La città: successo al Piccolo Teatro per la city simphony di Fiorenzo Carpi

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Negli ultimi anni a Fiorenzo Carpi sono stati tributati i più svariati omaggi, ma tutti incentrati quasi esclusivamente sulla sua produzione per il cinema (tra i più, segnaliamo il recentissimo Pinocchio e altri racconti, rivisitazione in forma di trio jazz da parte di Antonio Zambrini per Abeat Records).

Nell’anno del centenario della nascita non poteva mancare anche l’omaggio del Piccolo Teatro di cui il compositore milanese è stata la colonna sonora per tanti anni e altrettante rappresentazioni. La spinta nasce dalla collaborazione con Emilio Sala e il suo gruppo di studenti del laboratorio DaTaP che hanno riallestito una partitura di Carpi dimenticata negli archivi del teatro per una sessantina d’anni. La città fu composta nel 1953 per accompagnare una pantomima di Jacques Lecoq, un saggio di chiusura del corso che il celebre mimo tenne in quell’anno a Milano.

prove di scena

Prendendo spunto dalle didascalie che lo stesso Carpi appose alla partitura, gli studenti hanno costruito ex novo un film utilizzando spezzoni di altri film, tutti accomunati dall’ambientazione urbana: il risultato è un’affascinante quanto nostalgica city simphony di una Milano immaginaria tra le cui strade si aggirano dall’alba alla notte i più svariati personaggi, emblemi di una città organismo vivente.  In questo contesto la musica di Carpi appare piuttosto differente rispetto a quella cui ci ha abituati nelle sue musiche cinematografiche e teatrali.

L’esecuzione, affidata al New MADE Ensemble, è forse la parte più problematica dell’operazione: la direzione di Alessandro Calcagnile appare sovente in ritardo sul video, costringendo l’ensemble a repentini aggiustamenti di sincrono e conseguenti inseguimenti alle immagini. Tuttavia queste discrepanze non hanno guastato l’esecuzione musicale in sé. Non sarà la miglior partitura mai composta da Carpi – diciamo che non siamo al livello del Pinocchio di Comencini, ad esempio – ma non merita neppure di ritornare in un cassetto per i prossimi sessant’anni: c’è un fondale jazzistico a ricalcare le atmosfere da film noir anni Cinquanta, ci sono gli stili di ballo più in voga dell’epoca (ragtime, foxtrot), anche l’organico è pressoché quello di una jazz band (clarinetto, saxofono, trombone, vibrafono, pianoforte e percussioni); soprattutto c’è una musica che – complicazioni esecutive a parte – si sa adattare alla perfezione alle sequenze che illustra. Certo, trattandosi di immagini scelte con il dichiarato scopo di accompagnare una partitura l’affermazione pare pleonastica; ancora di più se si pensa che Carpi fu principalmente un compositore per musiche di scena (e, ricordiamo, figlio e fratello di pittori ed egli stesso pittore per diletto), per cui comporre per immagini era il suo pane quotidiano; tuttavia è proprio questo il focus interessante di tutta l’operazione.

Al contrario di quanto accade di solito, sono le immagini a dover accompagnare la musica e in questo senso il lavoro fatto da Edoardo Zorzi e dai ragazzi del laboratorio DaTap, sotto l’egida di Emilio Sala, è un lavoro di risemantizzazione che capovolge spesso il senso originale delle sequenze utilizzate, di cui alcune notissime. Non solo. Lungi dall’essere un semplice omaggio, l’operazione è davvero interessante proprio perché porta a riflettere sul connubio tra musica e immagine, ma capovolgendo i termini della questione: per una volta non ci si chiede quanto la musica condizioni la nostra visione, ma come il video influenzi quello che sentiamo. Gli operai della Metropolis di Fritz Lang, gli impiegati di Woody Allen e Jerry Lewis, diventano anonimi cittadini in una qualunque giornata lavorativa; similmente lo Charlot di City Lights non è più un buffo barbone spiantato ma un gentiluomo milanese, il detective Marlowe con impermeabile d’ordinanza è un tranquillo cliente di night-club, la Cabiria felliniana una ragazza come tante che ama ballare.

Questi personaggi diventano simboli di una Milano immaginaria degli anni Cinquanta, cittadini di una metropoli frenetica brulicante di vita dalle prime ore del mattino fino a notte inoltrata. La musica di Fiorenzo Carpi fornisce la scusa e il collante ideale per costruire una storia unitaria e, per chi conosce i film da cui sono tratte, sovente estraniante per il nuovo significato attribuito alle varie sequenze. E, proprio per questo motivo, chi potrebbe godere davvero di un film fatto solo di citazioni non è tanto il cinefilo incallito che si perderebbe a riconoscerle tutte (anche se certamente ciò appagherebbe il proprio ego), ma piuttosto qualcuno totalmente ignorante, o quasi, di storia del cinema.

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