestra per il nostro ensemble d’archi Double Sens. Entrambi i brani sono ricchi di melodie tradizionali».
La Serbia è la sua patria natale, quella d’adozione è da molti anni la Francia. Una scelta esistenziale oltre che artistica?
«Mi trasferì a Parigi con tutta la mia famiglia a quattordici anni, era il 1999. A Belgrado, in seguito all’embargo imposto alla Serbia alla conclusione del conflitto tra gli Stati della ex-Yugoslavia, la situazione era diventata insostenibile; iperinflazione, mancanza di elettricità e di generi di prima necessità. La guerra mi ha coinvolto profondamente; mia madre, che era medico, si dedicava agli aiuti umanitari al fronte».
La passione per la musica la deve ai suoi genitori?
«La musica è sempre stata fondamentale nella nostra famiglia e la valvola di sfogo nei momenti difficili. Mia madre suonava la fisarmonica e mio padre cantava. Le mie sorelle maggiori sono entrambe violoncelliste; con loro ho tenuto il mio primo concerto in ensemble a otto anni. A casa mia la musica era sempre presente e non solo la musica classica ma anche il rock e il rap».
Ma non è stato il suo debutto; Nemanja Radulović, lei è stato un bambino prodigio.
«Ho iniziato a sette anni alla scuola musicale della mia città natale Niš. Dopo due settimane dal momento in cui avevo imbracciato lo strumento avevo già concluso il programma del primo triennio, con grande stupore dei miei insegnanti. Dopo sei mesi ho fatto il mio debutto live nella nuova scuola di Belgrado dove mi ero nel frattempo trasferito; solista in un Concerto di Vivaldi».
Il concerto è la sua dimensione ideale?
«Sì; fu proprio in occasione del mio debutto che realizzai immediatamente di essere innamorato del suonare dal vivo».
E dal vivo la potremo ascoltare questo mese a Milano per la Società dei Concerti.
«Sono felice di ritrovare il pubblico italiano al Conservatorio il 21 novembre, con Bach e Vivaldi».
Giuseppe Scuri
BERLIOZ150
Nel 2019 saranno ricordati i centocinquant’anni dalla scomparsa di Hector Berlioz. In vista di questa ricorrenza, Harmonia Mundi ha programmato, in gennaio la pubblicazione di un cd che accosta due lavori del compositore: una molto nota, Harold en Italie op. 16, e una seconda che per molti è tutta da scoprire, Les Nuits d’été op. 7.
La registrazione vede François-Xavier Roth sul podio della formazione di strumenti storici da lui stesso fondata nel 2003 (Les Siècles), ed è stata realizzata nell’agosto di questanno, ad Alfortville, nella Maison de l’Orchestre national d’Île-de-France. Solisti il violista Tabea Zimmermann e il baritono Stéphane Degout.
Le sei Melodie per voce e orchestra che costituiscono Les Nuits d’été (ma la prima versione è per voce e pianoforte) sono le uniche concepite da Berlioz come un ciclo coerente. Sono pagine di delicata e misteriosa bellezza che rivelando un autore lontano dall’immagine iper-romantica ed eccessiva che normalmente gli viene riconosciuta.
Nello stesso mese, Harmonia Mundi pubblicherà anche un secondo disco dedicato a Berlioz: la trascrizione per pianoforte a quattro mani della Sinfonia Fantastica, eseguita su un Erard vis-à-vis da Jean-François Heisser e Marie-Josèphe Jude.