Pubblichiamo di seguito un contributo che proviene dalla redazione di Tell me Chigiana, workshop di critica musicale attivato all’Accademia Chigiana di Siena e coordinato da Massimiliano Coviello e Stefano Jacoviello, che grazie al lavoro di giovani in residenza intende raccontare il Chigiana International Festival and Summer Academy 2018.
A Siena, nelle domeniche d’agosto, non è facile trovare sollievo dalla vampa estiva che arroventa strade e piazze, amplificata dalla pietra e dalla tortuosità delle vie: le mura di Palazzo Chigi-Saracini, con il loro duecentesco spessore, offrono riparo tanto al turista quanto al musicofilo, accomunati in questa stagione dalla ricerca di meraviglie più o meno nascoste non meno che dal desiderio di trovare refrigerio. Entrambi sono disposti a risalire le inerpicate coste senesi andando a caccia di tesori, e Palazzo Chigi-Saracini, sede dell’Accademia Chigiana, li accontenta tutti e due, offrendo all’uno la collezione del conte Guido, all’altro la stagione musicale estiva e a ciascuno un po’ d’ombra e di frescura.
La sala dei concerti al primo piano, omaggio del conte allo stile Pompadour e scrigno di gioie musicali, comincia a popolarsi già verso le sei del pomeriggio dello scorso 5 agosto, in attesa che alle sei e mezza cominci la serata dedicata alla vita e al lavoro di Oscar Ghiglia, gigante della chitarra e vecchione chigiano, in occasione del suo ottantesimo compleanno. Sul palco, in mezzo alla platea, a fondo sala e un po’ in ogni angolo spiccano cavalletti, microfoni e telecamere: è la troupe di Salvo Cuccia, regista palermitano che proprio in questi giorni sta girando un film documentario su Ghiglia per Demetra Produzioni, La lezione di Oscar, in collaborazione col Conservatorio di Palermo e l’Accademia Chigiana. Davanti a un pubblico eterogeneo – in sala ci sono allievi del passato e del presente, colleghi chitarristi e amici, mescolati in mezzo alla gente – Stefano Jacoviello conduce un appuntamento a metà fra la conferenza-concerto, il varietà e una festa privata: tutti, infatti, che conoscano personalmente il maestro o meno, si sentono partecipi di una vera e propria festa di compleanno, un’assemblea che non ha nulla della celebrazione o della cerimonia. Oscar Ghiglia sale sul palco accolto da un applauso più che caloroso e ripercorre in poche parole la sua storia d’amore con l’Accademia Chigiana, iniziata più di sessant’anni fa col suo grande maestro – Andrés Segovia, maestro dei maestri e padre nobile del chitarrismo moderno – e non ancora terminata: “Queste mura qui sono per me il Paradiso in terra”, dichiara con la semplicità delle menti lucide e sincere.
Sfila sul palco il nutrito gruppo di ex allievi e amici convenuti per l’occasione: Massimo Felici, Senio Diaz, Marco Cappelli, Nando Di Modugno, Maurizio Grandinetti suonano per il loro maestro e raccontano ognuno il proprio Oscar Ghiglia. Parlano di una guida salda, stabilita (e non infeudata) a Siena da tanto tempo e con tanta passione da aver reso la città uno dei centri principali nell’itinerario di ogni chitarrista; riferiscono della Aspen School of Music, negli Stati Uniti, di Basilea, dove sono attivi tanti suoi allievi tanto che Grandinetti si azzarda a definirla città ghigliana. Ciò che rende tanto grande l’insegnamento di Ghiglia è il suo approccio pratico, mirato alla risoluzione dei problemi in senso artigianale più che alla teorizzazione astratta. Secondo Felici «Oscar ha avuto sempre un approccio empirico, non scientifico», tanto che la summa del suo magistero non si potrebbe riassumere in nessun libro, ma solo raccogliendo uno per uno tutti i semi piantati dal maestro negli anni, lezione dopo lezione. Per ultima, sale sul palco Elena Papandreou, chitarrista, ex allieva e moglie di Ghiglia, a sua volta virtuosa di fama.
A un altro celebre allievo viene affidata la seconda parte della serata, in forma di concerto all’interno del Chigiana International Summer Festival: Eliot Fisk, allievo diretto di Segovia e dello stesso Ghiglia ad Aspen, interprete riconosciuto a livello internazionale per il carisma e per le scelte, spesso ardite, in fatto di repertorio, che si esibisce in un caleidoscopico récital.
Il primo brano in programma prevede due chitarre. Ecco dunque salire sul palco lo stesso Ghiglia, per suonare insieme all’allievo il secondo movimento (Tema con variazioni. Andante ma moderato) dal Sestetto n. 1 in si bemolle maggiore per archi, op. 18 di Brahms nella trascrizione di Williams: maestro e allievo animano un Brahms energico, senza indugiare nella ricerca di una sonorità che possa scimmiottare quella degli archi. Ghiglia dimostra nerbo, tempra e concentrazione non tanto giovanili quanto indicativi dell’eccezionale fibra del musicista, e Fisk impasta con discrezione la parte della seconda chitarra senza rinunciare alla propria individualità; inutile dire che il folto pubblico saluta con eccezionale entusiasmo il maestro al termine di questo cameo iniziale.
Fisk, rimasto solo sul palco, prosegue la serata con sei delle Sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti in una trascrizione autografa: l’esito, tecnicamente ineccepibile, è sorprendente soprattutto dal punto di vista interpretativo. Fisk è allievo di Ralph Kirkpatrick, il cembalista e musicologo autore di una biografia e di un’insuperata edizione critica dell’opera completa di Scarlatti, e affronta la scrittura cembalistica dell’originale con eccezionale cura del dettaglio, cogliendo con esattezza dove la morbidezza della chitarra può aggiungere qualcosa alla matematica precisione della tastiera, ma con la medesima cura e precisione del migliore dei cembalisti.
Il concerto prosegue nel turbine delle note di Paganini, con quattro dai 24 Capricci per violino, op. 1, e di Bach, con la Sonata n. 3 in do maggiore per violino solo, BWV 1005, sempre trascritti dall’esecutore stesso. Arrivati all’ultimo brano in programma, Homenaje pour le tombeau de Debussy di Manuel de Falla, Fisk sente la necessità di raccontare il suo primo incontro con Ghiglia, ben prima di diventarne allievo: «A Philadelphia, la mia città, Oscar tenne un concerto con musiche di Falla: era il 15 marzo 1968, ero un ragazzo di quattordici anni soltanto. Quel concerto fu per me una vera e propria epifania«.
Così si chiude la serata del 5 agosto, dedicata ai festeggiamenti per l’ottantesimo compleanno di un uomo, di un musicista, di un docente che tanto ha fatto e che tanto continua a fare per amore della musica, e il cui nome resta felicemente intrecciato con quello dell’Accademia Chigiana di Siena. Una comunità di musicisti stretta intorno alla sua guida ha tributato a Oscar Ghiglia un omaggio – anzi, un regalo, perché fatto col cuore e senza prosopopea – a dimostrazione di quanto i grandi maestri siano in grado di lasciare una traccia, che può prendere la fisionomia di un’eredità spirituale, in chiunque li abbia incontrati.
Il reportage è a cura di Tito Gray de Cristoforis, le foto sono di Roberto Testi.