Nella musica di Alexander Schubert (1979) tutto si ibrida: linguaggi musicali e realtà extramusicali, strumenti ed elettronica, performance strumentale e teatro, scritture contemporanee, free jazz e techno music. Il compositore tedesco, che ha studiato bioinformatica prima di dedicarsi alla composizione, ha teatralizzato il gesto musicale, ha elettrificato il corpo dell’interprete, ha introdotto nell’armamentario dei suoi pezzi sensori, video, coreografie, strumenti multimediali, che sembrano talvolta venire dal mondo dei nightclub, come luci intermittenti, stroboscopiche, fumi, video.
L’esecuzione diventa spettacolo totale, immerso nel buio completo. Tutta l’attenzione è concentrata sui corpi in scena, interpretati come prodotti dell’era digitale. La partitura, che riporta i movimenti in maniera dettagliata, suggerisce anche un nuovo tipo di virtuosismo strumentale, lontanissimo da quello dell’avanguardia, semmai figlio del teatro della crudeltà di Artaud, per lo shock sensoriale che provoca. Anche una figura “classica” come il direttore d’orchestra può diventare un corpo elettrificato, ad esempio in Point Ones (2012): il suo ruolo qui viene stravolto, il suo corpo rivestito di sensori, i suoi gesti non servono solo a guidare l’ensemble ma anche a produrre suono, formando una specie di dinoccolata coreografia, che lo fa apparire come un automa fuori controllo, e che alla fine si trasforma in un vero e proprio assolo.
In Sensate Focus (2014), per quattro strumenti (chitarra elettrica, clarinetto basso, percussioni, violino), live-electronics e luci, Schubert crea una vera struttura contrappuntistica tra luci intermittenti e una musica quasi metal, fatta di frenetiche sequenze di gesti strumentali e pattern ritmici frammentati. In Codec Error (2017) i tre interpreti diventano delle presenze robotiche, con luci stroboscopiche sincronizzate col ritmo musicale che li fanno apparire attraverso brevi “fotogrammi”, mostrando il corpo umano come una manipolazione digitale, dando apparenza meccanica al gesto strumentale, e al concerto il ritmo di un videoclip.
Ora Alexander Schubert esplora una nuova frontiera, quella della composizione condivisa. In Wiki-Piano.Net (2018) non solo si confronta col tema dell’opera aperta, ma recupera anche l’idea cageana di alea e di «unknown outcome» (come in Imaginary Landscape n.4, dove dodici radio erano usate come strumenti da concerto). Qui si tratta di un pezzo scritto, di un pezzo pianistico che ha una partitura determinata. Solo che è scritto a più mani, da una comunità “online”, interattiva, ampia, non prevedibile. La partitura del pezzo coincide con la pagina web di wiki-piano.net, una pagina che può essere modificata e arricchita da ogni visitatore del sito. Nel momento del concerto, il pianista legge e suona, dall’alto verso il basso, tutto quello che è stato caricato su questa pagina fino a quel momento: ogni esecuzione sarà quindi diversa dall’altra. La prima è stata il 26 aprile, al Podium Festival di Esslingen, con il pianista australiano Zubin Kanga; la prossima sarà il 2 giugno al Klang Festival di Copenhagen.